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Tenetevi pure i ringraziamenti

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Prosegue la nostra inchiesta nell'industria della sanità italiana con un'intervista di Achille Marotta a una infermiera in Lombardia

Che tipo di professione esercita, dove e in che tipo di struttura?

Sono un’infermiera. Lavoro a Milano da vent’anni, ma i primi vent’anni di servizio ho lavorato in Liguria. 

Come mai ha scelto di lavorare nella sanità pubblica?

In realtà, non è stata una mia scelta lavorare nel pubblico. Mi sono iscritta alla scuola perché mi è sempre piaciuto questo tipo di mestiere. Una volta diplomata mi hanno subito assunto per necessità e allora ho cominciato a lavorare.

Come funziona normalmente il suo lavoro? 

Il mio lavoro è strutturato a turni, poiché io sono turnista ormai da quasi quarant’anni, quindi il mio tempo di lavoro si suddivide fra pomeriggio, mattina e notte. La mia funzione operativa è suddivisa in due settori e siccome il personale è poco, come è sempre stato, non lavoriamo per moduli, perché sarebbe assolutamente impossibile.

Con chi collabora normalmente per il suo lavoro?

Di solito collaboro col mio collega di turno, che ciclicamente cambia. Talvolta c’è un altro collega che fa il diurno e ovviamente con gli operatori sociosanitari. 

Quali macchinari usa normalmente?

Come materiali e macchinari usiamo le pompe siringa e le pompe fusionali, devo dire che le uso non da sempre perché lavorando da quarant’anni, i primi anni della mia vita non usavamo questi macchinari, perlomeno dove lavoravo io. 

Quanto sta lavorando in questi tempi da Coronavirus? Il suo orario ha subito modifiche?

Come regione Lombardia ovviamente stiamo già lavorando a ritmi altissimi da inizio marzo. Hanno cominciato in tutti i reparti a togliere personale, il più personale possibile, fino ad arrivare adesso che ci hanno accorpato in un reparto solo, quindi noi siamo nefrologia, trapianti e urologia. Insomma ci hanno accorpato ulteriormente e hanno mandato tutti i nostri colleghi in reparti specifici per il Covid, naturalmente. Quindi noi rimasti nel mio reparto, che eravamo praticamente in 12-13, siamo rimaste in tre. In nefrologia più o meno uguale. Hanno spostato i nostri colleghi e hanno fatto arrivare colleghi da altri reparti, che dobbiamo inserire poiché vengono da altre realtà operative, quindi nei fatti non possiedono la preparazione tecnica adeguata. Dunque la situazione, che era già complessa, è ancora più difficile. Ora hanno rifatto i turni e devo dire che noi già facevamo doppie notti, a prescindere dal coronavirus. Il carico di lavoro è sempre stato notevole fra chi era in ferie e chi in malattia. Con il coronavirus adesso, essendo che hanno mandato da noi gente con limitazioni, per lo più diurnisti, noi turniste che siamo rimaste solo in 4 a coprire tutti i turni ci troviamo a fare dalle 8 alle 12 notti al mese.

Se sì, specifichi quanto lavora in più e se sono ore retribuite.

Per quanto riguarda la retribuzione, è rimasta invariata. I 100 euro in più, che hanno detto ci arriveranno ad aprile – che comunque se li possono anche tenere – sono un discorso a parte. Queste notti che ci pagano in più, se ce le pagheranno come straordinario o come recupero ore, lo sapremo quando avremo la busta paga di aprile, perché riguardo marzo non ci son stati questi soldi.

Cos’è cambiato nel suo ospedale/reparto/ambulatorio dopo l’arrivo di questa emergenza sanitaria? 

