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Una strategia e tre tattiche per la rivoluzione in Deleuze e Guattari. I proletari, le minoranze e l’uomo

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Yoshiyuki Sato e Jun Fujita presentano le tesi essenziali del loro libro sulla filosofia politica di Deleuze e Guattari

Presentiamo, in questo testo, le tesi essenziali del nostro libro, Tre rivoluzioni: Filosofia politica di Deleuze e Guattari (Kodan-sha, Tokyo, 2017).

Gilles Deleuze e Félix Guattari scrivono i loro tre libri principali, cioè L’anti-Edipo (1972), Mille piani (1980) e Che cos’è la filosofia? (1991), sotto una stessa questione fondamentale: come minare il capitalismo, o come far saltare i congegni dell’assiomatica capitalistica mondiale. E ne propongono una sola strategia, invariante attraverso i tre libri: il divenire-rivoluzionario di tutti. Ma la tattica che concepiscono è ogni volta differente, e ciascuna consiste nel determinare sotto la congiuntura un agente centrale del processo rivoluzionario: i proletari nella loro lotta di classe (L’anti-Edipo), le minoranze nella loro lotta intorno agli assiomi (Mille piani), e l’«uomo» nella sua filosofia politica (Che cos’è la filosofia?).

Certo, né la lotta di classe, né la lotta intorno agli assiomi, né la filosofia politica sono in sé un divenire. Nell’anti-Edipo, Deleuze e Guattari affermano: «È sin troppo evidente che la sorte della rivoluzione è legata unicamente all’interesse delle masse sfruttate e dominate. Ma il problema riguarda la natura di questo legame, come legame causale determinato o come legame d’altro tipo» (AE433-434[1]). Questo «problema» rimarrà centrale in Mille piani come in Che cos’è la fiolosofia?. I proletari, attraverso la loro lotta per comporsi come una classe (il proletariato), devono riterritorializzarsi su un divenire-fuori-classe, ossia su un divenire-schizo (L’anti-Edipo). Le minoranze, nella loro lotta per farsi riconoscere come dei sottoinsiemi della maggioranza, devono riterritorializzarsi su un divenire-minoritario (Mille piani). L’uomo, nella sua filosofia che si politicizza davanti alle vittime o agli «animali», deve riterritorializzarsi su un divenire-animale (Che cos’è la filosofia?). Il divenire-schizo, il divenire-minoritario e il divenire-animale sono le tre varietà che Deleuze e Guattari hanno proposto del divenire-rivoluzionario universale nel corso dei loro vent’anni di collaborazione.

L’anti-Edipo: i proletari e il divenire-schizo

L’anti-Edipo, pubblicato in 1972, non è un libro sul maggio del ‘68, contrariamente a ciò che alcuni commentatori ci fanno credere: Deleuze e Guattari non consacrano nemmeno una pagina all’analizzare quell’evento contemporaneo del loro libro. La loro analisi verte, invece, sulla lotta di classe condotta dai proletari con il loro partito, e sulla Rivoluzione russa in particolare. Se c’è tuttavia qualcosa di sessantottesco nell’anti-Edipo, lo possiamo trovare nel fatto che gli autori trattano la lotta proletaria dal punto di vista del desiderio. Il desiderio, desiderio inconscio, è quello la cui produttività politica è stata scoperta nel ‘68. Esaminare le lotte d’interesse dal punto di vista del desiderio, ossia, diagnosticare gli investimenti inconsci di desiderio nei controinvestimenti preconsci d’interesse, ecco ciò a cui Deleuze e Guattari danno il nome di «schizoanalisi».

