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Questa volta il fuoco è nostro

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Un commento di Liz Mason-Deese sulle recenti mobilitazioni in Argentina per l’aborto libero

Ieri dopo una discussione andata avanti tutta la notte il Senato argentino ha respinto il progetto di legge per un aborto legale, sicuro e libero. La legge era stata approvata dalla Camera bassa del Congresso a giugno dopo un dibattito di 23 ore e una veglia all'esterno andata avanti per tutta la notte. Le centinaia di migliaia di persone radunate per strada hanno trasformato il quartiere che circonda il Congresso in un esperienza femminista: balli e canti per strada, cucinare in modo cooperativo, prendersi cura gli uni degli altri, condividere storie ed esperienze. È stato questo movimento femminista, questa forza trasversale e multigenerazionale che ha portato avanti la campagna per legalizzare l'aborto. È stato questo movimento femminista, questa forza trasversale e multigenerazionale che ha spinto avanti la campagna per legalizzare l’aborto e continuerà a farlo nonostante il voto del senato.

Come ha potuto un paese in gran parte cattolico con un governo di destra, terra d'origine dell'attuale papa, dar vita a un movimento femminista così forte? Un movimento femminista che è stato in grado di tenere insieme le molteplici forme di violenza che le donne subiscono, che ha saputo creare collegamenti tra le diverse lotte, ottenere un massiccio sostegno pubblico e che è stato soprattutto in grado di distribuire questa forza per le strade. Un movimento che è la convergenza di diversi movimenti: la Campagna nazionale per un aborto libero, sicuro e legale organizzata da oltre un decennio; l'Incontro Nazionale delle Donne, che si riunisce ogni anno da oltre trent'anni; le Madri, le Nonne e le Figlie del movimento per i diritti umani, il movimenti dei piqueteros e Ni Una Menos contro la violenza di genere.

Se il femminismo è stato a lungo associato agli interessi e i valori della classe media, l'attuale ondata femminista ha costruito un movimento multietnico e trasversale che mette al centro la relazione tra violenza fisica, violenza economica e violenza coloniale. Così la campagna per l'aborto legale, sicuro e libero ha insistito sul come la criminalizzazione dell'aborto significhi esporre le donne soprattutto quelle povere al rischio di morte a causa del ricorso a procedure non sempre sicure. 

Da anni Ni Una Menos collega direttamente la precarietà economica alla vulnerabilità delle donne, alla violenza maschile e alle idee sull'inferiorità e la subordinazione delle donne che stanno alla radice della violenza di genere. I tre scioperi femministi degli ultimi tempi sono stati lo strumento per evidenziare il rapporto tra violenza economica e altri tipi di violenza. Come ha sostenuto Verónica Gago:

Questo strumento [dello sciopero] ci ha permesso di collegare la violenza machista alla violenza politica, economica e sociale che deriva dalla complessa ma fondamentale logica delle attuali forme di sfruttamento, che stanno trasformando i corpi delle donne in nuovi territori da conquistare. Parlare di sciopero ci ha permesso di affrontare la violenza in modo nuovo, di individuare la violenza all’interno delle famiglie e nelle terre devastate dall'agrobusiness, nei divari salariali e nelle diverse forme di lavoro domestico e di mettere al centro l'importanza delle economie popolari femminili per affrontare la crisi. Abbiamo inoltre individuato la violenza nello sfruttamento finanziario legato all'indebitamento pubblico e privato e nei tentativi di disciplinare la nostra disobbedienza attraverso l’esplicita repressione dello Stato o la persecuzione dei migranti. Abbiamo visto la violenza nel modo in cui le donne più povere sono state imprigionate e in relazione a come sono state criminalizzate le economie di sussistenza e l’aborto.

