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Come trasformare The Joker in Joker?

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Considerazioni di Federico Chicchi a partire da Joker

Provo anche io a dire qualcosa sul film di Todd Phillips che sta animando il dibattito di Commonware. Dico provo perché le riflessioni che mi hanno anticipato a riguardo sono così ricche e puntuali (e convincenti) che appare molto stretta la prospettiva che resta da indicare a riguardo. Proverò a buttare giù solo qualche riflessione sparsa, qualche nota improvvisata e niente di più. Sperando possa comunque contribuire alla discussione.

In primo luogo, chi è Todd Philipps, Il regista e sceneggiatore del film? Personalmente non l’avevo mai sentito prima.. La sua filmografia non è poi così ricca e importante. Eppure il film sul piano della regia appare ben realizzato, anche se non eccezionale, si intenda. A me è parso, da un punto di vista “tecnico”, dell’uso della macchina da presa e della fotografia, ben confezionato ma non sorprendente, non particolarmente originale, non perfettamente riuscito. Convincente insomma, ma niente di speciale. Sostenuto soprattutto dalla straordinaria, questa a mio avviso sì, interpretazione del suo protagonista. Allora perché tanto successo? Allora perché è capace, Joker, di vincere un premio così prestigioso come il Leone d’oro? Che solitamente, diversamente dalla Palma (sempre d’oro), premia film molto più autoriali e originali? Magari dipende solo dalla composizione della giuria (c’era anche Paolo Virzì tra i giurati.. che è tutto dire..) ma personalmente credo ci sia anche un’altra ragione. Credo sia per il fatto che Joker mette il dito nella piaga. Questo credo che in fondo sia il suo pregio.. ma soprattutto è la sua caratteristica fondamentale. Di quale piaga si tratta? 

La piaga è presto detta: il sistema capitalistico mondiale è attraversato da linee di frattura che forse mai come prima rischiano di allargarsi e far precipitare al loro interno tutto il creato. La presenza diffusa e invadente della spazzatura nelle strade di Gotham City ne è la rappresentazione (metaforica ma anche materiale) più evidente (avrebbero fatto prima a girare qualche scena a Roma… Non l’avete pensato anche voi guardando il film?). Non ci sono più spazi per gestire le scorie, non ci sono più margini per governare la miseria prodotta, tutto e miasmatico, putrefatto e decrepito. Mi hanno ricordato, queste immagini, i romanzi anni novanta di Don De Lillo: Rumore bianco, ma soprattutto Underworld e Cosmopolis. Soprattutto nella società che abita Joker hanno questa caratteristica (miasmatica) i legami affettivi: mercificati e avviliti. Ignobili e deliranti. La spazzatura delle città è la spazzatura dell’anima. Il disagio della in-civiltà invade i corpi e li rende deformi (la deformità è un altro elemento importantissimo del film a mio avviso, quasi che solo la difformità possa difendere dalla voracità del sistema). L’esplosione (in gergo si dice la slatentizzazione) della psicosi di Joker (della sua difformità, appunto) non è allora più la malattia ma diviene, paradossalmente, la cura a tutto questo. L’unica cura possibile rimasta (quella del passaggio all’atto), visto che le altre (quelle biopolitiche e farmacologiche) sono state tagliate a causa dei bilanci in rosso delle politiche pubbliche neoliberali. Da un punto di vista politico questo però, ovviamente fa problema. In che senso? Perché rischia di riprodurre la dialettica eroe-antieroe come chiave fondamentale della lotta politica, riducendo al registro immaginario e/o simbolico il portato del conflitto. L’antagonismo è invece una pratica materiale (reale) della cura che abbisogna di singolarità e concatenamenti collettivi di desiderio per funzionare (Ci tornerò tra poco).