Nell’anti-Edipo, le « masse sfruttate e dominate » sono chiaramente identificate con i proletari. Il libro è scritto davanti a loro, che non cessano di lottare per bipolarizzare la società di classe borghese in modo da imporsi loro stessi come una «classe» in pieno, i cui essere e interesse oggettivi sono politicamente determinati, cioè rappresentati dal partito e/o dallo Stato. Ma i proletari, impegnandosi nel produrre un tale «taglio leninista», creano o incontrano necessariamente un problema rispetto alla sorte della loro lotta: «O il proletariato ha il sopravvento conformemente al proprio interesse oggettivo, ma queste operazioni hanno luogo sotto la dominazione della sua avanguardia di coscienza o di partito, cioè a vantaggio d’una burocrazia e d’una tecnocrazia che stanno per la borghesia come “grande assente” ; oppure la borghesia conserva il controllo dello Stato, salvo a secernere la propria tecno-burocrazia, e soprattutto ad aggiungere qualche assioma in più per il riconoscimento e l’integrazione del proletariato come seconda classe » (AE291). Ciò vuol dire che, dal taglio leninista come «taglio preconscio d’interesse», non potrebbe risultare nient’altro che la riproduzione dei limiti interni del capitalismo su scala allargata, sia sotto forma di un capitalismo monopolistico di Stato nel socialismo, sia sotto forma di un riformismo socialdemocratico nei paesi che rimangono capitalistici.

Secondo Deleuze e Guattari, facendo fronte a tale «taglio di taglio» capitalistico, i proletari si obbligano a entrare in una pratica schizoanalitica, attraverso la quale si orientano loro stessi verso un taglio di taglio d’altro tipo, cioè verso un «taglio inconscio di desiderio», il solo capace d’imporre all’assiomatica capitalistica il limite esterno assoluto e, con ciò, di far precipitare la società di classe borghese in una società di fuori-classe, società schizoide. «L’attualizzazione di una potenzialità rivoluzionaria si spiega meno per lo stato di causalità preconscio nel quale è tuttavia compresa, che per l’effettività di un taglio libidinale a un momento preciso, schiza la cui sola causa è il desiderio» (AE435). Se è vero che solo il taglio inconscio di desiderio, ossia la riterritorializzazione dei proletari su un divenire-schizo universale, produce il limite che l’assiomatica capitalistica non può sopportare, non è meno vero che questa «schiza» inconscia si effettua solo nello «stato di causalità preconscio», cioè nel legame causale con l’interesse oggettivo dei proletari, a costo di dover rompere questo medisimo legame: la lotta di classe proletaria condiziona il divenire-fuori-classe universale.

La contrapposizione che si stabilisce dal punto di vista dell’interesse preconscio tra «classe» e «fuori-classe» si traduce in quella tra «gruppo assoggettato» e «gruppo-soggetto», quando si adotta il punto di vista del desiderio inconscio. Questa contrapposizione propriamente schizoanalitica è stata inizialmente concepita da Félix Guattari negli anni ‘60, attraveso una rilettura della Psicologia delle masse e analisi dell’io di Freud (1921) sotto una forte influenza sartriana[2]. Deleuze e Guattari, nell’anti-Edipo, riesaminano la lotta di calsse proletaria dal punto di vista del desiderio e la descrivono in termini di « gruppo »: « Un gruppo rivoluzionario quanto al preconscio rimane un gruppo assoggettato, anche se conquista il potere, nella misura in cui continua ad asservire ed a schiacciare la produzione desiderante. […] Un gruppo-soggetto, al contrario, è quello i cui investimenti libidinali sono in sé rivoluzionari […]. Un gruppo rivoluzionario può aver già assunto la forma di un gruppo assoggettato, ed essere tuttavia indotto, in certe condizioni, a svolgere ancora il ruolo di un gruppo-soggetto » (AE400). Dal punto di vista schizoanalitico, tutta la formazione di classe si definisce come gruppo assoggettato. Un gruppo assoggettato può essere sia rivoluzionario sia reazionario, ma solo un gruppo assoggettato rivoluzionario, formato da un taglio preconscio d’interesse, può trasformarsi in un gruppo-soggetto nell’operare un taglio inconscio di desiderio, e ciò, secondo Deleuze e Guattari, perché un gruppo rivoluzionario sempre vive dall’interno il suo stato d’assoggettamento come problematica, perlomeno virtualmente. In altre parole, un taglio leninista non si produce senza produrre simultaneamente un taglio di taglio inconscio rivoluzionario tendenziale, ed è per una pratica schizoanalitica che un gruppo rivoluzionario preconscio si determina seguendo questa propria tendenza interna.

