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Non è più tempo di compromessi!

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Intervista di Antonio Alia a due studentesse del Fridays for Future bolognese

Il 12 aprile il nodo bolognese di Fridays for Future, dopo le grandi manifestazioni del 15 marzo che hanno portato in strada decine di migliaia di giovani e giovanissim* in tutto il mondo, è tornato in piazza con un presidio in Piazza Maggiore, nei pressi di Palazzo d'Accursio, sede del consiglio comunale, per dare continuità alla mobilitazione. Erano anni, sicuramente a Bologna, che non si vedevano così tanti studenti e studentesse delle scuole medie e medie superiori mobilitarsi e costruire una forza collettiva in grado di porre al centro dell'agenda pubblica un problema politico di estrema attualità come quello della crisi ambientale. In questa circostanza ho incontrato e conosciuto Sara e Diana (nell'intervista S. e D.), due studentesse all'ultimo anno di una scuola superiore bolognese, tra le più attive nella mobilitazione che sui media ha preso il volto di Greta Thunberg, la sedicenne svedese simbolo dei Fridays for Future. La chiacchierata con Sara e Diana, a margine del presidio che ha espresso una critica serrata alla green economy e all'ambientalismo delle virtuose pratiche individuali, è stata lunga e piacevole. Molti sono stati i temi di cui abbiamo discusso, perché molta è la necessità di apprendere quali sono le urgenze politiche e di vita di una generazione cresciuta dentro la crisi permanente del capitalismo e delle sue istituzioni; perché molta è la necessità di capire con loro quali possono essere le potenziali linee di rottura con quello che entrambe definiscono il sistema; perché molta è infine la necessità di mettere a critica le nostre pratiche politiche, a partire dalla forma assemblea, per costruirne di nuove, insieme.

[L'intervista è precedente alla visita di Greta Thunberg in Italia il 19 aprile, che è stata sfruttata dagli studenti e dalle studentesse per tornare in piazza. A Roma, in Piazza del Popolo per l'occasione si sono radunati in migliaia, in molte altre città si sono tenute diverse forme di manifestazione; a Bologna una critical mass ha attraversato la città, bloccando alcuni punti sensibili della circolazione.]  

Vorrei iniziare a parlare di scuola, perché avete scelto la vostra scuola?

D: Per studiare Freud!

S: Sì, per fare le psicologhe.

D: Poi abbiamo cambiato idea...

S: Alla fine no, e poi perché c'è stata consigliata alle medie, dall'orientamento.

D: Si anche per l'orientamento.

Quindi alla fine l'avete scelta per un obiettivo lavorativo?

S: Io personalmente l'ho scelta anche perché era un liceo però non era troppo impegnativo come un liceo classico per esempio, quindi...

D: Sì anch'io per non rinunciare alla mia vita sociale, però poi alla fine si è rivelato più o meno la stessa cosa

S: Sì perché noi alla fine siamo capitate nella classe più tosta del nostro istituto.

Quindi anche con l'idea di avere più tempo libero rispetto a quanto ne avreste potuto avere frequentando un'altra scuola?
D: Sì esatto.

Cosa vi piace e cosa non vi piace della scuola?

D-S: Quest'anno ci piace tutto!

D: Alla quinta si trattano argomenti fantastici

S: Secondo me l'unica pecca è la classe, perché quelle in cui andiamo si caratterizzano come scuole prettamente femminili, non ci sono maschi.

D: E' vero…

S: In prima c'era un solo maschio, adesso tre.

E perché è un problema questa cosa?

S: perché le femmine sono…

D: Perché secondo me c'è bisogno di un miscuglio a scuola, di femmine, maschi…

S: Perché le femmine sono meschine, fanno gruppetti, fra di loro tendono ad essere cattive a sparlare alle spalle…

Cioè dici che c'è uno spirito competitivo?

S: Mmh, sì!

D: A parte questo il fatto è che maschi e femmine sono caratterialmente molto diversi secondo me, è positivo quindi avere un confronto che invece è un po' carente.

S: Sì e le classi sono molto divise.

Torniamo sulla questione dell'insegnamento. Cos'è che vi piace delle materie che studiate? Perché vi tornano utili?

S: Perché ci stimolano il pensiero…

D: Sì esatto, la cultura è bella!

S: Sì poi noi facciamo scienze umane, quindi abbiamo all'interno di questa materia 4 materie che sono sociologia, antropologia, psicologia e pedagogia. Per me sono bellissime.

D: Sì ti permettono di vedere la società da molti punti di vista differenti.

S: Mentre altre scuole non ti danno questa possibilità, perché la sociologia la trovi in tutte le scuole.

Quindi le materie sono uno strumento per capire come funziona il mondo?

D-S: Sì.

E dopo il diploma cosa vi aspettate?

S: Di non trovare lavoro!

