Stampa

Il giovane Marx: immagine e concetto

on .

Un commento di Jason ReadIl giovane Marx di Raoul Peck 

Quando si supera lo shock iniziale di un film su Marx fatto nel 2017, la domanda successiva è quale Marx, o quale parte di Marx è stata messa sullo schermo? Il film di Raoul Peck dà una primo suggerimento dal titolo, Il giovane Marx, che questa storia sarà una storia sulla formazione di Marx, ma una formazione da cosa a cosa? Il film si apre con una scena che è più storica che biografica (e si chiuderà nello stesso modo): la telecamera segue un gruppo di contadini che raccolgono legna nella foresta, su quest’immagine c’è la voce di Marx che legge brani dei suoi Dibattiti sulla legge contro i furti di legna. Marx si concentra sulla distinzione tra legna verde e legna secca: la prima è tagliata dall’albero mentre la seconda viene soltanto raccolta, è caduta da sola e non appartiene più al proprietario dell’albero. Come sostiene Marx, c’è una differenza essenziale tra i due atti, una differenza che non si può nascondere chiamandoli entrambi furto. Appena le immagini sullo schermo ci mostrano la persecuzione dei raccoglitori di legna, le parole di Marx ci avvertono che «Voi non riuscirete a convincere con la forza: per voi c'è un ladro dove un ladro non c'è; così voi otterrete di mutare lo stesso delinquere in un fatto naturale. Voi avete confuso i confini, voi errate se credete di averli confusi solo nel vostro interesse». Poi vediamo una strada acciottolata con la scritta Colonia, Aprile 1843, vediamo la pagina che Marx legge e gli uffici della Rheinische Zeitung sotto assedio della polizia, i compatrioti di Marx, Bruno Bauer e Max Stirner, gli danno la colpa della loro persecuzione, ma  anche Marx si lamenta, insistendo sul fatto che gli scritti dei suoi collaboratori sono troppo vaghi, senza idee e concetti. Messe insieme queste due scene stabiliscono non solo il tono del film ma anche il suo problema centrale: come possiamo sostituire gli slogan con le idee e connettere queste idee con la forza e la lotta nella storia?

La prima scena, quella della repressione violenta della raccolta di legna nelle terre comuni è più un sottotesto che il testo. Le parole di Marx suggeriscono un limite allo sfruttamento e alla distruzione delle terre comuni, gli atti che la classe dirigente sembra fare nel proprio interesse in realtà la danneggiano scatenando rivolte. Non si torna su  quest’idea nel film, che però risponde un po’ alla domanda, “Perché Marx oggi?”.  La storia recente è marcata dall’enclosure di tutti i commons, dalla natura fino alla conoscenza, e dalla ridefinizione di ogni attività, dalla formazione alla vita sociale, nell’interesse dei proprietari dei mezzi di produzione. La resistenza inevitabile non è ancora sorta, almeno non su larga scala, ma l’idea che ci possano essere limiti allo sfruttamento, che la ricerca senza fine di valore possa essere negata, è forse l’idea marxista della speranza.

È  la seconda scena che definisce molto del film. La lotta del giovane Marx non si definisce contro l’influenza di Hegel o di Feuerbach, ma è una lotta che produce concetti invece che slogan. Il film si concentra non  tanto sullo sviluppo filosofico di Marx, ma sul suo sviluppo politico, mettendo in primo piano le battaglie con il socialismo francese e la Lega dei Giusti. O, più precisamente, si presenta Marx come uno che vuole fare politica filosoficamente e filosofia politicamente, mettendole insieme attraverso una critica della società e della storia.