Il gruppo assoggettato e il gruppo-soggetto si dintinguono l’uno dall’altro per il modo d’investimento libidinale inconscio: un gruppo assoggettato, che sia reazionario o rivoluzionario, è definito dal suo investimento libidinale paranoico, mentre un gruppo-soggetto, dal suo investimento libidinale schizoide. «L’investimento paranoico e l’investimento schizoide sono come due poli opposti dell’investimento libidinale inconscio, di cui uno subordina la produzione desiderante alla formazione di sovranità e all’insieme gregario che ne deriva, e l’altro effettua la subordinazione opposta, rovescia la potenza e sottomette l’insieme gregario alle molteplicità molecolari delle produzioni di desiderio» (AE432). Abbiamo ormai una definizione chiara di quello che Deleuze e Guattari chiamano «taglio inconscio di desiderio»: condizionato dal taglio preconscio d’interesse, e determinato attraverso la pratica schizoanalitica, il taglio inconscio di desiderio consiste nel rovesciare la subordinazione paranoica della produzione desiderante all’interesse di classe ed alla rappresentazione cosciente partitica o statale che esso esige di sé, e, con ciò, nel rovesciare la sottomissione delle molteplicità molecolari di desiderio all’insieme molare di classe. Come vedremo più tardi, per Deleuze e Guattari, è sempre con tale rovesciamento che un gruppo si riterritorializza su un gruppo-soggetto, ossia su un divenire-rivoluzionario universale: non solo i proletari, su un divenire-schizo, ma anche le minoranze, su un divenire-minoritario, e l’uomo, su un divenire-aminale.

Scritti per l’anti-Edipo: la schizoanalisi

Al fine di discernere meglio ciò che Deleuze e Guattari inendono per «schizoanalisi», facciamo una deviazione prima di passare a Mille piani. Félix Guattari, nei suoi Scritti per l’anti-Edipo, spiega ciò in cui consiste il compito della schizoanalisi, proponendo un’ipotesi secondo la quale esistono tre modi differenti d’articolazione del desiderio nel processo di soggettivazione:

La connessione desiderante cammina termine a termine […].

La congiunzione antiproduttiva biunivocizza le connessioni. Abbiamo allora un significante e un significato, le catene connettive sono appuntate l’una all’altra (ruolo del differenziante fallico, del soggetto).

La terza articolazione disgiuntiva: è il rovescio della congiunzione, il ritorno alla «scarica a terra» desiderante. Non c’è soggetto dell’enuciato, ma ci sono degli agenti collettivi dell’enunciazione (riterritorializzazione d’artificio). […]

Infatti ci sono degli agenti improduttivi collettivi strutturali dell’enunciazione. La questione della schizoanalisi è quella di fare che questi agenti entrino loro stessi nel processo di produzione, lascino l’antiproduzione. (EAŒ42-43[3])

La prima articolazione è la connessione dei flussi di desiderio, nella quale il soggetto non è ancora formato. La seconda articolazione è la biunivocizzazione antiproduttiva delle connessioni desideranti, che mette in congiunzione la catena significata e la catena significante, e, il soggetto dell’enunciato e il soggetto dell’enunciazione. «Se c’è sincretismo tra il soggetto dell’enunciato e il soggetto dell’enunciazione […], il soggetto dell’enunciazione è stato ripiegato sull’enunciato. […] L’enunciato fa la legge. Produce un soggetto astratto che doma le situazioni, che aliena a sé le macchine desideranti e che proietta in esse un soggetto immaginario e molare dell’enunciazione» (EAŒ49). La seconda articolazione corrisponde quindi alla formazione del soggetto assoggettato. L’assoggettamento significa la divisione tra il soggetto simbolico (soggetto dell’enunciato legale) e il soggetto reale (soggetto dell’enunciazione), e la subordinazione del reale (l’inconscio) al simbolico (la legge sociale), effettuate ambedue dalla funzione del «fallo» lacaniano, segno della rinuncia della soddisfazione del desiderio. Come effetto del potere sociale, il soggetto introietta e introduce la legge sociale e simbolica, ed arriva a domare il proprio inconscio. Con questo meccanismo si producono dei soggetti trascendentali autonomi e docili, che formano degli agenti collettivi improduttivi dell’enunciazione (gruppi assoggettati).