D: Sì, esatto!

Come vi vivete questa condizione?

D: A me in questo momento non me ne frega un cazzo, (risata) detta proprio sinceramente. A me piace studiare, voglio studiare quello che mi piace non in prospettiva di quello che dovrò fare. Studiare filosofia… Io voglio fare filosofia all'università, sono convinta di questa scelta però sono consapevole che per entrare in graduatoria, fare l'insegnante, la cattedra, le cose ci vorrà una vita e mezza e a 50 anni probabilmente sarò senza lavoro però fa lo stesso.

S: Io ne parlavo proprio con mia madre di questo, anche perché lei si trova in difficoltà per me e mi diceva che in questo periodo storico, l'unico modo per trovare un lavoro è inventarselo, cioè creare proprio dal nulla qualcosa di nuovo.

Cosa ne pensi di questa cosa?

S: Io effettivamente penso che sia così. Cioè di unire le forze, le competenze per creare qualcosa di forte che non si è mai visto, di utile.

Utile per chi?

S: Per tutti, per la società, per noi stessi...

D: per gli animali!

S: per gli animali, per l'ambiente, comunque per il pensiero, perché questo è davvero un periodo in cui le persone proprio si chiudono la mente. Proprio non pensano, sono distratte da se stesse, dalle convenzioni, da quello che la società impone di fare, anche per quello che riguarda la vita sociale. Per esempio le discoteche: il problema principale per le nostre compagne di classe è organizzarsi per andare in discoteca, non combattere per i reali problemi del mondo, quelli sono superflui. Il surriscaldamento globale per loro va bene, perché a Bologna fa freddo.

D: un po' come dice Trump…

E sulla questione dell'invenzione del lavoro, cioè creare qualcosa di utile per la società che però funzioni anche come un lavoro per te, cioè provare a tenere insieme le due cose, questo è quello che vorresti provare?

S: Sì a me sembra una buona idea, anche considerando il fatto che il bando sull'insegnamento è ormai 5 anni che non lo aprono più.

Quindi dici che non c'è alternativa? E tenere insieme le due cose sarebbe la cosa migliore. Lavorare per qualcun altro? Fare la dipendente di un'azienda, di una cooperativa?

S: Io in ufficio non ci potrei stare.

D: Lavorare per qualcun altro? Neanche io e poi se qualcuno mi dice cosa devo fare mi sento male, non è una cosa che riesco a concepire, non è una cosa che riuscirei a fare. Finché si tratta di fare l'insegnante sì, sei subordinato, ma hai la possibilità di aprire la mente agli studenti con cui hai a che fare. Se invece devi lavorare in uno studietto davanti ad un computer per 8 ore al giorno, no!

Perché con l'insegnamento, ritrovi un senso del tuo lavoro, cioè parli con gli studenti, riesci a passargli dei saperi, delle conoscenze che magari altri non saprebbero fare? Quindi la questione del senso è importante?

S: Sì, secondo me fare l'insegnante sarebbe fantastico anche perché almeno nella nostra scuola ci sono davvero pochi insegnanti competenti, che sul serio insegnano.

D: E che hanno passione nell'insegnare.

S: Per esempio in una sezione parallela alla nostra, sempre delle scienze umane, il prof. di filosofia spiega Aristotele attraverso un video su Youtube!

E a te sembra una cosa inconcepibile?

S: Sì è fuori dal mondo.

D: Sì è allucinante.

Lavorate?

D-S: No.

Ed è una cosa che vi dispiace?

S: A me preme molto, ma io non ho tempo per farlo, vorrei farlo perché ho bisogno di soldi, ma proprio non ho tempo.

Quindi vorresti lavorare per avere qualche soldo in tasca ma lo studio ti sottrae molto tempo?

S: Sì.

D: Sì, magari potremmo fare un bel viaggio dopo la maturità, ma dove cazzo li troviamo i soldi!

Per essere anche indipendenti e autonome dalla famiglia?

S-D: Sì anche.

Vi pesa dipendere economicamente dalla famiglia?

D: Sì io mi sento molto in colpa. Cioè io lo so che per loro non è un problema ma a me scoccia dipendere da qualcun altro.

Anche perché se sono soldi tuoi li puoi spendere come vuoi tu, invece se te li danno loro…

D: Sì devi essere abbastanza parsimonioso con quello che fai e il budget è quello…

E se lavorassi ti lascerebbero fare quello che vuoi oppure no?

D: Bè i miei genitori in realtà mi lasciano molto molto libera, però se avessi i miei soldi mi sentirei molto molto più tranquilla. Metti che mi arriva la paghetta e mi sono rimasti 5 euro, andare a chiedere dei soldi ai miei genitori mi fa stare male. Se invece ho il mio stipendio sono più tranquilla, me lo gestisco meglio.