Questo movimento femminista ha trovato alcune delle sue espressioni più forti e radicali nei territori urbani abitati della classe operaia, alcuni di quegli stessi territori in cui il movimento dei disoccupati è stato particolarmente forte alla fine degli anni Novanta. Ma se le donne hanno sempre rappresentavano un'ampia percentuale nelle organizzazioni dei disoccupati, la loro esperienza è stata, per molti versi, ambigua: spesso si sono viste negare ruoli di leadership o sono state relegate in compiti tradizionalmente "femminili". Eppure, quell'esperienza è servita anche come terreno di formazione per una nuova generazione di giovani attiviste delle classi popolari. Anni dopo, queste donne, molte delle quali erano solo adolescenti quando hanno partecipato ai loro primi blocchi stradali, sono ora leader della lotta contro la violenza di genere nel loro quartiere. Ad esempio, molte delle giovani donne già coinvolte nel movimento dei piqueteros stanno conducendo la campagna per legalizzare l'aborto e combattere la violenza di genere. Quando parlano delle loro mobilitazioni, citano esempi specifici di amiche in relazioni abusive o di vittime della violenza machista, e sottolineano l’importanza di aver trovato nel movimento dei disoccupati un riferimento e un’occasione importante per apprendere metodi di autodifesa e per sviluppare la fiducia in se stesse.

Il femminismo popolare di questo movimento, che si radica in lotte concrete e affronta questioni di riproduzione da un punto di vista materiale, trova fondamento nell’opportunità per le donne di parlare per se stesse, di raccontare le proprie storie a partire dalla propria collocazione, di diventare protagoniste della propria vita e di decidere sul proprio corpo. Questo è in netto contrasto con la Chiesa cattolica che pretende di rappresentare le donne, specialmente le donne povere, e di parlare a loro nome. I sacerdoti delle bidonville, personaggi come Padre Pepe, cercano di associare la campagna per l'aborto legale con le ingerenze delle potenze straniere, ignorando le donne che mettono a rischio la loro vita. Naturalmente, quei sacerdoti e la campagna antiabortista in generale, sono in gran parte finanziati dal Vaticano e da altri gruppi stranieri cattolici ed evangelici. 

Il carattere popolare e territoriale di questo movimento è stato il tratto distintivo della nuova ondata di lotta femminista che ha portato il Congresso ad affrontare il tema dell'aborto. Il movimento si basa su azioni concrete e indagini sui territori, su forme di ricerca militante relative alla vita delle donne, sulla violenza che subiscono e le pratiche di resistenza che creano. Attraverso assemblee e azioni che riuniscono donne provenienti da settori sociali diversi, con esperienze politiche diverse, di classi ed etnie diverse, il movimento femminista è cresciuto fino a diventare un movimento trasversale. Un movimento che attraversa diversi settori e diversi movimenti per trasformare il loro modo di operare dall'interno. 

Organizzando assemblee, spesso partecipatissime, riuniscono donne provenienti da esperienze diverse che, condividendo uno spazio e lavorando insieme, costruiscono una soggettività comune. Queste assemblee si moltiplicano: nei luoghi di lavoro, all’interno delle organizzazioni sindacali e politiche, nelle scuole, nei quartieri urbani nelle città e nelle aree rurali. Ci sono assemblee di artisti e scrittori, di musicisti, di insegnanti, di migranti. Queste assemblee permettono sia di tessere una nuova composizione politica, mentre le donne imparano a lavorare insieme e a costruire comunanze attraverso i loro incontri, sia di costruire un'analisi che colleghi la criminalizzazione dell'aborto ad altre forme di violenza e discriminazione di cui soffrono le donne.

La campagna per un aborto legale, sicuro e libero ha trovato fondamento in un movimento femminista forte, diversificato e trasversale che è stato in grado di dipingere l'intero paese di verde. Il verde, simbolo della campagna è visibile durante le partite di calcio, nei luoghi di lavoro, per strada, in autobus, negli ospedali. Per mesi, gli studenti delle scuole superiori hanno occupato le loro scuole con la richiesta dell’aborto legale e di una educazione sessuale completa.La discussione sull'aborto è arrivata nei sindacati e nelle organizzazioni di base e ha evidenziato i legami tra la violenza degli aborti clandestini ad alto rischio per la vita delle donne e gli altri tipi di violenza fisica ed economica che le donne subiscono. È attraverso il collegamento tra queste lotte che, come è stato testimoniato dallo sciopero internazionale femminista del 8 marzo, il movimento femminista è cresciuto fino ad essere una forza schiacciante in Argentina. Ecco perché, indipendentemente dal voto contrario del Senato, il movimento femminista sta già vincendo. E, come afferma Ni Una Menos in un appello a scendere in piazza lanciato all’inizio della settimana: "Se la legge non viene approvata, non lasceremo le strade e loro non potranno lasciare il palazzo del Congresso perché Aborto Legale è già legge nelle strade. Non ci lasceremo bruciare perché questa volta il fuoco è nostro".