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Ultras, la storia di un movimento

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Liucs recensisce “I ribelli degli stadi” di Pierluigi Spagnolo

Approcciarsi a un libro che parla di ultras, della loro storia e della loro fenomenologia non è mai semplice; come spesso accade per ogni movimento che esprime tensioni a incrinare lo stato delle cose, si tende a prendere per buono quello che è il pensiero della cultura dominante. Una cultura dominante che da sempre demonizza questo movimento perché insubordinato e ribelle alle imposizioni che gli vengono imposte, capace di permettere a faccendieri, delinquenti e speculatori di far parte del mondo del calcio, portandolo a degenerazioni, fallimenti e rovine, in nome solo dei soldi.

La differenza rispetto a molti altri movimenti è che quello ultras, con i suoi pregi e i suoi difetti, resiste, rimane rigido sulle sue posizioni ed è capace di contrattaccare. Ne sono un esempio gli ultimi avvenimenti in ambito di restrizioni sportive, dove la lotta contro la tessera del tifoso, la lotta al diritto a tifare, sta portando i primi risultati. Vero, certi passaggi istituzionali, in quanto chi scrive è egli stesso ultras e studioso di questa cultura, non sono personalmente condivisibili, ma i fatti stanno mostrando che sono stati necessari, come necessaria, difficile e ricca di sacrifici è stata la lotta di quelle curve che per anni hanno rinunciato a tesserarsi, facendo una scelta di campo: la lotta a sostegno del proprio ideale.

In mezzo a questa eterno conflitto, agli inizi del 2017 è uscita una nuova pubblicazione che indaga, racconta e interroga il mondo ultras: I ribelli degli stadi. Una storia del movimento ultras italiano, scritto da Pierluigi Spagnolo, con prefazione di Enrico Brizzi, edito dalla casa editrice bolognese Odoya. Un libro che dopo tanti saggi sociologici, antropologici e d’inchiesta, prova con umiltà a mettere in fila la storia di un movimento alle soglie dei cinquant’anni, sempre presente, nonostante i grandi cambiamenti sociali di questo paese. Un libro che, attraverso la cronistoria del movimento ultras raccoglie ogni suo aspetto: sociale, goliardico, culturale, violento e drammatico.

Attraverso la narrazione divisa nei decenni che hanno caratterizzato la storia degli ultras, è capace di mettere in luce la crescita di questo movimento, i suoi alti e bassi, anche attraverso l’aspetto visivo. È infatti un libro ricco di immagini vecchie e nuove di striscioni che resistono al tempo e altri oramai lasciati in cantina o meglio ancora sottratti alla tifoseria rivale: immagini di scontri, di gemellaggi e di vita quotidiana dell’essere ultras.

Una storia che come ben sappiamo è stata caratterizzata anche da momenti molto tristi e violenti. Perché la violenza, come quella celata nei rapporti sociali tra classi, è parte intrinseca di questa cultura, e non è mai stata negata ipocritamente come ben altri soggetti sociali, politici ed economici dominanti fanno. Violenza ingovernabile che ha visto una forte reazione, una volta raggiunto il suo apice, degli apparati produttori di senso comune e disciplinamento: prima i media e poi lo Stato hanno messo in piedi campagne denigratorie, diffamanti e repressive verso gli ultras. Nel tempo lo stadio si trasforma in un vero e proprio laboratorio di sperimentazione della repressione e I ribelli degli stadi ha la capacita di mettere in ordine cronologico queste sperimentazioni; tentativi, applicazioni ed evoluzioni repressive che poi ci siamo ritrovati a subire nella vita quotidiana, nelle piazze, nelle strade, sui posti di lavoro, nei centri per migranti e in tutti i luoghi dove le masse sperimentano le proprie espressioni di vita collettiva.

L’autore ha la capacità di non dimenticare chi ha deciso, dopo anni di lotte contro il «calcio moderno», di farsi da parte e di ricominciare da categorie inferiori con l’obiettivo di tornare al modo di tifare sano di una volta, attraverso la nascita del cosiddetto «calcio popolare». Squadre sorte dal nulla per iniziative dal basso, capaci di coniugare calcio e socialità e perché no, lotte politiche.

In ultimo, e questo va ad arricchire il libro di un aspetto spesso dimenticato, l’autore affronta come letteratura, musica e cinema si siano rapportati e affiancati al mondo degli ultras. Su questo mondo sono state scritte canzoni, girati film e scritti libri di grande spessore non solo intellettuale ma anche artistico e ludico, entrati a far parte della cultura popolare. Questo significa che il nostro agire quotidiano, il vivere da ultras, qualcosa è riuscito a fare nella società e nel mondo dei subalterni, e sappiamo bene che continuerà a fare.

Avanti ultras!