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Il lavoro volontario negli ospedali dell’emergenza

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Un nuovo capitolo della nostra inchiesta nell'industria della sanità italiana: Sofia Sagarriga Visconti ha intervistato alcune studentesse di medicina a Bologna impegnate negli ospedali come volontarie

Nella riorganizzazione della sanità bolognese di fronte all’ormai nota pandemia mondiale vi è, come nel resto del territorio, il coinvolgimento di tutte figure professionali presenti negli ospedali. La particolarità della nostra realtà è quella di richiamare tra le file anche gli studenti di medicina che, come volontari, vengono inseriti in una macchina oberata di lavoro in cui da fare ce n’è per tutti. Questo articolo (con interviste fatte a inizio aprile) è parte del tentativo di fare un’inchiesta che coinvolga più attori in assoluto, dando uno spaccato dell’enorme complessità e delle molteplici contraddizioni che si intersecano in questo contesto, raccoglierne la voce e le opinioni aggiunge un tassello a puzzle. Martina, Giulia e Carolina hanno infatti il privilegio di essere interne alla sanità ma di non farne organicamente parte, di avere conoscenze tecniche che permettono loro di criticarla e di metterne in luce i meriti, e la distanza e la prospettiva di riconoscere quello che è la sanità italiana e di provare a dire come dovrebbe essere e vorrebbero che fosse.

Come mai hai scelto di aderire a questo progetto?

Studiamo tutte medicina e siamo verso la fine del nostro percorso. Vista la situazione di vera emergenza a livello anche di organico ospedaliero abbiamo pensato che le nostre competenze potessero essere utili, che fosse lecito e necessario dare una mano.
Dietro una risata, qualcuna confessa che dopo una settimana dentro casa avere un motivo per uscire di casa non è male!

Quanto stai lavorando con l'emergenza del Coronavirus?

Nel momento della domanda per il volontariato ti viene chiesto quanto puoi dedicarti al progetto. Non avendo molto da fare abbiamo dato la piena disponibilità: i turni che ci sono stati assegnati sono di circa cinque ore al giorno, anche se spesso accade che le ore diventino sei, sette o anche otto. Dal 23 marzo a data da destinarsi!

Che tipo di compiti svolgi, in quale reparto e in quale ospedale? 

A ciascuno dei volontari viene assegnato un compito specifico in un reparto. C’è chi è finito in Malattie Infettive con il compito di contattare telefonicamente coloro a cui va comunicato l’esito del tampone, ma c’è anche chi fa catalogazione dei dati di richieste ed esiti dei tamponi nel reparto di Microbiologia, follow up e raccolta dati sui farmaci che vengono somministrati per il Dipartimento di Farmacologia. In Farmacia vengono fatti i kit da consegnare ai pazienti che assumono terapia a domicilio. Sappiamo che alcuni volontari sono stati assegnati in Pronto Soccorso e lavorano molto, altri invece dopo aver frequentato per un po’ altri ospedali (ndr: tutte le intervistate sono state assegnate all’ospedale Sant’Orsola di Bologna) si sono ritirati perché stavano a scaldare la sedia senza far niente. Insomma, quello che si fa e il funzionamento del progetto è molto variabile.

La tua figura come si inserisce all’interno del funzionamento del reparto? Che ruolo ti sembra di ricoprire?

Schiavi, facciamo gli schiavi: andiamo a lavorare anche a Pasqua. Schiavi di alto livello, schiavi borghesi. A parte gli scherzi (che poi tanto scherzi non sono), l’opinione generale è che i vari compiti assegnati non rientrino nell’attività ordinaria degli ospedali, e quindi in una situazione di normalità non richiedono la presenza di figure ad hoc: ad esempio il volume di tamponi analizzati di solito non è così grande, così come non vi è la necessità di fare tutte queste chiamate. Il funzionamento dell’ospedale è stato completamente stravolto da questa situazione, e così è anche per le necessità che vi sono all’interno.
I compiti che svolgiamo sono principalmente “d’ufficio”, alcune cose sarebbero parte del lavoro burocratico del medico che però è più impegnato fisicamente nelle corsie degli ospedali, altre probabilmente potrebbero rientrare nell’ambito infermieristico. Alcuni portano anche avanti studi e database di specializzandi che sono stati chiamati o trasferiti provvisoriamente in ospedali in cui c’era bisogno. È una situazione straordinaria, con necessità straordinarie e noi siamo figure straordinarie.

Sono stati adottati protocolli particolari/straordinari?

