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That’s Life

on .

Considerazioni di Giuseppe Casale a partire da Joker

Quando guardi a lungo nell'abisso, l'abisso ti guarda dentro

(F. Nietzsche)

Pensiamo sia doverosa una premessa. Queste brevi riflessioni non sono rivolte a tutti, come tutto ciò che proviene dalle turbe dell'animo umano: se vi considerate buoni animali abbandonatele, rischiereste di non sorridere.

Si badi bene, non affermiamo ciò col ghigno perfido di chi ha la puzza sotto al naso, ma con quello sornione di chi ha conosciuto il proprio demone - di chi odia se stesso più del suo nemico, perché sa che quel nemico gli si è infilato dentro - o, per dirla con Arthur, con i passi della sua danza dopo aver fatto secchi i tre lupi di Wall Street, così precisi e leggeri perché preparati nel tessuto spaziotemporale dell'immaginazione, così profondamente precisi perché descrivono il ritorno verso un'armonia mai vista né vissuta, ma almeno percepita ed inscritta nella contraddizione tra ciò che si è diventati e ciò di cui ci si vuole liberare.

Rallentiamo. Proviamo a dirlo meglio. I suoi passi descrivono la sensazione di chi, facendo giustizia, si è sparato diritto nel petto per vendicarsi sia delle bestialità di questa meschina società che si dice felice - perché può possedere e stuprare senza che gli venga torto un capello - che della propria condizione di perpetua infelicità: uccidendo quei lupi Arthur libera se stesso dal ruolo di pecora. Ecco allora giustificata la premessa: se non avete mai danzato sul vostro cadavere potreste non sorridere, perché chi potrebbe farlo capendo di vivere da zombie ambulante, lupo stupratore, o peggio da amico di entrambi?

Andiamo allora al nocciolo della questione: pensiamo che Joker sia un film generazionale.

Lo diciamo senza particolare affezione a questo o a quel tempo, consapevoli del fatto che se avessimo potuto scegliere avremmo preferito venire al mondo nel 1885 - anno perfetto per nascere, crescere e godere sia dell'annus mirabilis in cui Einstein pubblicò i 4 articoli che cambiarono la percezione dell'uomo nell'universo sia dei quarant'anni nei quali alcuni uomini e donne ricominciarono a costruire la possibilità per rovesciare i rapporti tra le classi sociali -, ma (ahinoi non ci sono capitati nemmeno i favolosi ‘70!) siamo costretti ad aggirarci in quest'epoca buia, in cui si crede che la storia sia finita perché non si ha la forza di provare a scriverla e si pensa di vivere nella post-ideologia perché la contro-ideologia ha perso. 

I millennials, se qualcuno non se ne fosse accorto, vivono nella depressione dilagante, nella scissione totale tra la realtà e il desiderio, nell'autoregolazione emotiva di ogni centesimo di secondo per il mantenimento di un sottilissimo equilibrio tra il volere e l'obbligo, nella rabbia che, bruciando nelle pieghe della psiche e della materialità dell'esistenza, deve trovare una valvola di sfogo. 

A noi resta la stessa scelta di Arthur: vendetta o autodistruzione, rovesciamento o pillole. Potremmo dire, tentando di semplificare la complessità, che questi tempi in cui siamo costretti a marciare non parlano di un nichilismo strisciante, ma ne sono il frutto, la realizzazione. Ma attenzione: non siamo noi a essere nichilisti, lo è il capitale. Questo, infatti, si autodistrugge continuamente per estrarre valore tanto sulla situazione di crisi quanto sulla fuoriuscita dalla medesima (do you know green economy?), e, così facendo distrugge anche noi, senza lasciarci (apparentemente) lo spazio della costruzione. Distrugge i nostri corpi - per dirla con Massimo Pericolo, ingabbiati dentro cessi senza cella - e le nostre intelligenze, martoriate da cicli panico-depressivi. Ci distrugge, perché ce lo portiamo dentro, e, diciamocelo senza rancore, per cacciarlo non basterà abbracciarsi.

Compagni e compagne, questi tempi suonano la musica di Gotham city, e noi inconsciamente ne portiamo dentro il ritmo: non basterà tapparsi le orecchie o cantare il proprio inno per smettere di subirli.

