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Brasile: per una genealogia del presente

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Raccolta di articoli dall’estate 2013 per capire perché la sinistra non è la soluzione ma il problema

Nei primi due decenni del nuovo millennio la sinistra che ama definirsi radicale e buona parte dei “think tank” del cosiddetto “movimento” hanno celebrato il “laboratorio America Latina”. Alcuni vi hanno visto l’alba del socialismo del XXI secolo, altri la realizzazione di una dialettica progressiva tra governi e movimenti, senza più necessità di rotture rivoluzionarie. Tutti hanno sognato di poter importare questo modello, magari semplicemente per prenotare un posto in un futuro governo di sinistra pacificamente in rapporto con i movimenti. Allo sguardo esotizzante e orientalista con cui si è guardato a quel supposto “laboratorio”, in una sorta di riedizione tardo moderna di un terzomondismo di cui onestamente non sentivamo alcuna nostalgia, si sono così unite stucchevoli retoriche ideologiche o altrettanto stucchevoli giustificazioni per ricorrenti opportunismi.

Quando nel 2013 uno straordinario movimento mise radicalmente in discussione quel “laboratorio” nel Brasile del PT (all’epoca governato da Dilma Rousseff, rappresentante di quel Lula celebrato e santificato dalla sinistra nostrana) i tifosi italiani ed europei di quel modello ancora una volta non capirono niente. O ancor di più, si produssero in ridicole acrobazie: da un lato esaltavano il movimento brasiliano, senza il minimo interesse per capre di cosa si trattasse, da chi fosse composto, contro chi si battesse e che comportamenti esprimesse; dall’altro, continuarono a sostenere e difendere Dilma Rousseff e Lula, che si prodigavano ad accusare il movimento di essere fascista e reazionario. Ancora una volta, l’unica cosa che contava per i sinistri erano le proiezioni ideologiche, la difesa dei propri concetti e le recondite fantasie di poter un giorno occupare qualche poltroncina in un governo socialista e/o moltitudinario, popolare e/o biopolitico.

Da diverso tempo noi abbiamo seguito una strada differente, osiamo dire opposta. La strada più difficile, quella dell’inchiesta, perché porta lontano dalle fatue autorassicurazioni ideologiche e ci costringe ad avventurarci nei territori sconosciuti della composizione sociale realmente esistente. Lo abbiamo fatto con un metodo che dovrebbe essere scontato, ma purtroppo non lo è: chiedendo ai nostri compagni e compagne di UniNômade che vivono e militano in Brasile, che continuano a pensare autonomamente, che non sono stati corrotti dal governismo di sinistra e non si sono fatti travolgere dalle urla nevrotiche sul cosiddetto golpe fascista. Come potete vedere da questa raccolta di articoli che comincia dall’estate 2013, in presa diretta con il movimento Passe Livre, hanno puntualmente analizzato quello che stava succedendo e anticipato quello che poteva succedere. Hanno evidenziato potenza e ambivalenze della composizione sociale, si sono lucidamente soffermati su tendenze e campi di battaglia, hanno spiegato perché il sinistro frontismo democratico non è la soluzione ma è il problema. Fatte salve le ovvie differenze di contesto, le analogie con quello che accade alle nostre latitudini sono di grande importanza.

Un consiglio: rileggete con attenzione questi articoli. Potrete capire la genealogia del presente e perché ogni tendenza contiene in sé possibilità molto differenti e addirittura antagoniste. Potrete capire che il senno di poi non conta nulla, ma conta solo la capacità di anticipazione, di intervento e di inchiesta. Potrete capire perché il reale non è razionale, e bollare una certa composizione sociale come biopoliticamente (o biologicamente) reazionaria, significa costruire una profezia che si autoavvera. Potrete capire perché la sinistra è il nemico e comunque mai un alleato.

E ancora una volta per i sinistri frontisti nostrani e di altre latitudini, vale la risposta di Picasso all’ambasciatore nazista che chiedeva se quell’orrore del “Guernica” fosse opera sua: no, questo orrore è opera vostra.

 

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