In tutto l’ospedale vengono applicati specifici protocolli CoVid, a partire dal Pronto Soccorso con la costituzione di percorsi specifici, fino a tutti i reparti coinvolti in questo stravolgimento. Sono stati immediatamente date specifiche indicazioni di sicurezza: il primo protocollo specifico emanato dalla direzione risale all’incirca a fine febbraio.

Come pensi stia funzionando il reparto con cui ti interfacci durante questa emergenza? Gli altri reparti come stanno lavorando? Che impatto ha avuto la crisi sul loro funzionamento? Come pensi che muterà l'organizzazione dell'ospedale in seguito a questa crisi?

L’ospedale sta reagendo bene. Per le strade e nelle teste della gente quello che si percepisce è ansia e caos: contro ogni aspettativa l’ospedale dà un senso di tranquillità molto rassicurante. Chiaramente l’ospedale è in crisi e i reparti sono stati completamente riorganizzati. Lo stravolgimento, oltre che dal punto di vista dei letti, è in atto anche per quanto riguarda il personale. Vi sono alcuni reparti che sono stati completamente aboliti a favore di reparti specifici CoVid, ma anche nei reparti rimasti intatti vi è la necessità di riorganizzazione dei letti non-CoVid per rispettare tutti i protocolli, le distanze. Il personale è anche rivoluzionato: una parte è stata trasferita a zone in cui vi è bisogno, e tra quelli rimasti è stata necessaria una riorganizzazione tra quelli dedicati CoVid e quelli che permettono il funzionamento delle altre attività. Il modo in cui l’ospedale è abituato a funzionare è completamente cambiato: c’è chi pensa che non tornerà mai come prima, c’è chi pensa che prima o poi la normalità tornerà. 

Ti è già capitato di vedere il reparto di terapia intensiva così saturo? Quali sono i reparti più impegnati in questa emergenza?

Noi partiamo di base da reparti notoriamente pieni: a tutti sarà capitato entrando in un reparto di medicina interna di vedere pazienti stazionati in corridoio in attesa del letto, per un tempo non proprio prevedibile. La sensazione generale è che più che la Terapia Intensiva, in cui l’emergenza si sente ma l’alta intensità è la norma, l’impegno sia straordinario in tutti gli altri reparti.
Il Pronto Soccorso è un reparto notoriamente sovraccarico di lavoro e in cui le attese sono sempre lunghe: nell’immediato una delle eccezionalità è che sembra che da un giorno all’altro la gente abbia capito che non ci si deve recare in PS per qualsiasi cosa, il volume di pazienti in codice bianco è diminuito. Parallelamente tutto il suo funzionamento è stato stravolto, con protocolli completamente diversi e la separazione preventiva di CoVid-NonCoVid nella tenda montata all’esterno. Altri reparti in cui l’attività è straordinaria sono chiaramente quelli di Malattie Infettive, con un carico di lavoro fuori dalla norma, così come la Pneumologia, la Microbiologia. L’intero padiglione di Pediatria ha sconvolto la sua logistica, sia nel suo Pronto Soccorso nel reparto di pediatria d’urgenza. Non dimentichiamoci che, come conseguenza al virus, vanno tutelati anche i pazienti a rischio come ad esempio i ricoverati in Oncologia o Ematologia, in cui la logistica cambia per proteggerli. Insomma, tutto l’ospedale è coinvolto sia come logistica dei reparti che come distribuzione di forza lavoro.

Secondo te c’è un’eccessiva ospedalizzazione dei pazienti CoVid?

L’opinione è unanime: no, assolutamente no. Anzi – aggiunge qualcuna – in alcuni casi penso anche che facciano meno tamponi del dovuto.

Quali pensi siano le maggiori carenza della sanità pubblica di fronte a questa emergenza? Pensi che il Governo stia tutelando davvero la sicurezza intesa come sanità e salute pubblica?

Tutte mi sono sembrate d’accordo nel dire che si può sempre fare meglio, ma che con le carte che aveva in mano in Governo se la sia giocata bene. Non mancano però le criticità: qua funziona, ma non si possa dire che altrove le cose siano allo stesso modo. Il divario Nord-Sud sembra emergere in modo evidente: “la Questione Meridionale è una faccenda mai risolta”. La disparità di fondi è evidente, si manifesta nella più accentuata carenza di personale, nell’inadeguatezza delle strutture, in questa situazione, anche nella carenza di dispositivi di sicurezza presenti negli ospedali. Si tramuta in una minore tutela del personale sanitario e, paradossalmente, anche nella impossibilità di mettere in atto progetti di volontariato come questi: a Napoli non hanno mascherine da dare ai medici, figurarsi ai volontari.