A questa domando ho già risposto. Purtroppo questo è dovuto, come saprete già tutti, ai tagli che hanno fatto alla sanità. Adesso chiudendo i reparti senza assumere personale, almeno finora noi non abbiamo visto personale nuovo, fanno girare sempre gli stessi. Ovviamente lo stress è a mille. Ora assumono nuovo personale per aprire l’ospedale lì alla fiera, però non hanno pensato che forse anche da noi dovevano mandare qualche unità infermiera nuova, dato che siamo ormai al collasso. 

Che tipo di indicazioni, protocolli ha ricevuto dalla direzione sanitaria? Le sono stati illustrati in maniera chiara? Sono stati d'aiuto nello svolgimento del lavoro quotidiano?

Allora le indicazioni date dalla direzione sanitaria sono arrivate, ma le illustrazioni servono a ben poco, perché quando tu devi andare in un reparto e usare dei macchinari che nel tuo reparto solitamente non usi o non hai mai usato, ovviamente hai difficoltà. Finisci presto in una situazione di caos totale. Colleghi nuovi, reparti nuovi. Quindi oltre a dover gestire pazienti diversi, pazienti con situazioni complesse, non conosci nulla del reparto e hai molte difficoltà a recuperare il materiale. Mancano i carrelli, mancano gli apparecchi per la pressione, insomma chi prima arriva meglio alloggia, come si dice. Ovviamente si lavora anche con poco materiale, perché i malati sono tanti, ma è difficile dare assistenza. Quindi le indicazioni, sì, ci sono, ma quando vai in prima linea è un po’ diverso. 

Ha un equipaggiamento adeguato (DPI)?

Là in zona rossa, dove sono i miei colleghi, devo dire che queste tute ce le hanno per il momento. C’è stata una mancanza, che in realtà’ non è una mancanza, ma diciamo è una cosa grave, per cui un weekend non avevano le mascherine adeguate. Contando anche che loro si staccano solo per una o due pause e comunque il materiale è quello che è. In reparto noi usiamo solo le mascherine chirurgiche, come da indicazione. Le mie colleghe raccontano che hanno vissuto questo weekend con delle mascherine non molto adeguate, infatti molti colleghi si sono positivizzati e c’è chi addirittura è stato ricoverato e intubato.

Se lavora nel pubblico: Quali pensa siano le maggiori carenze della sanità pubblica? 

Le carenze della sanità pubblica si sanno da sempre. Purtroppo, se dovessi dire come ho lavorato quarant’anni fa, che veramente non c'era materiale e facevamo fatica ad arrivare a fine turno nel reperire i guanti piuttosto che le lenzuola, devo dire che adesso il materiale c’è, il monouso c’è. Quindi da questo punto di vista c’è il materiale. Manca, come carenza più grave, il personale. Perché il personale è sempre mancato e soprattutto ora non si rendono conto che senza un personale adeguato si lavora male e non si da l’assistenza che noi vorremmo dare. Noi nel nostro reparto, l'unità operativa dove siamo, siamo un gruppo molto affiatato, cerchiamo di dare il massimo ovviamente anche quando siamo stanchi per i doppi turni e le doppie notti, però noi teniamo ovviamente ai nostri pazienti e quindi facciamo il massimo. Ma non dovrebbe essere così, non avrebbero dovuto tagliare la sanità, né fare i tagli di cui parlano adesso. Per di più noi siamo sempre stati in carenza di personale, a prescindere dal coronavirus. A me sinceramente tutto questo clamore, tutto questo ringraziarmi mi fa anche un po’ rabbia, perché noi abbiamo sempre rischiato, andando nei reparti a contatto con ogni tipo di paziente infetto. Noi ci siamo sempre stati, non è che ci siamo solo adesso per il coronavirus. Lo facciamo perché questo lavoro, almeno per quanto mi riguarda, lo faccio con amore, l’ho sempre fatto e anche oggi lo faccio. Ma noi ci siamo sempre stati, non è perché c’è il coronavirus adesso si accorgono che noi esistiamo. Noi siamo sempre esistiti, con le difficoltà di cui parliamo sempre, che siamo pochi, che facciamo doppi turni, ma alla gente poco importa. Solo adesso si sono resi tutti conto che siamo indispensabili e che siamo così bravi. Però forse dovevano capire prima che se c’e il personale adeguato l’assistenza è sempre migliore. 