Il compito della schizoanalisi risiede nel creare una terza articolazione, capace di mettere il soggetto dell’enunciazione in disgiunzione con il soggetto dell’enunciato legale in modo da annullare quest’ultimo, e di produrre, con ciò, gli agenti collettivi produttivi dell’enunciazione (gruppi-soggetti), cioè le molteplicità trasversali che si sottomettono  solo all’inconscio produttivo. Guattari considera la terza articolazione come un ritorno «artificiale» alla prima articolazione, nel quale il soggetto dell’enunciazione si desterritorializza in – o, si riterritorializza su – una connessione desiderante produttiva. La disgiunzione non è quindi semplicemente una congiunzione paranoica rotta, ma piuttosto una connessione schizofrenica artificialmente ristabilita, cioè il divenire-schizo come « schizoidizzazione del desiderio » (EAŒ45). L’articolazione disgiuntiva leva così la repressione antiproduttiva del desiderio, annulla il raddopiamento trascendentale del soggetto, produce dei soggetti puramente immanenti, e costruisce un «piano di consistenza», su cui essi si connettono in maniera trasversale e formano gruppi sovversivi: «La terza articolazione non può essere nell’ordine della soggettività individuale ma dell’enunciazione sociale. L’individuo è un’escrescenza intollerabile che occorre ripiegare sulla schiza del soggetto (dualistico). È qualcosa che “oltrepassa”, è qualcosa che funziona, nel capitalismo, solo quando è castrato. […] Al contrario, l’emergenza artificiale, rivoluzionaria, di un agente collettivo dell’enunciazione può far capo ad una sovversione dell’ordine capitalistico e promuovere questa terza articolazione come superficie di transcorsività del desiderio» (EAŒ50-51).

Negli Scritti per l’anti-Edipo, Guattari ha così concepito una procedura di annullamento del soggetto dell’enunciato legale (il grande Altro o l’istanza trascendentale), e di formazione della collettività connettiva, molteplice e trasversale degli schizi, soggetti dell’immaneza pura. È questa procedura che Guattari ha chiamato «schizoanalisi» riferirendosi alla definizione lacaniana della schizofrenia (forclusion o reiezione del grand’Altro) [4]. E questa schizoanalisi guattariana prefigura perfettamente quella che sarà proposta nell’anti-Edipo. La schizoanalisi non è un’analisi neutrale, bensì teleologica, con una « finalità » ben determinata, che consiste nel trasformare gli agenti collettivi improduttivi dell’enunciazione (gruppi assoggettati, paranoici e gerarchici) in agenti collettivi produttivi dell’enunciazione (gruppi-soggetti, schizoidi e trasversali), la cui produzione desiderante costituisce il limite assoluto alla riproduzione dell’assiomatica capitalistica. È in questa qualità che la schizoanalisi, in Deleuze e Guattari, non dipende da una tattica specifica, ma dalla strategia generale che traversa tutti i tre volumi.

Mille piani: le minoranze e il divenire-minoritario

Nell’epoca della preparazione e della pubblicazione dell’anti-Edipo, Deleuze e Guattari credevano alla centralità dei proletari nel processo anticapitalista sovversivo, che erano considerati come il «tramite attivo» (MP405[5]) del divenire-rivoluzionario di tutti. Non sarà più così in Mille piani, pubblicato nel 1980. Se la tattica proposta nell’anti-Edipo era imperniata sulla contrapposizione tra il borghese e il proletario, quella proposta in Mille piani s’impernia su una nuova contrapposizione, cioè quella tra la maggioranza e le minoranze. Perché questo cambiamento di tattica? Esso è stato suscitato da una mutazione congiunturale mondiale, che è diventata pienamente osservabile a partire dalla metà degli anni ‘70.