Eppure come si fa a non parteggiare per Joker? Trasformatosi da lavoratore precario e mal pagato in super(anti)eroe cinico e spavaldo? Impossibile non sentirne in seno l’incendio del riscatto. Questo è un altro punto fondamentale del film. Tutta la mitologia del super eroe (Batman) viene qui ridotta (ma sarebbe bene dire ricondotta) alla sua dimensione di squallida difesa della fittizia giustizia borghese. Altro che super eroe, qui il destino di Batman è quello già scritto di un idiota che sarà mosso dalla sete di vendetta privata. Vendicare la morte del suo (e della città) Führer. Joker mostra con la sua azione la trama nascosta della giustizia borghese, mette a nudo l’impalcatura onanista e spregevole dell’eroe borghese (in generale questa volta) e l’inganno che ci ha portato da bambini a vedere in Batman (e nello stupido Robin) come dei salvatori. Qui c’è un punto del film che resta saldo e interessante. Mostrare il lato perverso e cinico del supereroe.

Eppure Joker è anche spregevole. Uccide senza pietà alcuna. Questo ci porta a immettere più o meno inconsciamente delle distanze nell’andamento identificatorio che produce il film rispetto al suo protagonista. Uccide ma solo chi se lo merita, ci viene da dire… ma poi non è così… Infatti uccide anche la madre.. (e forse la sua carina e “innocente” vicina di casa) e su questo occorre fermarsi a riflettere. Cosa significa nell’economia del film (e del suo protagonista) l’uccisione della madre malata? Significa recidere una volta per tutte quell’eccesso che abita Joker e che si manifesta con la sua incontrollabile risata. La risata è il sintomo di Arthur. Arthur è il suo sintomo. È sempre inappropriato, fuori luogo, di troppo, imbranato, fa ridere. Macchia, macchietta (come il suo cognome fa intendere: Fleck). La risata ride di Arthur. Domina Arthur che allora si sforza di fare del suo sintomo un abito, un mestiere, una vocazione (diventare comico di professione) ma questo non è sufficiente, non basta a fare del suo sintomo uno sgabello. Non c’è alcun governo delle emozioni, nessun governo della risata. L’unico modo per risolvere è diventare Joker. Diventare la risata. Fare tutt’uno con essa. La trasfigurazione di Arthur in Joker, il suo divenire Joker senza più ritorno è la sua cura, la sua opera d’arte. E un’opera d’arte deve essere sempre collettiva, o non è. In questo caso sarà televisiva.

La madre lo ha ingannato. Il sintomo di Joker, la sua risata, il suo essere fuori posto, è il segno, direttamente nel corpo, di quell’inganno. Ci avete fatto caso che il disturbo non avviene mai in presenza della madre? Non potrebbe perché l’una è l’altra cambiata di segno. In che senso la madre lo ha ingannato? Non si tratta di sapere se Arthur è veramente il fratellastro di Bruce Wayne, non è questo.. questo è un aspetto secondario, anche se significativo nella trama del film. Si tratta invece del fatto che la madre ha convinto Arthur di poter essere libero insieme a lei quando invece questo non era affatto possibile. Solo uccidendo la madre, Joker poteva nascere e Arthur, il figlioccio che si fa ridere, morire.

La camminata del vagabondo di Chaplin, è proprio quella di Arthur, quando lascia le impronte di sanguenella scena finale del film. La domanda che ci dobbiamo porre è allora la seguente: riuscirà Joker a restare fedele al suo atto rivoluzionario? O diventerà semplicemente un paziente pericoloso richiuso in un manicomio criminale? Un deviante, un difforme, una barzelletta? In fondo si tratta di questo. Tutto il film ci domanda di questo? Come trasformare The Joker in Joker. Come tornare a far desiderare e vibrare il corpo. Una risposta la conosciamo già, si trova nei fumetti di Batman. Il film, volente o dolente, ci spinge in quella direzione immaginaria ma si tratta al contrario di inventare una storia nuova capace di sorprenderci in un largo e comune cammino imprevisto.