Pensi che ci sia una tutela dei lavoratori ospedalieri per quanto riguarda dispositivi di sicurezza ed esecuzione di tamponi?

I dispositivi ci sono e vengono usati. Tutti i volontari vengono dotati dei Dispositivi necessari. C’è chi dice però, “senza nulla togliere”, che è uno schifo che un volontario abbia a disposizione una mascherina al giorno e medici e primari di reparti ad alto rischio si trovino a doverle centellinare, riutilizzarle giorno dopo giorno. I dispositivi ci sono, la distribuzione però non è proporzionale alle esigenze dei singoli reparti, concludono.

Ci sono invece opinioni diverse riguardo all’esecuzione di tamponi: da una parte c’è chi sostiene che circa un terzo dei tamponi che arrivano in microbiologia, tra quelli analizzati e quelli da analizzare, siano del personale ospedaliero, a dimostrazione che questo viene controllato e tutelato. C’è chi però pensa che si stia chiudendo un occhio su alcuni operatori sanitari ritenuti essenziali, o su figure non coinvolte a stretto contatto con il pubblico come personale di laboratorio. 

Tu hai un equipaggiamento adeguato? Ti senti espost* a rischio? Secondo te è giusto oppure no? Rispetto al rischio che cosa vorresti che si facesse? In caso tu sia venut* a contatto con soggetti a rischio, hai potuto fare il tampone? Se no perché? 

Sì, tutte hanno un equipaggiamento adeguato, anche perché sì, sono esposte ad un minimo di rischio: è risultato che una loro collega sia venuta a contatto con una possibile fonte di contagio ed è stata contattata immediatamente, con quarantena fino al risultato del tampone.

A Crotone, 300 tra medici ed infermieri dell'ASL, si sono messi in malattia. Cosa ne pensi?

La Calabria, così come la Campania, sono sicuramente meno tutelate rispetto all’Emilia, rendendo probabilmente il gesto più comprensibile. Le opinioni sono molto diverse e discordanti: c’è chi sostiene che abbiano fatto bene, dall’altra parte vi è un’accusa di irresponsabilità. 

Cosa pensi invece del rifiuto da parte dei quattro medici specializzandi campani della proposta di contratto che gli è stata avanzata? E della lettera presentata dai medici in formazione FederSpecializzandi Asspebo?

Per quanto possa essere considerato spregevole attaccarsi ai soldi in questa situazione, richiedere un giusto compenso per la propria professionalità è lecito. E quei contratti non proponevano un compenso onesto per il lavoro che gli era richiesto. “Non è etico. Non segui la vocazione” “Mavaffanculo”.

Infine, cosa pensi delle 5.000 borse di specializzazione promesse e mai inserite nei decreti per l’emergenza? E dell’eliminazione dell’esame di abilitazione alla professione di Medico Chirurgo annunciata come misura che porta al SSN 10.000 nuovi medici per questa emergenza?

Non mantenere la promessa delle 5.000 borse di specializzazione in più per il concorso è una “vergogna infame”, se ne renderanno conto. A maggior ragione in questa situazione alle intervistate è stato spesso ribadito come in carenza di medici e specializzandi il ruolo dei volontari diventa di estrema importanza come “tappa buchi” dei compiti più burocratici e d’ufficio. Si renderanno conto che manca personale.

L’esame di stato di base era superfluo: non ha mai avuto un significato nel percorso formativo di un medico, è solo un database di domande da impararsi a memoria, un gradino in più verso il mondo lavorativo. In definitiva quindi la sua abolizione è giusta. L’inciampo però c’è: l’abolizione è avvenuta dopo l’apertura delle iscrizioni per la sessione di luglio. Per accedere all’esame va pagata una quota di circa 450€: dove sono quei soldi? Che fine hanno fatto? Quei soldi devono essere ridati indietro.
D’altro canto, sia chiaro, un medico appena dopo la laurea (abilitato o no), non ha le competenze per poter essere “buttato in trincea”, quello di cui abbiamo bisogno non è di medici neolaureati, ma di figure specializzate e competenti: fino a quando non si adegueranno le borse di specializzazione alla richiesta di medici specializzati, crescente negli ospedali italiani, non si potrà dire di essere usciti da uno stato di emergenza.