E vale anche per te questo discorso? Quindi il lavoro è una cosa importante?

S: Noi vorremmo cercare un lavoro ma non sappiamo neanche da dove partire, perché richiedono delle competenze che oggettivamente non abbiamo, per un lavoro che è semplice come la barista.

Se ci fosse una forma di sostegno al reddito anche per chi è nelle vostre condizioni, la riterreste una cosa opportuna?

S: Sì assolutamente sì. Secondo me dovrebbe esserci un reddito di cittadinanza globale a partire da tutto. Io so che i miei genitori sono favorevoli, non sono troppo informata, però che vi sia un reddito che vada a disposizione di tutti, anche con il fatto che è così difficile trovare un lavoro al giorno d'oggi e con tutti i soldi che vengono spesi in puttanate varie…

L'alternanza scuola lavoro l'avete fatta? Dove?

D: Il primo anno in una scuola materna, il secondo anno in un' Asp della città di Bologna con i malati di Alzheimer, e il terzo anno in una scuola elementare.

Vi è piaciuta?

D: Eh sì molto, però noi siamo state fortunate. Il mio ragazzo per esempio che è in classe con noi, è stato due settimane davanti al computer a pigiare i tasti per i bollini per chi aveva pagato questo e chi non lo aveva fatto e fa le scienze umane anche lui.

S: A noi è andata di culo!

Comunque la ritenete un'esperienza positiva?

S: Per noi due sì.

Quindi la rifareste?

S: Sì.

D: Però a me non piace!

Cioè?

D: Cioè per fare una cosa del genere… Deve essere equilibrata, le persone devono avere la stessa possibilità di fare qualcosa di interessante. Se studi le scienze umane non è che ti mando a segnare chi ha pagato il bonifico oppure no. No, dovresti fare qualcosa di inerente al tuo studio.

Quindi il problema è che non tutti i progetti di alternanza scuola/lavoro sono adeguati al tipo di studi che si stanno facendo?

D: Ma il problema è anche che in realtà fai l'alternanza scuola lavoro, dici che bello stai con i bambini, però esci dalle due settimane che in realtà non hai competenze, non è che ti abbia insegnato qualcosa.

S: è un'esperienza bella che rifaresti...

D: Sì è stata interessante ma poi basta.

Quindi poco formativa?

D: Sì esatto.

Ma avreste preferito passare quelle ore a scuola oppure no? È una cosa che eliminereste oppure è qualcosa che andrebbe fatta meglio?

D: Non lo so, sono un po’ combattuta.

S: Secondo me non si può pensare di parlare di alternanza scuola-lavoro. Più di esperienze inerenti al tuo percorso di studi, per concretizzare quello che studi nella teoria.

E il fatto che si tratti di lavoro gratuito? Ci avete pensato?

D: Nel nostro caso non l'abbiamo sentita questa cosa. Però effettivamente ci sono persone che sono sfruttate nell'alternanza scuola-lavoro, perché non hanno fatto cose che sono inerenti al loro percorso di studio, devono fare il lavoro al posto di qualcun altro, un lavoro tra l'altro abbastanza alienante perché se devi stare davanti al computer per sei ore per due settimane…

Quindi voi dite: nella misura in cui non c'è alcuna corrispondenza con gli studi che faccio allora in questo caso c'è dello sfruttamento. Invece se c'è una corrispondenza faccio un'esperienza che può tornarmi utile: è così?

S: Sì.

D: Però questo vale per noi delle scienze umane, perché per un istituto professionale, un istituto tecnico, se fai l'alternanza scuola lavoro, lì vai a fare qualcosa di abbastanza peso...

S: Che però è il lavoro che dovrai andare a fare, allora lì sì è sfruttamento.

Non capisco però qual è la differenza tra voi e gli altri?

D: Per esempio noi abbiamo lavorato con i malati di Alzheimer, chi se ne frega se non mi paghi perché è un'esperienza che mi arricchisce personalmente. Me la tengo come esperienza mia, è stato bello.

S: Emozionante.

D: Sì, ho qualcosa in più adesso e amen. Anche perché abbiamo lavorato con delle associazioni onlus…

Quindi ti ripaga dal punto di vista emotivo?

D: Sì, esatto.

Mentre per lo studente che va a spostare i pacchi in un'azienda, per fare un esempio, non c'è nessuna forma di gratificazione, il lavoro è alienante e quindi in questo caso quanto meno ci deve essere un salario: questo è un po’ il discorso?

D-S: Sì.

Passiamo ora alla mobilitazione dei Fridays For Future: avete partecipato fin dall'inizio?

S: Sì, dal secondo o terzo.

D: Anche perché prima non sapevamo che ci fosse.

E come lo avete conosciuto? Quali sono stati i canali con cui avete saputo di questa mobilitazione?

