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Tra crisi di governo e vie giudiziarie alla politica

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Intervista a MARCO BASCETTA - di LORIS NARDA

La crisi di governo è in caotico sviluppo e – tra minacce e retromarce, bluff e compravendite di fiducie – l’esito resta ancora incerto. Provando a guardare un po’ oltre l’immediato, quali scenari secondo te si aprono?

É difficile oggi capire quale scenario si apre in senso tecnico, quale governo o quale alleanza si determinerà. Dal punto di vista generale e strutturale, invece, lo scenario che si apre mi sembra negativo, come del resto era negativo quello da cui veniamo: le larghe intese erano infatti un bluff, direttamente condizionate se non tenute al guinzaglio dal centro-destra. Sono andate a finire in questo modo proprio perché si basavano sull’accettazione piena della logica liberista. Prendiamo per esempio il tema delle tasse: in questo campo la sinistra non ha mai combattuto Berlusconi su un’idea di maggiore progressività dell’imposizione fiscale o sulla patrimoniale, provando quindi a imporre il punto di vista dei settori più svantaggiati della popolazione. Si sono anzi trovati in difficoltà ad andare allo scontro elettorale con Berlusconi, che imputerebbe agli avversari di essere il partito delle tasse che mette le mani nelle tasche degli italiani. Credo che in qualche modo ci sarà un Letta bis, dentro una linea di continuità che parte dal governo Monti e continua con questa simulazione di larghe intese. Non credo che ci sia nessuna capacità e radicamento sociale tali da andare verso una contrapposizione più decisa. C’è poi l’incognita del Movimento 5 Stelle, un partito che dietro alla simulazione di ultrademocrazia telematica ha una gestione decisamente autocratica, con pulsioni ideologiche che dal punto di vista di una sinistra radicale o sinceramente democratica sono difficili da condividere.

La mia valutazione è che, nonostante questo terremoto, ci sarà appunto una linea di continuità col governo Letta, a meno che non scoppi qualcosa di abbastanza grosso in tutta Europa. Credo infatti che non solo l'Italia ma molti altri paesi stiano arrivando a un punto in cui non si riescono più a reggere gli equilibri imposti dalla Bce e dalla Commissione Europea: la Francia è in una situazione molto difficile, altrettanto i paesi del Mediterraneo. Quindi, o c’è un ripensamento a livello europeo, oppure rischia di aprirsi una fase piuttosto lunga e aspra di instabilità sociale e conflittualità senza però nessuna forza oggi capace di ragionare a questo livello. I grillini si pensano come dei sostituti ai movimenti, in grado di fare argine alla piazza, quindi si auto-assegnano la funzione di tappo. Ma se la situazione precipita, questo e altri tappi potrebbero saltare.

Analizzando il voto tedesco hai evidenziato che, al di là delle particolarità della sua storia, la sconfitta della sinistra in Germania parla dell’esaurimento della sinistra sul piano europeo, perlomeno della sua completa incapacità di comprendere le trasformazioni sociali e del lavoro. Questo discorso è ancora più facile da fare in Italia, guardando anche a nuovi soggetti politici e vie maestre che provano a reinventare la sinistra oltre il Pd...

Lo abbiamo visto anche con le elezioni tedesche come si ripeta la storia in cui la sinistra fa il lavoro sporco e poi la destra incassa. É il gioco che tenta di fare il centro-destra italiano adesso: visto che bisogna prendere delle misure impopolari si sfilano, aspettando che il lavoro sporco fiscale venga fatto dalla sinistra per passare poi all’incasso. Quanto ai Landini e Rodotà penso che il loro più grande limite sia quello di rimanere nel campo nazionale, guardando alla costituzione italiana. Secondo me bisognerebbe invece guardare al processo di costruzione politica dell’Europa, a partire da una rete di azione e di ragionamento sovranazionale. Io credo che finché si sta dentro l’Italia, dentro il discorso della legalità e dell’illegalità, l’iniziativa sia molto debole rispetto a una situazione segnata da condizioni di vita e rapporti particolarmente aspri per larghi settori della popolazione.

Un’ultima battuta rispetto al nodo della giustizia. Inutile sottolineare gli usi personali che ne fa Berlusconi, è però altrettanto indubbio il ruolo politico e di sostituzione politica che la magistratura ha assunto a partire dalla fine degli anni Settanta. Insomma, non dovremmo dimenticare che la “via giudiziaria al socialismo” è stata usata dalla sinistra innanzitutto per reprimere l’autonomia delle lotte...

Sicuramente la storia è lunga e comincia dagli anni Settanta, quando questo potere fu dato alla magistratura per fermare il conflitto sociale. Berlusconi dice che c’è una giustizia che fa una politica di sinistra o una sinistra che si serve della giustizia: in realtà non è che la giustizia faccia politica, piuttosto è la magistratura a essersi sostituita alla politica. Siccome la sinistra non è riuscita a far cadere Berlusconi per via politica, si è affidata all’ipotesi – senza controllarla direttamente – che la magistratura potesse incastrarlo su una delle tante malefatte che punteggiano la sua carriera. In Italia perciò esiste effettivamente un problema di sostituzione della magistratura alla politica, con la magistratura che agisce secondo una logica punitivo-legalitaria. Mentre la politica potrebbe occuparsi delle leggi inique, la magistratura se ne può soltanto servire, quindi il ritrarsi della politica le ha lasciato uno spazio enorme. Poi non dimentichiamo che la magistratura, le cosiddette “toghe rosse” come le chiama Berlusconi, sono anche quelle che distribuiscono decine di anni di galera per devastazione e saccheggio a chi ha rotto una vetrina. La magistratura, quindi, fa comunque una politica di conservazione dei rapporti sociali e dei rapporti di forza attualmente vigenti nella società italiana, quindi da quella parte non ci si può aspettare nessuna evoluzione dei dispositivi e dei meccanismi della democrazia. Credo che sia molto grave che in questo paese sia stato conferito alla magistratura questo ruolo, una funzione di sostituzione che si muove secondo una logica che non è quella della democrazia: è la logica di applicazione di leggi che magari la democrazia potrebbe criticare e mettere in discussione. Se Berlusconi sarà fatto fuori dal gioco semplicemente per via giudiziaria, credo che non ce ne saremo affatto liberati: la sua eredità politica resterà indenne e forse addirittura rafforzata.