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Il disastro greco

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Commento di George Souvlis sulle elezioni in Grecia

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Due settimane fa i cittadini greci sono stati chiamati a esprimere il loro voto in un colpo solo per tre elezioni: europee, regionali e locali. Tutte quante insieme hanno mostrato il disastro delle forze di sinistra e la vittoria della destra neoliberale, seguendo una tendenza ormai chiara a livello paneuropeo. In un certo senso, la Grecia è tornata a far parte della normalità europea dopo i quattro anni e mezzo della governance di Syriza e ANEL.

Questo spostamento sarà completato in un mese, quando si terranno le elezioni nazionali, poiché è molto difficile ipotizzare un risultato molto diverso. Syriza ha perso alle elezioni europee con il 9,35% in meno rispetto al partito neoliberista Nuova Democrazia (Nuova Democrazia 33,11% e Syriza al 23,76%). Una differenza che mostra che Nuova Democrazia, salvo sorprese, diventerà il principale partito del paese. Gli stessi risultati sono stati raggiunti a livello regionale e locale. La domanda chiave è quindi perché Syriza, nonostante le grandi speranze che ha rappresentato per i progressisti greci ed europei dal 2012, abbia perso con un così grande scarto. Una breve risposta a un così complicato interrogativo potrebbe essere che il partito in carica non è riuscito a differenziarsi in modo sostanziale dai predecessori, in termini sia politici sia retorici. Da quando ha vinto le seconde elezioni nazionali nel 2015, ha continuato per quattro anni a implementare lo stesso insieme di politiche neoliberali dettate dalla Troika (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale), proprio come il governo neoliberale aveva fatto dall’inizio dell’era dell’austerità in Grecia. Le dichiarazioni iniziali di Syriza nel settembre 2015, secondo cui il mix di politiche da attuare negli anni successivi avrebbe sollevato le classi subalterne dagli effetti dell’austerità, si sono rivelate un’illusione, poiché lo spazio di manovra era limitato se non inesistente nel contesto di una consolidata dipendenza dall’Unione europea neoliberale.

Seguendo questa argomentazione, si potrebbe sostenere che le cause della sconfitta sono strutturali e risiedono nella decisione politica di Syriza di non rispettare la volontà del popolo greco che ha votato contro l’austerità nel referendum del 5 luglio 2015, firmando un nuovo memorandum i giorni successivi. Tuttavia, si tratterebbe di una spiegazione abbastanza limitata del fallimento di Syriza. Io sostengo che è ugualmente importante concentrarsi sulla riluttanza del partito nel confrontarsi e riformare le istituzioni dello Stato greco e nel procedere a cambiamenti indipendenti dalle politiche economiche e fiscali dettate dalla Troika. Ad esempio, la polizia e la Chiesa non sono state toccate dal governo di Syriza. La promessa democratizzazione della polizia greca non è mai stata realizzata, tutti gli elementi di estrema destra del corpo sono stati mantenuti al suo interno. Democratizzare la polizia forse avrebbe potuto evitare l'omicidio dell'attivista LGBTQ HIV Zak Kostopoulos, brutalmente picchiato a morte da un gruppo di uomini violenti e agenti di polizia. I poliziotti sono stati accusati di avergli inflitto danni fisici fatali dopo il linciaggio della folla. Il loro caso però rimane aperto perché non è stato ancora deciso il loro futuro nella polizia. La divisione tra Stato e Chiesa, un’altra promessa fatta da Syriza, non è stata ancora introdotta. Stato e Chiesa sono ancora un’entità unitaria in Grecia, quindi Syriza ha seguito la stessa relazione simbiotica con l’istituzione chiave dell'Ortodossia del paese.

Ultimo ma non meno importante, la recente decisione del governo di modificare il codice penale del paese non ha incluso la semplice verità che il sesso senza consenso è uno stupro. C’è stato un mutamento all’ultimo minuto, solo dopo le critiche e le reazioni dei gruppi femministi che hanno spinto per cambiare la definizione di stupro, mettendo in chiaro che non è richiesta violenza fisica perché il crimine sia considerato uno stupro.

