Stampa

Il terremoto dei Gilets Jaunes

on .

Pubblichiamo un testo di Rouen Dans La Roue che combina il resoconto della mobilitazione con l'individuazione di alcune possibili linee di tendenza

I Gilets Jaunes non finiscono di stupirci. Ci si chiedeva se l’appello del 17 novembre avrebbe avuto una risonanza nelle piazze e per le strade — se avrebbe insomma avuto un domani; e invece siamo già a più di tre settimane di lotta. È una mobilitazione sociale senza precedenti in Francia. 

Dalla rabbia anti-fiscalista, il movimento dei Gilets Jaunes si è trasformato in una vera e propria rivolta popolare. L’intelligenza collettiva e gli insegnamenti appresi dai movimenti sociali degli ultimi anni ci hanno orientato verso le giuste pratiche e obiettivi: il blocco dell’economia e l’assalto ai simboli del potere. Affiancando la pratica del blocco — in tutta Francia, compresi i suoi angoli più sperduti — alla sommossa — in particolar modo a Parigi — i Gilets Jaunes sono riusciti a far tremare il governo di una delle più grandi potenze europee e mondiali. Se i governi precedenti non erano stati sconfitti, è perché la popolazione ha sempre creduto fossero invincibili. Questo stato di cose è oggi ampiamente stravolto, a prescindere dalle sorti del movimento nelle settimane a venire. 

Gli Champs-Elysées disselciati, l’Arc de Triomphe invaso e riempito di tag, la polizia messa sotto scacco. Le immagini degli episodi della rivolta parigina del 24 novembre (atto II) e del 1º dicembre (atto III) hanno fatto il giro del mondo. La strategia di comunicazione del governo e di Macron non lasciava presagire alcun cambio di direzione, alcuna concessione se non per le loro forze dell’ordine, incoraggiate a suon di extra. È così che l’arroganza dell’ordine pubblico si è abbattuta brutalmente a monte dell’atto IV: arresti preventivi effettuati direttamente in casa di alcuni attivisti già schedati dell’ultra-destra e dell’ultra-sinistra. Eric Drouet, uno dei promotori del movimento e autorità simbolica presso i Gilets Jaunes, ha subito una perquisizione e un’azione legale. È accusato di organizzazione di manifestazioni non autorizzate e di incitamento all’invasione di terreni o edifici. Ricordiamo che, durate una diretta di BFMtv di metà settimana, ha invitato a «convergere su Parigi ed entrare all’Eliseo». Ne è conseguita una serie di annunci dissuasivi da parte del governo, tra cui anche l’utilizzo di mezzi blindati su Parigi, Bordeaux e Marsiglia. L’ufficio comunicazione dell’Eliseo — così come i sindacati di polizia — parlavano di possibili morti. 

L’8 dicembre sono stati 89mila i poliziotti dispiegati su tutto il territorio in occasione dell’atto IV, di cui 8500 a Parigi. Nuovo record di arresti, soprattutto preventivi, e 2000 custodie cautelari nella sola giornata di sabato. Il numero di feriti è impressionante: un’altra mano tranciata via da una granata e molte ferite da flashball. Se fino al primo pomeriggio la situazione era apparsa tranquilla in tutta Francia, c’è da dire che i dispositivi polizieschi impiegati a Parigi, Tolosa, Saint-Étienne e Bordeaux sono stati aggirati. Decine di barricate erette, automobili in fiamme e vetrine dei negozi di lusso in frantumi, danni materiali più consistenti di quelli provocati il 1º dicembre. Il potere non poteva più nascondersi dietro quest’evidenza: malgrado un dispositivo poliziesco di dimensioni inaudite, non è riuscito a contenere la rabbia sociale. Su questa scia, Macron ha annunciato un discorso alla nazione per il lunedì successivo, 10 dicembre. In poche parole, contrariamente ai suoi ultimi interventi, ha fatto alcuni concessioni: aumento (relativo) dello SMIC (Salario Minimo Orario) rivisitazione della CSG (Contribution Sociale Généralisée, la tassa di previdenza sociale), eccetera. Nel giro di poco tempo il suo discorso è stato decriptato e screditato, dal momento che non offriva in fondo che poche briciole. In questa quarta settimana di mobilitazione, non possiamo dire che l’operazione repressiva del weekend e le briciole sparse da Macron non abbiano sortito alcun effetto. Una delle iniziatrici del movimento, Jacqueline Moreaux, fa appello a una tregua, considerando gli annunci governativi come una vittoria. A livello mediatico, i principali canali televisivi parlano del movimento al passato, e delineano i tratti di una mobilitazione divisa e arrancante. 

L’attacco mosso da un uomo (afferente al movimento salafista e già schedato come minaccia alla sicurezza nazionale) ai mercatini di Natale di Strasburgo colpisce indirettamente il movimento. Sono molti i Gilets Jaunes che si abbandonano alla teoria del complotto, e il governo strumentalizza questo attacco invitando i Gilets Jaunes a terminare il loro movimento affinché le forze dell’ordine possano concentrarsi sulle priorità del terrorismo. La maggior parte dei Gilets Jaunes concretamente impegnati nelle azioni e attivi sulle piattaforme sociali tuttavia non demorde, e chiama all’atto V. Certi eventi facebook contano più partecipanti di quelli all’atto IV, e altri fanno appello al «milione di persone sugli Champs-Elysées». 

Speriamo che il movimento dei Gilets Jaunes ci sorprenda ancora. In parallelo, il movimento sta mostrando sempre più chiaramente alcune possibili forme di istituzionalizzione. Quella più in vista è la proposta del RIC (Referendum d’Initiative Citoyenne). Il RIC permetterebbe l’indizione di referendum su scala locale o nazionale sulla base del numero di firme raccolte per una determinata petizione. Il soggetto può andare dalle questioni «civiche» a quelle già radicali, fino alla rimozione di un eletto. Uno dei portavoce del movimento propone di abbandonare ogni altra rivendicazione per poter appoggiare unicamente il RIC. Sul piano teorico, notiamo come l’instaurazione di un dispositivo del genere potrebbe permettere al governo di farla finita con la mobilitazione. Allo stesso modo, osserviamo che il RIC conferma una volta di più le forme separate e isolate dell’agire politico, e favorisce nuovamente le classi politiche dotate dei mezzi per finanziare le proprie campagne, eccetera. 

Nel contesto attuale, non si tratta di rigettare questa nuova tendenza che attraversa il movimento sulla base di astratti principi politici, ma piuttosto di tentare di organizzare discussioni collettive a questo soggetto che possano prendere direzioni prevalentemente politiche. Per noi la direzione è chiara: 

  1. continuare ad agire per far durare questo momento d’eccezionalità che ci ha colti in questa fine d’anno altrimenti deprimente; 
  2. Seguire il processo di politicizzazione di massa in quest’opera di cambiamento del tessuto politico del paese negli anni a venire.