D: E' stata una cosa fantastica, perché un giorno stavo scorrendo la home di Instagram, è partito un video di Greta, “ma chi è questa ragazza, che cosa dice?”.

S: Sì completamente a caso. In realtà noi eravamo già interessate, avevamo intenzione di fare ad “assemblea” un gruppo sull'ambiente. A metà febbraio abbiamo organizzato un gruppo di informazione.

Cos'è l'assemblea?

D: Adesso è un'utopia.

S: In teoria una volta al mese, dovrebbe tenersi un'assemblea, quindi una sospensione delle lezioni nella quale gli studenti partecipano a vari gruppi tenuti sempre da studenti, possono essere film, dibattiti, sempre su tematiche...

Quindi è uno spazio autogestito, previsto dall'organizzazione della scuola?

D: Sì per legge noi abbiamo diritto, credo che sia per legge, abbiamo diritto ad una riunione al mese.

Lo chiedo perché, che io ricordi, una volta l'assemblea di istituto non era prevista dall'organizzazione scolastica.

D: Forse era più motivante così. Adesso già il fatto secondo me allucinante che un'assemblea di istituto è un'assemblea di istituto, il che significa che tutti devono essere presenti, tutti devono avere la possibilità di assistere, di partecipare a tot gruppi quelli che gli interessano. Invece adesso a scuola da noi per sicurezza, problema che è uscito quest'anno a caso dal Miur, l'assemblea è divisa in due gruppi, due blocchi. Il primo blocco ci sono tot classi che poi escono, e poi entrano le altre e tu così non dai la possibilità agli studenti di partecipare, cioè fa schifo, non è giusto, non è equo, non va bene. Non è un'assemblea di istituto, è un'assemblea di gruppo. E poi la gente partecipa molto meno adesso, non hanno voglia, e se vengono a scuola stanno in cortile a fumare.

E secondo voi perché?

D: Perché noi siamo abituati così, siamo stati abituati ad avere tutto già pronto, non sappiamo quanto la gente abbia lottato per avere questo diritto, perché cioè è una cosa, è bellissimo che tra studenti ci si possa informare, si possa dialogare, si possano fare dibattiti, a scuola che comunque è la nostra seconda casa.

Ci passate, non so, sei ore al giorno?

D: Sì è una cosa che noi abbiamo già, non sappiamo quanto gli altri abbiano dovuto sputare sangue per ottenere questo diritto e non ce ne prendiamo cura abbastanza. Secondo me è una generazione individualista.

S: Ma come dicevo prima, si vede anche nelle assemblee di istituto la passività degli studenti che non hanno stimolo, non sono interessati a niente, o non vengono o vengono per stare in cortile a fumare, non si interessano di che gruppi ci sono, per partecipare.

Come vi spiegate però la compresenza di questa grande passività, che non so se è una caratteristica della vostra scuola oppure è generalizzabile, e la forte partecipazione alla manifestazione del 15 marzo?

D: E' la stessa cosa che accade oggi. Allo sciopero globale, che raccoglie un sacco di persone perché è globale e ci vanno tutti, poi ai presìdi piccoli come oggi non viene nessuno. Non lo so, io non ti so dare una risposta.

S: Secondo me ci possono essere due risposte: la prima più brutta è che saltiamo un giorno di scuola, se tutti saltano un giorno di scuola perché io no? (inciso di D: come la gente che vede lo striscione all’entrata e dice che c’è il picchetto quindi vado a casa.)

Seconda risposta è che il tema dell’ambiente ci tocca tutti in prima persona al contrario di manifestazioni più politicizzate che magari non raccolgono cosi tanti consensi. Ad esempio sul decreto sicurezza eravamo in 20, è stato bruttissimo, bello tra di noi ma deludente.

Il tema del pianeta è logico che sia seguito da più persone. Perché i giovani sono spaventati da tutto ciò che è politico, infatti appena è entrata la questione politica nell’ambiente subito tutti a dire “e ma cosa c’entra la questione politica, se facciamo tutti la raccolta differenziata, sarebbe un posto migliore”. Il fatto è che non c’è consapevolezza.

Quindi mi sembra di capire che ci sono due elementi, da un lato la voglia di “paccare” la scuola e dall'altro la voglia di impegnarsi per un tema più importante e sentito di altri. Perché secondo voi è più sentito?

S: Perché è trasversale e non riguarda un blocco specifico della popolazione: dalla pianta, al vecchietto, all’animale, al neonato.

D: Poi perché è portato avanti da una ragazzina giovane di 16 anni, che tocca le persone, così tosta, che vuole cambiare il sistema, stimola.

Di Greta cosa vi piace?

S: La sua grinta, lei ha sempre una faccia arrabbiata, che riconosce come noi che non c’è più un tempo per fare compromessi, ma è il momento di fare, pretendere e arrabbiarsi. Il fatto che lei sia andata dai potenti del mondo a dire che le cose stanno cambiando, a me piace questo spirito di lotta!