Pensa che il governo stia tutelando davvero la sicurezza intesa come sanità e salute pubblica?

Non penso che il governo che stia tutelando adeguatamente il personale sanitario, perché comunque anche il fatto che non fanno i tamponi a tappeto, soprattutto al personale, è veramente una cosa che ha dell’incredibile. Noi adesso, ma da due giorni, all’inizio del nostro turno dobbiamo rilevare la temperatura corporea. Stiamo facendo i tamponi ai pazienti che devono essere operati e basta, ma a noi non è stato fatto nessun tampone, benché per esempio io sia venuta a contatto già due o tre volte con persone poi rivelatesi positive. In ogni caso mi hanno detto mettiti la maschera e vai a lavorare. Per carità, poi io non avevo sintomi e sono andata a lavorare.

Ha potuto fare il tampone? Se no, Secondo lei perché non lo ha fatto?

Non fanno il tampone perché se ce lo facessero fare a tutti risulteremmo tutti positivi, e quindi l’ospedale sarebbe obbligato a chiudere. Soprattutto noi infermieri che lavoriamo nei reparti non coronavirus, dovremmo maggiormente tutelare i nostri pazienti, pazienti che sono particolari, trapiantati, immunodepressi ecc. Dovremmo essere più controllati visto che andiamo a lavorare con i pazienti non contagiati dal Covid. Ma comunque i tamponi andrebbero somministrati a tutto il personale, ma se lo facessero a tutti, secondo noi l’ospedale chiuderebbe.

A seguito dell'emergenza due colleghe infermiere si sono tolte la vita a causa dello stress e del carico emotivo. Cosa ne pensa?

Non lo so, perché ognuno di noi è fatto diversamente. Psicologicamente siamo veramente provate… Qui hanno deciso di spostare le mie colleghe più giovani perché a noi più anziani c’hanno tenuto in reparto. Comunque il nostro lavoro è reso ancora più particolare perché dobbiamo inserire gente nuova, ma gente d'una certa etá, che spesso risulta ancora più difficile da inserire in una realtà nuova.

Secondo me, e stando ai racconti dei miei colleghi, molti vedono delle realtà pesanti, soprattutto dei pazienti che devono morire da soli, senza una parola di un loro caro. Ovviamente gli infermieri hanno moltissimo da fare, quindi i pazienti gravi non hanno nemmeno una persona lì che li possa consolare. Quindi per un infermiere che lavora in una situazione come questa dev’essere un’esperienza tragica. Io vedo le mie colleghe tornare da quei reparti veramente sconvolte, non tanto per il lavoro, perché quello è il lavoro che facciamo tutti i giorni, ma piuttosto per il fatto di dover vedere queste persone, non più solo anziani, che muoiono da sole. Loro non possono fare assolutamente niente, ma solo aspettare il fatto. E quindi le vedo veramente provate, perché è dura. Probabilmente alcune di loro hanno vissuto molto male questa situazione e quindi hanno deciso di fare questo gesto estremo.

Nella sua struttura le offrono supporto psicologico?

La mia struttura non offre nessun supporto psicologico, né a noi che siamo rimasti in reparto, né per coloro che sono andati in prima linea. Possiamo guardare dei link, così, con qualcuno che ci possa dare un consiglio verbale, ma senza un supporto psicologico vero e proprio, ma non ci potevamo aspettare diversamente. 

Durante questa emergenza governo e istituzioni si sono resi conto che la sanità pubblica è un bene da proteggere. Crede verrà fatto qualcosa una volta che l'emergenza sarà finita? 