Molti autori ritengono […] che l’asse Nord-Sud, centro-periferia, sia oggi ancor più importante dell’asse Ovest-Est, e anzi principalmente lo determini. È ciò che esprime una tesi corrente, ripresa e sviluppata da Giscard d’Estaing: quanto più le cose si equilibrano al centro tra l’Ovest e l’Est […], tanto più si squilibrano o “destabilizzano” dal Nord al Sud, destabilizzando l’equilibrio centrale. È chiaro che, in queste formule, il Sud è un termine astratto che designa il Terzo Mondo o la periferia; ed anche che ci sono Sud e terzi mondi interni al centro. È chiaro inoltre che questa destabilizzazione non è accidentale, ma è una conseguenza (teorematica) degli assiomi del capitalismo, e principalmente dell’assioma detto dello scambio ineguale, indispensabile al suo funzionamento. (MP646)

Se i proletari si sono imposti come una classe nel campo sociale, la loro lotta non è tuttavia andata più avanti: il capitalismo ha ben saputo integrare e stabilizzare la bipolarità di classe antagonistica (Ovest-Est) determinata dai proletari, creando nuovi assiomi socialdemocratici. Ebbene, Deleuze e Guattari qui sostengono che la creazione di tali assiomi stabilizzanti non si fa mai senza produrre allo stesso tempo degli assiomi complementari. Per stabilire un patto socialdemocratico, ossia un new deal con i proletari, l’assiomatica capitalistica ha introdotto un nuovo squilibrio, secondo un nuovo asse, cioè quello Nord-Sud, centro-periferia, maggioranza-minoranze. Il patto si è stabilito al Nord tra l’Ovest e l’Est, tra la borghesia e il proletariato, esternalizzando così verso i Sud lo scambio ineguale come tutte le aporie democratiche (i problemi irresolubili all’interno di una democrazia). In altre parole, se il capitalismo ha riconosciuto una maggioranza al centro, lo ha fatto  moltiplicando delle minoranze (complementari), e ciò, non solo alla periferia, ma anche nel seno stesso del centro, sotto forma di «enclavi» (le donne, gli immigrati, le minoranze etniche, i precari,  gli LGBT, ecc.).

Questa nuova congiuntura determina un nuovo ciclo di lotte, con una nuova centralità tattica, centralità delle minoranze. Non essendo più identificati con i proletari, gli «anelli più deboli» della catena capitalistica si sono spostati verso le minoranze in maniera definitiva. Cio che Deleuze e Guattari avevano sotto gli occhi durante la preparazione di Mille piani, era, infatti, il sollevamento delle minoranze che rivendicavano gli assiomi dello scambio eguale e dei diritti democratici, cioè la comparsa di quelli che i sociologi di allora denominavano «nuovi movimenti sociali» per distinguerli dai movimenti operai tradizionali.

In Mille piani, Deleuze e Guattari dicono: «La potenza di minoranza, di particolarità, trova la sua figura o la sua coscienza universale nel proletario» (MP651). Ciò vuol dire che le minoranze, nella loro lotta intorno agli assiomi, cercano di farsi contare come dei sottoinsiemi (particolari) della maggioranza proletaria (universale). Ma lì, le minoranze urtano contro un muro inevitabile: la loro propria esperienza le avverte che nell’assiomatica capitalistica, la riterritorializzazione di una minoranza su uno stato di maggioranza, su un «isolotto» maggioritario, non si farà mai senza produrre un nuovo squilibrio da qualche parte altra, cioè senza produrre nuove minoranze sfruttate e dominate. In altre parole, le minoranze non si aboliranno mai pure con la loro conquista degli assiomi socialdemocratici maggioritari, ossia con la produzione di un taglio preconscio d’interesse: «In generale, nemmeno l’integrazione, sia pure con assiomi, statuti, autonomie, indipendenze, fornisce ormai una soluzione al problema delle minoranze» (MP651). È questo «problema», conguinto con l’incapacità assoluta dell’assiomatica capitalistica a risolverlo, che spinge ogni minoranza a mettere in causa l’assiomatica mondiale nella sua totalità, e a produrre un taglio di taglio, taglio inconscio di desiderio, in modo da riterritorializzarsi, non più su uno stato di maggioranza particolare, ma su un divenire-minoritario universale, nel quale si coinvolgono o s’immischiano tutte le altre minoranze e soprattutto la maggioranza. E quando tutti si deterritorializzano così in un divenire-minoritario, l’assiomatica capitalistica ed il suo sistema di ridistribuzione continua dei flussi tra maggioranza e minoranza non possono più funzionare. Ecco come le minoranze prendono il ruolo di «tramite attivo» del processo rivoluzionario nell’epoca in cui i proletari non lo assumono più.