E per i vostri compagni passivi vale la stessa cosa?

D: Secondo me per loro non è cosi.

S: Hanno difficoltà di mettersi in discussione, pensano di sapere tutto o comunque abbastanza e quindi restano in quella condizione. Non si informano, Greta ci dimostra il contrario. Lei da agosto 2018 ha smesso di andare scuola: è di una forza assurda.

I professori e i presidi hanno incentivato la partecipazione?

S: I bidelli hanno partecipato allo sciopero e ci hanno aiutato ad attaccare i volantini; il prof. di scienze umane pure, anche se non è venuto in manifestazione ma ha scioperato.

A scuola il clima rispetto alla mobilitazione è favorevole? Ci sono stati episodi di conflitto tra studenti/studentesse e professori?

D: Non lo so, magari un insegnante dice che è giusto scioperare, un altro che dice che non crede negli scioperi.

S: A me fa accapponare la pelle; non è che puoi dire che gli scioperi non vanno bene perché quelli che hai fatto tu non hanno mai funzionato, le cose vanno cosi proprio perché la gente si arrende. Invece sono cose che bisogna portare avanti, poi anche io mi demoralizzo però non é cosi che si cambiano le cose.

D: Io però un esempio da farti ce l'ho. Perché a me è capitato il 15 marzo. Noi siamo arrivate alle 7 a scuola, era tutto chiuso, ci siamo messe lì per appendere uno striscione, bloccare un'entrata, sull'altra ci siamo sedute davanti. C'è stato un picchetto pacifico, proprio con la volontà di renderlo pacifico. Arriva questa insegnante tutta arrabbiata che inizia ad urlare “levatevi dai coglioni”. Allora io mi sono girata e le ho detto “guardi che questo è lo sciopero più importante dell'anno questo” e lei mi ha guardato e mi fa “conciata come sei, posso immaginarlo quanto sia importante”. Per me questa è… va bé poi sono andata a sentire dal vicepreside e mi ha detto che questa è dichiaratamente di destra, di estrema destra, quindi a me vien da dire chi se ne fotte, non posso piacere a tutti, però che sia una professoressa no ragazzi.

Che ruolo avete avuto voi in questo percorso?

D: Non so cosa rispondere…

S: Noi siamo partite da un tema che ci toccava a prescindere e abbiamo deciso di sfruttare l’assemblea d’ istituto per parlarne. E sono venute tante persone. In realtà noi già un po' prima avevamo toccato il tema, ma da quando è nata la cosa del 15 marzo abbiamo iniziato a smegafonare in cortile ci siamo raggruppati con altri ragazzi della nostra scuola e anche dell’Itis, perché ci conosciamo tra di noi, per rapporti personali.

D: Io e lei abbiamo creato una pagina Instagram che si chiama “climate strike”. Che va bè adesso ha non moltissimi followers ma chi se ne frega. E poi da lì abbiamo cercato di rendere più inclusivo e rendere partecipi più persone e abbiamo riscontrato interesse da persone mai interessate a nulla.

Perché avete scelto Instagram?

S: Io Facebook non l'ho mai avuto.

D: Io l’ho usato (Facebook, ndr) così tanto quando ero piccola che mi sono rotta, faccio fatica a gestirlo. Instagram invece lo conosco bene, mi ci trovo ed è frequentato da più ragazzini.

Prima eravate un gruppo di amici?

S-D: Noi due e una nostra amica.

S: Poi dopo abbiamo cercato tramite passaparola di includere altri.

D: Quelli dell’Itis li abbiamo conosciuti al presidio del decreto sicurezza, una ragazza... Le ho parlato e poi è venuta all’assemblea con dei ragazzi dell’Itis.

Vi vedete periodicamente, fate riunione, vi definite un collettivo?

D: Collettivo no forse.

S: Questo movimento è chiamato apartitico, non perché non deve essere politico ma perché rifugge quelle organizzazioni che ci sono già e che a volte possono fare marcire ciò che è nuovo. Bisogna spaziare tra le realtà, capire bene qual è l'idea comune e non focalizzarsi su una cosa che in un collettivo è già esistente e ben radicata, non lo so. Comunque noi non siamo un collettivo.

D: Ci stiamo più o meno strutturando, facciamo assemblee.

S: Vorremmo coinvolgere più persone e farci coinvolgere noi da più persone possibili.

Come vi state muovendo per fare questa cosa?

D: Eh questo (riferendosi al presidio in Piazza Maggiore, ndr).

S: Partecipando alle assemblee di Fridays For Future.

D: E poi con il passaparola.

Quali sono i temi che state affrontando al momento?

D: Come sensibilizzare la gente.