Affrontare quegli ordini del giorno promessi e altri passi in quella direzione avrebbe garantito al partito un’identità anti-mainstream, che avrebbe condotto a significativi risultato nella lotta elettorale ma anche ideologica contro Nuova Democrazia, che è stato uno dei due pilastri chiave del bipartitismo politico durante l'era post-Junta.

Il periodo successivo al 2010 si è rivelato cruciale per la sopravvivenza dei nuovi partiti politici, sia alla sinistra che alla destra del centro estremo, nella misura in cui hanno mantenuto un certo tipo di identità anti-establishment quando sono entrati in carica. Quindi la domanda è quale tipo di politiche hanno implementato dopo essere stati eletti e se tali politiche differiscono da quelle attuate dal centro estremo. In questo tentativo, è chiaro che Syriza non ha superato la prova dell’essere al potere come partito anti-establishment. La principale giustificazione di Syriza per le sue carenze al potere è stata la limitazione strutturale imposta dalla Troika. Tuttavia, nel suo discorso ufficiale trascura di dire che se fosse riuscita a promuovere le riforme istituzionali avrebbe creato un senso di appartenenza politica e di fiducia negli strati sociali che hanno votato per Syriza nel 2015 e la sua sconfitta sarebbe stata molto più piccola.

A questo punto, si dovrebbe anche ricordare che la razionalità proposta dal governo secondo cui l'accordo di Prespa è la principale o una delle cause principali della sua sconfitta nelle recenti elezioni, non dovrebbe essere presa sul serio, dal momento che ha perso in tutte le regioni periferiche del paese e anche nei centri urbani in cui la questione era secondaria se non inesistente come questione politica.

La sua identità anti-establishment è diventata ancora più debole per il fatto che Syriza si è sconnessa completamente dai movimenti sociali contro l'austerità emersi dal 2010 in poi. Dalla sua fondazione nel 2004 fino alla sconfitta di luglio 2015, Syriza ha agito più come un partito di movimenti che non come una tipica sinistra, dall'alto verso il basso. È stato un partito modellato e rimodellato dai movimenti sociali. La relazione dialettica che si è sviluppata con i movimenti sociali ha fornito a Syriza una fisionomia politica aperta e unica rispetto agli altri partiti di sinistra nei paesi che, in una certa misura, hanno sostenuto l'aumento elettorale del partito dal 2012 in poi. A quel tempo, il partito si rese conto che era necessario aprirsi ai bisogni della società e alle particolari lotte emerse durante questo periodo, che si estendevano dal movimento “passe livre” agli indignados. Quando il partito si è diviso in due nell'agosto 2015 e ha adottato un'agenda neoliberale, si è allontanato dai movimenti sociali che hanno smesso di percepirlo come un soggetto in grado di promuovere le loro richieste politiche. Così, Syriza si è trasformata in una macchina burocratica focalizzata principalmente sulla gestione della crisi attraverso i ministeri che occupava.

Le politiche neoliberali, orchestrate insieme ad ANEL (partito nazionalista di estrema destra) e altri membri del vecchio establishment politico del paese, hanno alienato il sostegno di cruciali settori sociali che credevano che Syriza fosse un partito di principi, una convinzione che molto rapidamente è svenuta per il resto dei partiti di sinistra, considerati formazioni politiche ugualmente amorali ed egoistiche. In questo senso, la sconfitta non è limitata a Syriza, ma si è estesa al resto dei partiti alla sua sinistra.