Tre scene provano a illustrare, questo lavoro del concetto. A un’assemblea di lavoratori in Francia, Marx fa una lezione in cui spiega l’idea che la forza lavoro è una merce, una merce che si deve vendere per vivere. Un disturbatore dal pubblico urla che ci saranno sempre padroni e lavoratori e Marx gli risponde che bisogna “sempre storicizzare” e che “ci sarà sempre” è una nozione fondamentalmente borghese. Cambiamento e trasformazione sono i fondamenti della storia. Nella seconda scena, Marx spiega al proprietario di una fabbrica che non sarà la società a crollare ma i rapporti di produzione esistenti, se i capitalisti non possono più fare profitto. Ma anche in questa scena si perde la definizione del concetto e ciò che in esso è in ballo.  Queste due scene ci suggeriscono alcuni dei principi fondamentali del pensiero di Marx, cioè la storia come processo di cambiamento e trasformazione e il concentrarsi sui rapporti di produzione invece che sulla nozione moralista di società, fornendo uno schizzo del concetto di “modo di produzione”, ma lo fanno in maniera pedagogica. C’è una difficoltà fondamentale in queste scene: sono troppo brevi e troppo piene di concetti e idee imprecisate e funzionano come strizzate d’occhio alla gente giusta, indecifrabili per gli altri: come dice il proprietario della fabbrica “rapporti di produzione” suona “ebreo”. Sono discorsi troppo lunghi e rischiano di fare del film una lezione filmata.  Ma ci sono alcune eccezioni, una terza scena “concettuale” in cui Karl e Jenny Marx spiegano a Proudhon che la sua famosa frase  “la proprietà è un furto” è un’immagine che si morde la coda e che non sta in piedi quando ci si riflette bene. In questa scena il concetto non è solo detto ma sviluppato in modo che concetto e personaggio sono rivelati allo stesso tempo. Comprendiamo il conflitto tra Marx e Proudhon e abbiamo anche un senso del rapporto di Marx con la moglie Jenny. È una scena breve e dedicata più a distruggere lo slogan vago di Proudhon che a creare un concetto, ma vale la pena notarla per il modo in cui lega insieme l’idea sulla pagina e i personaggi sullo schermo.

Buona parte del film è dedicata non solo al rapporto tra Marx e Jenny ma anche al rapporto tra Engels e sua moglie Mary Burns. Il fatto che tutti e due i matrimoni attraversano in un senso le classi, mettendo insieme individui dai background diversi, specialmente nel caso di Engels, è affrontato ma non è mai sviluppato aldilà di certi cliché romantici sul ragazzo ricco e la ragazza che viene dai bassi fondi nel caso di Engels, e in  modo simile il matrimonio tra Karl e Jenny è affrontato solo attraverso una seria di riferimenti alla famiglia benestante di lei e a Marx dipinto come un poco di buono. Il problema non è solo che questi cliché romantici sono deludenti: ci si potrebbe  chiedere cosa potrebbe fare un’analisi marxista più contemporanea con l’intreccio tra classe e genere. Il film suggerisce solamente invece di sviluppare la nozione di quello che il pensiero marxista, il comunismo, potrebbe significare per la riorganizzazione non solo dei rapporti di produzione nella fabbrica ma anche dentro la famiglia. Fare questo significa andare aldilà dei limiti del pensiero marxista, ma non necessariamente aldilà del marxismo.

Altro tema dominante del film è la scrittura del Manifesto del partito comunista e la sostituzione dello slogan vago “Tutti gli uomini sono fratelli” con “Proletari di tutto il mondo unitevi!”: il primo è fondato su un moralismo vago, il secondo su un concetto di storia, di modo di produzione e società. Il film finisce com’era iniziato, con le parole di Marx lette su scene di proletari in tutto il mondo, montate con scene della stampa e distribuzione del Manifesto. Seguendo la logica del film le parole sono ora più precise, più concettuali, chiarendo il ruolo della storia, la lotta e lo sfruttamento nel farsi del mondo. C’è stata una vittoria, Marx e Engels sono riusciti a sostituire la critica moralizzante dei socialisti con una critica del Capitale, gli slogan sono stati sostituiti con i concetti. Ma purtroppo il film ci offre poco per chiarire perché questi concetti sono ancora rilevanti e significativi oggi, finendo con un montaggio di figure e momenti storici da Che Guevara al Maggio ’68 a Nelson Mandela. Tutte queste immagini suggeriscono che c’è un modo per connettere i concetti e le masse, le idee e la politica, che una tale connessione era una volta possibile. L’unica domanda che rimane è come possa accadere di nuovo, ma questo è più di ciò che un film possa fare.