Forse, ma questa è un’ipotesi tutta da verificare, la nuova generazione rompe con questo schema. Sono cambiate le soggettività, è cambiato il motto. Mentre noi tifavamo per il meteorite che distruggendo tutto avrebbe abolito anche il rapporto di classe, i giovani e le giovani di Fridays For Future (che non sono i burocrati del movimento ma la composizione sociale che è scesa in piazza) dicono ad alta voce "prendiamoci cura del pianeta", e così affermano "prendiamoci cura di noi stessi": al militante del passato, allora, toccherà il duro compito di dimenticarsi di sé, e delle proprie ossessioni, per rinascere e rapportarsi con i compagni e le compagne, con i dubbi del presente e del futuro. Artuhr, in questo passaggio, diventa un suggerimento da comprendere in tutta la sua ambiguità: prendersi cura di sé significa rompere col passato e guardare negli occhi il proprio demone, riuscendo così a comprendere la potenzialità delle cattive passioni che ci attanagliano. 

Torniamo al nodo fondamentale: la scelta tra la vendetta e l’autodistruzione. 

Qui bisogna essere chiari, la vendetta non è una scelta, è una necessità sociale. Non vi spazientite compagni e compagne, non ne siamo ossessionati, ma pensiamo di aver compreso una linea di tendenza. E diciamolo, non abbiamo fatto una grande scoperta. Provate ad abbandonare per un secondo le cattedre dell’Università o quelle della presidenza di un movimento per scendere tra la composizione sociale. "Ma cosa state dicendo? Dovremmo parlare con chi non ha coscienza di classe?".

Si, compagni e compagne, perché un po’ ci rattrista darvi questo dispiacere - siamo così umani! - ma la coscienza non esiste. L'uomo è una costruzione, così come la soggettività si costruisce. Arthur uccide la madre perché tutti i suoi pensieri e le sue azioni sono il frutto di un processo. 

Facciamo un passo indietro per poi ritornare a guardare in avanti. Non abbiamo ancora mai parlato del film dal punto di vista cinematografico - perché non ci interessa né ne siamo capaci - ma lasciateci applaudire la scelta del regista che appositamente non dice se Arthur è il frutto della violenza subita dalla madre o della sua degenerazione psichica autonoma rispetto al fatto, perché questa scena ci mostra la lucidità dell’analisi di Todd Phillips: la vendetta non ha bisogno di ragioni, la vendetta vuole solo vendicarsi.

Questo punto, così difficile da accettare, è ciò che la Lega del capitone ha compreso, e ciò che anche noi dovremmo comprendere, perché, se è giusta l'analisi - il capitale si ristruttura sulle sue crisi -, la rabbia sociale non è destinata a esaurirsi nei prossimi anni, perché, che lo voglia o meno la sinistra, la crisi del 2008 non è ancora terminata, ma anzi, lo stato di crisi sarà la costante psichica della composizione sociale cui ci dovremmo rivolgere - e, a meno che non vogliamo nasconderci dietro ad un dito, anche la nostra - a meno che non vogliamo continuare a vedere gli sfaceli sociale dell'odio veicolato verso il basso e non verso l’alto. 

Ma, ci chiediamo, cos’altro dovrebbe derivare dall’intensificazione del processo di estrazione del valore dalla vita dei proletari e da quello di proletarizzazione del ceto medio? Forse gentilezza? Forse equilibrio mentale? Basta ascoltare un qualsiasi pezzo trap di Massimo Pericolo o di Sfera Ebbasta per averlo compreso. Ma no, la loro coscienza è sudicia.

Ritorniamo al centro per guardare in avanti: noi, tutti, siamo il frutto di un rapporto di classe - lo stesso principio vale per la creazione di quella che voi chiamate coscienza - quello tra il padrone e il servo, a oggi completamente dominato dal padrone. Forse è per questo che quando abbiamo sentito dire dal sindaco di Gotham che Arthur non è un uomo ma un pagliaccio, perché gli uomini ci mettono la faccia e non si nascondono dietro una maschera ci è venuto, nuovamente, da sorridere. E vi spieghiamo i motivi. Il primo. Siamo stanchi di vivere la militanza come degli attori che recitano su di un teatro senza spettatori. Il secondo. Abbiamo sentito le stesse parole dai consiglieri comunali bolognesi della Lega e del PD rispetto alle azioni del Padrone di Merda. Piccolo inciso - se a qualcuno interessasse un'analisi del fenomeno, ne abbiamo fatta una breve e sicuramente non esaustiva su questo sito. 

Allora, amici e amiche, compagni e compagne, diciamolo chiaramente: Gotham è il presente. O l'odio e la rabbia la facciamo uscire fuori, oppure, come ci ha detto Marracash nel suo ultimo album “Persona”, i nostri cattivi pensieri finiranno per ucciderci.

Oggi siamo di fronte a una scelta: o i padroni cominceranno a tremare per tutto ciò che ci hanno fatto, Kill the Rich, oppure sarà l’epilogo della puntata di Rick and Morthy initolata Ricklantide, cioè la solita storia: Morthy che uccidono Morthy.