Che cos’è la filosofia?: l’uomo e il divenire-animale

Dopo di aver chiesto «che cos’è il proletario?» (L’anti-Edipo) poi «che cos’è la minoranza?» (Mille piani), Deleuze e Guattari pongono una nuova domanda: «che cos’è la filosofia?». Perché è la fiolosofia che si trova al cuore del loro ultimo lavoro, pubblicato nel 1991? All’inizio del libro, gli autori si spiegano dicendo la vecchiaia è venuta per loro come l’ora per chiedersi che cos’è la fiolosofia. Ma si comprenderà che hanno tutt’altra ragione, una ragione politica, se si legge questo passaggio fondamentale: « Quale socialdemocrazia non ha dato l’ordine di sparare quando la miseria è fuoriuscita dal suo territorio o dal ghetto? » (CF101[6]).

Deleuze e Guattari dicono qui qualcosa che non si sono mai permessi di dire prima: la maggioranza spiega le proprie forze repressive quando le minoranze si deterritorializzano per riterritorializzarsi su degli stati di maggioranza. Ciò vuol dire che la maggioranza non lascia più lottare le minoranze per gli assiomi socialdemocratici: esse sono ormai condannate a rimanere nella loro miseria senza poter uscire fuori; sono diventate pure «vittime». Ecco una nuova congiuntura, di fronte alla quale Deleuze e Guattari si sono trovati al momento della preparazione di Che cos’è la filosofia?, cioè alla fine degli anni ‘80. Questa nuova congiuntura è, come  sappiamo, quella in cui l’universalità della figura proletaria  è stata liquidata in seguito al crollo del socialismo, con la neutralizzazione totale dell’impatto universale della Rivoluzione russa.

Che cos’è la filosofia? è stato scritto nel momento in cui non si poteva più sostenere la centralità delle minoranze, ed è per ciò che gli autori cercano nella filosofia una nuova centralità tattica per il processo rivoluzionario: si tratta della politicizaazione della filosofia davanti alle minoranze ormai condannate allo stato di vittima, assimilabile a quello di un animale in agonia o sotto esecuzione. Quest’animalizzazione delle minoranze, nella nuova congiuntura, obbliga Deleuze e Guattari a riformulare la contrapposizione che hanno stabilito in Mille piani tra maggioranza e minoranza. La contrapposizione si presenta ora in termini di «uomo» e di «animale»: la filosofia diventa politica quando un uomo pensa davanti ad un animale. Ed è in questo senso che Deleuze e Guattari comprendono la ragione per cui la filosofia politica contemporanea compare prima con il concetto di diritti dell’uomo, alla maniera di una ONG umanitaria: la filosofia, politicizzata davanti agli animali, si riterritorializza in un’utopia panumanistica, nella quale si universalizzano i diritti dell’uomo, o meglio, il diritto di essere un uomo, diritto all’uomo.