Non credo che cambierà assolutamente niente. Questa non è assolutamente solo una mia impressione, ma di moltissimi dei miei colleghi, con cui ci confrontiamo tutti i giorni nel vivere questa situazione. Vi ripeto non c’è solo il Covid. Da quarant’anni lavoro qui ed è così da sempre, hanno tagliato sempre, fregandosene altamente, quindi non penso proprio che faranno tesoro di ciò che sta succedendo. Tutto tornerà esattamente come prima del coronavirus, anzi più probabilmente faranno nuovi tagli alla sanità. Gli infermieri poi verranno dimenticati esattamente come prima, lo stipendio sarà’ da fame esattamente come prima (con tutto rispetto per chi il lavoro non ce l’ha, per carità), però penso che dovremmo essere almeno pagati per quello che il nostro lavoro è. Un lavoro bellissimo, l’ho voluto fare. Adoro questo lavoro, ma è un lavoro difficile, confrontarsi ogni giorno con i pazienti, con le persone con delle patologie gravi e dover soffrire insieme a loro. Questo loro star male è psicologicamente logorante. Insomma vai a casa e dici sono abbastanza fortunata. I più dicono che non cambierà assolutamente nulla. Torneremo nell’ombra come siamo sempre stati. Gli infermieri e i medici che hanno assunto d’urgenza torneranno ad essere disoccupati. Non ne terranno nemmeno uno per darci un po’ di respiro.

Se potesse parlare ora con il presidente Conte, cosa gli direbbe?

Sinceramente non gli parlerei nemmeno. Non deve succedere una cosa del genere per capire che la sanità pubblica è importante. Non devono essere fatti i tagli e basta. Non dovrebbero servire una pandemia e tutti questi morti, per capire che in tutti questi anni hanno sempre sbagliato a governare. E questo tutti, da prima di conte a quello che ci sarà dopo. È uguale, perché sarà gente che ci mangerà sulla salute degli altri. Conte è arrivato tardi, sono arrivati tutti tardi. Io parlo della Lombardia che ha avuto da subito questa emergenza. Solo adesso assumono tutti questi infermieri da mandare in questo ospedale nuovo alla fiera, mentre noi siamo già al collasso da tantissimo tempo. Questo arriva e fa ste cose adesso. Capisco che è una pandemia, capisco che non erano pronti, però ne avremo delle altre, perché non finirà tutto così. Quindi secondo me, che sia Conte o che sia un altro, non cambierà assolutamente niente. Con Conte non sprecherei nemmeno una parola. 

Poi volevo aggiungere una risposta ad una domanda che non c’è. Purtroppo questo lavoro è cambiato moltissimo nel tempo. Mi piace moltissimo lavorare con i miei pazienti, li adoro, e diciamo che è reciproca come cosa. È questo che mi da soddisfazione. È questo che mi da la forza di andare a lavorare. Poi da noi sono sempre un po’ gli stessi pazienti, quindi è ancora più gratificante. Per il resto, c'è un ambiente che non è più vivibile. I nostri, diciamo, “superiori” ci dicono che non dobbiamo dire su whatsapp che il nostro collega è positivo e sinceramente non vedo perché non dovremmo dirlo. Anzi, dovremmo assolutamente dirlo che siamo venuti a contatto con un collega positivo. Un capo-dipartimento non può dirti di non scriverlo su una chat whatsapp ufficiale. Noi dobbiamo saperlo se un nostro collega è stato esposto o meno, non c’è niente da nascondere. Sembrerebbe quasi che facciano più le veci dell’azienda sanitaria, che dei loro infermieri. A me, sinceramente, questo lavoro piace moltissimo, ma è molto cambiato. Questo nonostante una volta si lavorasse con più pazienti, privi di materiale monouso. Lavoravamo con niente, ma c’era molta più armonia, molta più considerazione. Cosa che non c’e assolutamente adesso. Adesso non puoi più dire una parola, fai i doppi turni e neanche puoi lamentarti.