Questi effetti si sono materializzati nelle recenti elezioni, in cui le due principali formazioni politiche della sinistra extraparlamentare, Antarsya e Unità Popolare, hanno ottenuto un risultato modesto, ottenendo insieme solo l’1,2% nelle elezioni europee, mentre nelle ultime elezioni nazionali del settembre 2015 avevano raggiunto il 3,72%. Tenendo conto che il popolo greco ha votato alle elezioni europee con criteri nazionali espliciti, non è azzardato affermare che negli ultimi quattro anni i loro voti sono diminuiti quasi al 60%. La traiettoria di Syriza non è però l'unica causa di questo risultato. Dovrebbe essere fatta luce anche sui modi in cui entrambe le coalizioni hanno deciso di agire dopo le elezioni del 2015. Il settarismo e la riluttanza a collaborare in qualsiasi possibile fronte comune hanno costituito uno dei principali limiti su entrambi i lati dello spettro di sinistra. Più precisamente, nelle recenti elezioni locali e regionali, fazioni differenti all'interno del partito Antarsya hanno sostenuto candidati differenti in varie parti del paese, dando l'impressione di essere partiti diversi e non una coalizione unificata. Queste decisioni riflettono i diversi orientamenti politici che esistono all'interno delle fila del partito su ciò che deve essere fatto, sia riguardo alla tattica che alla strategia della coalizione. Unità Popolare, d’altra parte, ha continuato a imitare Syriza, ripetendo molti degli errori che hanno portato alla sua sconfitta politica. Sin dalla sua formazione, Unità Popolare ha portato avanti una politica leaderistica, sviluppando collaborazioni con partiti politici minori di diversa origine politica, articolando molte volte una retorica nazionalista sulla questione della Macedonia settentrionale e strumentalizzando i movimenti sociali in cui era presente. La funzione interna del partito è stato più che problematica in assenza di processi decisionali democratici, cosa che fin dall’inizio ha condotto a diverse divisioni del partito. In altre parole, entrambe le coalizioni avevano seri problemi interni, combinati con la mancanza di una prospettiva strategica a breve o a lungo termine su come andare avanti e su come costruire un radicamento sociale nella fase successiva alla neo-liberalizzazione e burocratizzazione di Syriza.

I due sviluppi positivi di queste elezioni sono stati la significativa diminuzione dell’influenza di Alba Dorata e il quasi 3% che ottenuto da MeRa25 di Varoufakis. Lotte interne al partito nazista e il fatto che Alba Dorata sia stata processata negli ultimi quattro anni possono spiegare la diminuzione del suo elettorato. L'iniziativa di Varoufakis, d’altro canto, è riuscita ad avere risultati significativi nelle elezioni europee a cui il suo partito ha partecipato per la prima volta. Ha attratto soprattutto le persone deluse dalle prestazioni degli altri partiti di sinistra, sviluppando durante la campagna elettorale un programma e un discorso chiari contro l’attuale establishment politico del paese. Questa iniziativa, tuttavia, nella misura in cui rimane incentrata sulla figura del Varoufakis e non è disposta a sviluppare alcun radicamento sociale con le forze esistenti, è destinata a fallire. Questo è il tema chiave che Varoufakis e il suo partito devono affrontare nei prossimi mesi. Il potenziale esiste, nella misura in cui il resto delle forze politiche per il momento sembra incapace di esprimere un discorso che possa attrarre la parte progressista del paese.

Riassumendo, la sinistra greca sembra confrontarsi con gli stessi problemi della sinistra del resto d’Europa: sono messe in discussione dalla crisi interna, accompagnata da una mancanza di prospettiva a breve termine su ciò che deve essere fatto a livello nazionale e locale; sembrano anche incapaci di essere trasformate in attori chiave dell’arena politica in un contesto in cui il centro estremo è in fase di scioglimento e la destra nazionalista acquista slancio. La sconfitta di Syriza e Podemos è diventata un paradigma politico su ciò che non si deve fare. La via pacifica al socialismo come metodo politico è fallita, questo tipo di illusioni d'ora in poi non dovrebbe essere accettabile: è un buon punto di partenza da cui la sinistra può iniziare a costruire il nuovo.