Ma lì, secondo Deleuze e Guattari, la filosofia incontra un problema, così inevitabile come quelli che i proletari e le minoranze hanno conoscuito nelle loro lotte rispettive: il Nord può godere dei diritti dell’uomo, in quanto spara e reprime quando i Sud rivendicano i medessimi diritti. L’esistenza dell’animale è la condizione dei diritti dell’uomo, anzi quella dell’uomo tout court, cosicché l’universalità dei diritti dell’uomo non sarà mai d’immanenza ma sempre di trascendenza: «È necessaria molta innocenza, o furbizia, per una filosofia della comunicazione che pretenda di restaurare la società degli amici, o anche dei saggi, formando un’opinione universale come “consenso” capace di moralizzare le nazioni, gli Stati e il mercato. I diritti dell’uomo non dicono nulla sui modi di esistenza inmanenti dell’uomo provvisto di diritti» (CF101). È al rimettere in questione i diritti dell’uomo che la filosofia devia verso un altro modo di politicizzazione, che consisterà in questo: quando l’uomo, davanti agli animali che muoiono nella loro miseria, prova la «vergogna di essere un uomo», cioè la vergogna di essere maggioritario o di scendere a compromessi ignobili con l’assiomatica capitalistica per la propria sopravvivenza, la filosofia si riterritorializza, non più sull’universalizzazione del diritto di essere un uomo, ma su un divenire-animale universale: «Noi non siamo responsabili delle vittime, ma davanti alle vittime. E per sfuggire all’ignobile non resta che fare come gli animali (ringhiare, scavare, sogghignare, contorcersi): il pensiero stesso è talvolta più vicino all’animale che muore che non all’uomo vivo, anche se democratico» (CF102).

Ciò detto, si obietterebbe che il concetto del divenire-animale era già ben presente in Mille piani e che è sbagliato presentarlo come se comparisse per la prima volta in Che cos’è la filosofia?. Secondo noi, la differenza fondamentale tra i due libri si trova grosso modo in questo: con Che cos’è la filosofia?, Deleuze e Guattari annullano la distinzione che  c’è in Mille piani tra la minoranza e l’animale. In Mille piani, se la minoranza era considerata come « tramite attivo » del divenire dell’uomo, l’animale era presentato come tramite inattivo, anzi passivo: in un divenire-animale, non è l’animale che fa scattare il processo, ma è l’uomo stesso che lo fa ponendosi un «problema» davanti all’animale (vedi l’analisi della novella di Vladimir Slepian: MP365-366), mentre in un divenire-minoritario, come abbiamo già visto, è la minoranza che pone il problema-scatto del processo. Invece, in Che cos’è la filosofia?, Deleuze e Guattari assimilano la minoranza all’animale e la considerano ormai come tramite passivo. Quest’assimilazione minoranza-animale, determinata sotto quella congiuntura, fa constatare la comparsa di una situazione politica inaudita, per quanto si mantiene allo stesso tempo l’identità delle «masse sfruttate e dominate» alle minoranze tale e quale è stata stabilita in Mille piani: non esiste più nessun tramite attivo del divenire-rivouzionario universale, sicché la sorte del processo rivoluzionario dipende ormai interamente dal proprio «soggetto», cioè dall’uomo (maggioritario): la maggioranza, in quanto soggetto del divenire-minoritario, deve essere immediatamente attivo. Ecco ciò che vuol dire il divenire-animale dell’uomo davanti alle «vittime».



[1] L’abbreviazione AE rinvia all’opera di Gilles Deleuze e Félix Guattari, L’anti-Edipo: Capitalismo e schizofrenia (trad. di Alessandro Fontana, Einaudi, 1975) con il numero della pagina.

[2] Vedi segnatamente: Félix Guattari, « Le groupe et la personne (bilan décousu) » (1966), « Introduction à la psychothérapie institutionnelle » (1962-63), Psychanalyse et transversalité, Maspero, 1972, rééd. Découverte, 2003.

 

[3] L’abbreviazione EAŒ rinvia all’opera di Félix Guattari, Écrits pour l’Anti-Œdipe (textes agencés par Stéphane Nadaud, Lignes & Manifeste, 2004) con il numero della pagina.

[4] Cf. Jacques Lacan, Le séminaire, Livre III « Les psychoses », texte établi par Jacques-Alain Miller, Seuil, 1981, p. 219.

[5] L’abbreviazione MP rinvia all’opera di Gilles Deleuze e Félix Guattari., Mille piani: Capitalismo e schizofrenia (trad. di Giorgio Passerone, Cooper Castelvecchi, 2003) con il numero della pagina.

[6] L’abbreviazione CF rinvia all’opera di Gilles Deleuze e Félix Guattari, Che cos’è la filosofia? (trad. di Angela De Lorenzis, Einaudi, 1996) con il numero della pagina.