S: E anche azioni concrete, che sono fondamentali.

Mi interessa questa riflessione sui collettivi, anche perché come vi dicevo anch'io faccio parte di un collettivo. Secondo voi in questo percorso quanto hanno pesato?

S: Secondo me ci sono a volte delle dinamiche un po' elitarie, cioè il prevaricare di una persona rispetto ad altri perché si segue un programma preciso, spesso le cose portate avanti da collettivi che si spacciano per una cosa ma sono tutt’altro. Dinamiche di protagonismo, non solo nei collettivi, per esempio la “Greta bolognese”, una tale C. N. - nemmeno sapevamo chi fosse - lei sarebbe la fondatrice di Fridays For Future Bolo.

All’inizio noi eravamo con i cartelloni, un giornalista voleva fare le foto e ha detto che in mezzo doveva starci C.N. Tu vuoi immortalare lei, non il movimento!000

D: Comunque va bé questi sono i giornalisti.

D: Tu vuoi far passare il tuo titolo o il tuo viso anziché le tue idee. C’eravate anche voi all’assemblea di martedì - come è stato detto nella chat - dove si è pensato di più a chi dovesse parlare che a cosa dovesse dire.

Queste dinamiche assembleari secondo voi fanno passare la voglia di partecipare?

D: A me no però capisco che c’è gente che si rompe le palle.

S: Più che altro è formativo. Imparo che queste dinamiche interne non fanno per me, con sotterfugi, cose losche che a me fanno schifo.

Perché alla fine fanno marcire ciò che c’è di buono.

Questa è la vostra prima esperienza politica, anche se apartitica?

S-D: A manifestazioni abbiamo già partecipato, l’Otto marzo ad esempio (sciopero globale di Non Una Di Meno, ndr).

D: Io contro la “buona scuola”, o Zanichelli, o Tper. Ma ero piccola e partecipavo cosi per stare con la gente. Questa si è la prima esperienza completa per entrambe.

Secondo voi a cosa sono più attenti i collettivi?

D: Ce ne sono alcuni più attenti a portare avanti la loro faccia.

S: Basti pensare al fatto che si dice “dobbiamo tenere noi questo corteo”, il corteo è di tutti

per me dovremmo essere un movimento orizzontale, tutti pari.

Come si risolve questo problema, ci state pensando?

S: Facendo aprire gli occhi a queste persone, dicendogli che questo movimento non accetta dinamiche di questo tipo che già hanno fatto marcire, è inconcepibile che una cosa nuova e fresca marcisca per persone che da sempre vogliono prevaricare.

D: Dici di voler fare delle cose, ma poi cosa fai? Ti mostri e basta, vuoi solo far vedere chi sei,

bisogna parlarci con queste persone.

Secondo voi perché alla manifestazione hanno partecipato così tanti ragazzi e ragazze mentre all’assemblea così pochi?

D: Ma la differenza è anche tra l’assemblea e oggi in piazza.

S: La differenza tra il 15 marzo e l’assemblea è proprio un problema di disinformazione. Io due anni fa non ero informata non venivo a sapere. È gente che semplicemente non sa che ci sono queste assemblee. Poi è questione di interesse opportunistico.

D: Forse c’è anche la paura di interessarsi seriamente e agire concretamente per dare concretezza a ciò che si fa nel corteo.

Il tempo può essere una variabile importante nel favorire la partecipazione?

S: Sì, per esempio la prima assemblea di Fridays For Future era alle 21 di sera… Noi il giorno dopo dobbiamo svegliarci alle 6.

D: Bisogna cercare di favorire la partecipazione degli studenti.

I centri sociali bolognesi li frequentate?

D: No.

Cosa ne pensate ?

D: Noi siamo pigre, piuttosto che andare a Xm24 stiamo a casa a polleggiarci o a chiacchierare.

S: Non siamo mai state in contatto con queste realtà, non li frequentiamo.

Vi sembrano degli spazi dove si fa politica?

D: Siamo molto ignoranti, non sappiamo cosa rispondere perché non li frequentiamo. Poi il fatto che ci siano non fa male a nessuno, se poi si parla di politica e altro è buono.

S: Perché comunque noi non usciamo così tanto da un po'. La movida non la viviamo e non siamo informate sugli eventi. Quelli che ci interessano di più sono concerti, oppure vita sociale in generale.

Che posti frequentate?

S: Ci piacciono i parchi.

D: L’importante sono le persone con cui stai.

Il vostro gruppo, climate strike, dove si vede?

S: Ci vediamo in uno spazio autogestito che ce lo ha messo a disposizione, ma non vorremmo sedimentarci lì. Si sono interessati a noi, mai poi abbiamo visto queste dinamiche di prevaricazione, sennò prima sembravano persone con voglia di fare. Noi siamo disponibili rispetto a chiunque voglia impegnarsi in questo. Ingenuamente abbiamo pensato che ci offrissero il loro spazio e ci siamo dette “perché no”. In ogni caso le prime volte ci trovavamo nei parchi.

D: Ma a me piacerebbe che diventasse più indipendente, sentiamo il peso.

S: Poi già avevamo le idee chiare sul non farci assoggettare.

D: Poi stando nello spazio di qualcun altro ti senti un po' di responsabilità.

S: Ma poi è una cosa bella condividere queste cose con altre persone che lo fanno da più tempo.

Le cose che non vi sono piaciute mi sono chiare, cosa vi è piaciuto invece?

S: Sicuramente vedere cosi tante persone il 15 marzo e che finalmente c’è qualcosa che ci interessa, che siamo determinati a portare avanti, indipendentemente da queste dinamiche che possono demoralizzarmi per 30 minuti, dopo ritorno più carica di prima.

D: Il 15 marzo è stato emozionantissimo. Ad esempio prima dicevo che Greta è sempre arrabbiata, io invece ero felice di vedere tutte quelle persone cariche che non volevano fermarsi, fare cose senza sottostare alle decisione della digos “voi qua non potete andare!”. Col cazzo che non ci passo, guarda quanta gente che c’è!

D: Poi è stato bello stare tutti cosi vicini e sentirsi sulla stessa barca, è importante spalleggiarsi e aiutarsi a vicenda, mentre nella quotidianità si è tutti più individualisti.

È tornata spesso, nelle assemblee, nelle discussioni, la parola sistema e capitalismo. Che cosa sono per voi?

S: E' costrizione a vivere come non vorrei.

D: Sfruttamento, non so nemmeno come dirlo cos’è. A me fa schifo, indica il fatto che pochi si arricchiscono sulle spalle di molti, il mondo gira nel verso sbagliato.

Stiamo ragionando su un livello alto, molto astratto. Tu dici costrizione: se lo riconduci alla tua vita, il capitalismo, il sistema, che faccia ha? Quando senti il peso di questa costrizione nella tua vita?

S: Dal supermercato alle relazioni sociali in sé. Io vedo proprio che tra le persone non c’è interazione, nessun dialogo sano, è tutto filtrato da pregiudizi, da omologazioni. Per esempio al supermercato io vado a comprare carne, ma non posso comprare quella che mi fa bene ma quella che mi fa male. Non fragole sfuse ma quelle in chili di cellofan.

D: Tu puoi farlo se vuoi, ma fare le cose in maniera ecologica costa! La vita costa in generale in realtà.

Queste riflessioni nelle assemblee non escono molto mi pare. Provo a dirlo diversamente per capirci: mi sento costretta perché vorrei condurre una vita diversa, ma farlo costa, e io non me la posso permettere. E' così?

S-D: Esatto

Per cercare di dare ancora più concretezza al concetto di sistema, per cercare di dargli un volto, mi fate degli esempi rispetto alla vostra quotidianità?

S: Il fatto è che è un sistema molto liquido, è ovunque. Il fatto di farci spendere sempre più soldi, ci derubano oltre che della nostra persona, ci inculcano delle idee, non ho le parole per esprimerlo, vogliono farci sembrare importante una cosa che è superflua e questa importanza la danno anche nel dover andare al supermercato perché costa di meno, ma in realtà va a vantaggio loro.

D: Un altro esempio concreto è con i compagni di classe: comprare il regalo alla compagna di classe, il cellulare ecc... Se tu non hai i soldi da mettere per il telefono proponi di comprare un cd e gli altri ti dicono “è un regalo da poco”. Il sistema ci vuole cosi, a comprare queste cose che costano un sacco ecc...

Mi ha incuriosito molto che oggi durante il presidio abbiate letto al microfono uno stralcio tratto dalla trilogia del Comité Invisible...

S: Io lo sto leggendo...

D: Io inizierò a breve...

Chi sono per voi? Cosa hanno fatto?

S: Loro sono dei francesi, dei rivoluzionari che hanno fatto delle insurrezioni e da queste esperienze hanno scritto un libro. È devastante secondo me perché ti spiega le cose in modo molto diretto, in un modo che tu non ci avevi pensato. C’è un passaggio sull’assemblea che è come la televisione dove sei costretto a sentire stronzate senza poter ribattere, proprio quello a cui abbiamo assistito durante le assemblee.

Cosa ti piace del libro?

S: Il modo semplice e comprensibile con cui riescono a dire cose complesse. E poi il livello di indagine sulla società che fanno è a 360 gradi. E' tutto.

D: Anche sociologica...

Siete in contatto con gruppi di altre città?

D: No ma ci piacerebbe. Abbiamo visto una ragazza che ha mandato una foto da Torino dove hanno fatto cose simboliche e molto belle, tipo sdraiarsi per strada; quindi sarebbe interessante conoscerli per vedere le loro idee, prima o poi dovrà accadere.

Rispetto alla crisi ambientale secondo voi ci sono delle persone più responsabili di altre?

S: Certo, sempre in relazione alla costrizione, ci hanno imposto di vivere cosi, chi è che l’ha deciso?

E chi l’ha deciso?

S: Il potere è liquido è difficile avere nomi e cognomi. E' ovunque.

Però come fai a lottare se non sai contro chi combattere?

S: Comunque lo leggevo ieri sera nel libro del Comité: il potere che è così liquido si manifesta nelle infrastrutture, nelle grandi opere, quindi se blocchi quelle puoi attaccare ciò che sta alla base.

D: Attualmente in Italia ci sono nomi e cognomi. A Bolo, il Pd promuove la cementificazione dei Prati di Caprara, Pd e Lega sono quelli contro cui ce la stiamo prendendo.

S: Va bene i politici però loro alla fine si adeguano al sistema. Sono costretti e corruttibili più facilmente.

Per capirsi: stai dicendo che quando qualcuno occupa un ruolo (come quello del parlamentare) è il ruolo che parla al posto suo? Quindi semmai il problema è come sbarazzarsi di quel ruolo?

S: Sì.

D: Io sono del parere che l’idea di potere dà alla testa. Ci puoi arrivare con belle idee, sei un compagno, ma poi ti fai corrompere.

Avete votato o pensate di votare?

S: Ma chi votiamo? Non ci penso nemmeno.

D: Io piuttosto pensavo di andare li a fare scarabocchi e insulti. Chi ci sarebbe da votare?

Però non votare non sono d’accordo, è un diritto fondamentale.

S: Si però se chi va al potere poi viene corrotto, chi è che devi votare?

Concludendo cos’è per voi la politica?

D: Domanda difficile…

S: E' la manifestazione del potere, delle costrizioni, che poi ovviamente dipende, di che politica si parla se quella di governo o..

Ok, mi spiego meglio. Intendevo dire cos’è per voi fare politica?

S: Presa di coscienza.

Fatta di cosa?

S: Valori e ideali da portare avanti, che senti come tuoi.

E come si traduce?

D: Banalmente negli scioperi, manifestazioni, dibattiti e dialogo con persone che come te vogliono migliorare o anche con chi la pensa diversamente da te, con cui ti scontri e impari su te stesso.

S: Ma anche informarsi.

Secondo voi i vostri nemici chi sono?

S: Le persone ottuse che non hanno voglia di confrontarsi.

D: I menefreghisti, gli individualisti, la gente che si accontenta.

Non il governo?

D: Sì, sì, un po’ tutto in realtà.

Chi viene prima però?

D: Prima di tutto gli individualisti, i figli di questa società che va verso lo sfacelo.

E vanno combattuti?

D: Io sono combattuta su questo, un po’ di maieutica socratica...

S: Le persone non nascono cosi. Come i bambini, sempre disposti al dialogo, poi col tempo subiscono una degradazione. Bisogna capire il motivo per cui si diventa così.

D: Purtroppo combattere e basta escludendoli o attaccandoli può essere funzionale, però se non sradichi quello che è marcio, il marcio resta. Bisogna lavorare nella mente nelle persone. Non imporre loro di passare dalla tua parte, ma far capire perché sei da questa parte.

Cosa vi aspettate dalle prossime giornate di mobilitazione e quali sono gli obiettivi da perseguire?

S: Io spero che la gente inizi a non stare a casa il venerdì pomeriggio e venga in piazza.

D: Obiettivo: cambiare il sistema (risata). Tanti obiettivi in realtà.

S: Cambiare stile di vita, non è sostenibile, è nocivo in ogni punto.

Ma queste cose vanno fatte individualmente o serve altro?

S: Si fa con la consapevolezza di tutti, se sappiamo che come viviamo adesso non va bene allora ci sarà davvero la forza per poter cambiare. Poi certo uno nel suo piccolo può fare, ma la forza del gruppo serve.

Come vi sembrano i gilets gialli in Francia?

D: Io penso che sono super cazzuti: vanno dritti, dovremmo essere francesi anche noi.

Quello è un modo per cambiare il sistema?

D: Sì, a lungo andare sì. Però loro hanno costanza che è una cosa che a noi manca. Da quanti venerdì non scendevamo in piazza?

Quelle francesi sono state manifestazioni imponenti. Vi sembra un buon modello o serve altro?

S: Io aspirerei ad altro, ma capisco che la condizione di oggi ci porta a questo.

D: A cosa aspireresti?                                                                                 

S: Ad un cambiamento spontaneo, visto che c’è forza da così tante persone, la minoranza di conseguenza si spazza via con un cricco, ma capisco che è un po' utopico.