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Se la propaganda è tutto, la propaganda è niente

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Articolo di Bi Pi sulla vittoria del No al referendum

Il No alla fine è arrivato, con sana prepotenza. Se c’é un merito che riconosciamo al Partito Democratico è quello di aver organizzato la propria Caporetto minuziosamente. Certo, una tappa elettorale intermedia era un’occasione per sondare il terreno della governabilità ma a franare sotto i piedi questa volta è stato il terriccio del PD. Per ora hanno i completi da funzionari di partito sporchi fino alle ginocchia, ma oggi e il 5 dicembre e non vediamo l’ora di vederli annaspare nel fango fino ai capelli.

Renzi si è dimesso riuscendo a strumentalizzare ancora una volta l’esito del voto per salvare quanto di salvabile è rimasto al Pd. Ne danno il triste annuncio la sua combriccola di democratici affaristi al governo e il sistema finanziario internazionale (generatore automatico di spread e altre amenità, a cui ormai siamo legatissim*). I giornali stranieri parlano già della caduta in picchiata dell’euro (accidenti peggio che dopo la Brexit!) e della fragilità del nostro sistema bancario, che ora non sarà più un fulgido esempio di sicurezza per i suoi correntisti (sic!). Forza popolo, si mettano i soldi sotto il materasso e ci si metta in fila a fare la coda per il pane che qua arriva la crisi! Quale crisi debba arrivare lo sanno solo loro. Noi ne vediamo e subiamo una da dieci anni, perché ormai nessun partito istituzionale ha altre chance di gestire diversamente il governo della cosa pubblica. E infatti cosa importa di quello che dicono i giornali. Anche perché dicono un mucchio di fesserie. Gliele appalta il Governo stesso. In effetti potrebbero istituire un Ministero delle Stronzate: dal FertilityDay in poi le hanno sparate talmente grosse che per rigore morale ormai si sente un po’ tutt* la necessità di guardare prima se Lercio.it ha fornito una parodia gustosa in cui far rispecchiare, ad esempio, le notizie confezionate da Repubblica etc. etc.

Il 4 dicembre stampa e media allineati con l’ordine del discorso renziano hanno perso forse più clamorosamente di chiunque altro. I sondaggi hanno fotografato un pezzettino di realtà che già conoscevamo, vale a dire che esistono delle sacche di rifiuto al governo Renzi delimitate da una parte da un confine generazionale, dall’altra da chi non ne può più delle promesse di miglioramento e progresso per tutto il paese, smentite sempre con puntualità dall’intercedere incalzante della crisi, che strangola nell’isolamento il sud Italia. Dopo le stupidaggini partorite col FertilityDay lo staff comunicativo del governo si è armato di santa pazienza e, ispirandosi a Goebbels, ha pianificato il da farsi, mettendo su in primis un testo di riforma incomprensibile ai più e poi puntellandolo con una quantità di argomentazioni, che nella testa degli elettori saranno sembrate come il famoso elefante che cammina in una stanza piena di cristalli.

Il Pd ha creato tanti nemici unici (principio della semplificazione)e quello a cui va una menzione speciale però è l’Immobilismo, cioè la reticenza nel portare a termine quegli iter legislativi capaci di fare bene alle istituzioni e al paese.
Il problema è che il governo Renzi non si è fatto assolutamente scrupoli nel selezionare le proprie cazzate. Pensavamo che con la Fornero la misura fosse colma: cosa può esserci peggio di un gruppo di accademici con la puzza sotto il naso che pensano la riforma delle pensioni chiusi dentro un laboratorio? Illus*: poi è arrivato Poletti con il suo pragmatismo manageriale. E infatti a lavoro non ci si va proprio, nel caso gratis o dopo aver fatto i compiti. Ti paga il tabaccaio.

La verità è che Renzi nel suo mandato ha legiferato tanto e quanto i governi tecnici che lo hanno preceduto e non certo per redistribuire ricchezza verso il basso. Si parla di circa 44 decreti leggi in 2 anni, circa due al mese. Mica male per un governo affetto da immobilismo.
L’Accozzaglia del No, che riunisce “goebbelsianamente” tutti gli avversari della tornata referendaria (principio del contagio), è il macro-nemico affetto dalla febbre della conservazione. Lontana anni luci dal progressismo di classe dei democratici, l’Accozzaglia, che fa rima con Plebaglia, attacca dai fronti più disparati. Il tentativo dei giornali è stato quello di rendere la controparte univoca così come la direzione dei suoi attacchi. Ma il No invece è stato ampio e variegatissimo e di univoco ha solo il disprezzo nei confronti del governo del Pd. 19 milioni di conservatori al voto? La necessità di dare uno scarto con l’esistente era il cuore della campagna Basta un Sì. Inutile dire che la propaganda martellante e invadente ha generato un sospetto molto concreto circa i reali interessi del governo nella vittoria. Di qui a leggere nel Sì un’istanza di consolidamento delle istituzioni di governo il passo è stato breve e una buona fetta dei No è germogliato nell’esigenza stringente di vedere la casta tremare dalla paura. La menzogna anche se ripetuta incessantemente (principio del consolidamento) non è diventata realtà, tutt’altro. Ha preso le sembianze del primo severo ceffone tirato ad austerità e impoverimento diffuso.

Che dire poi dell’oscuramento mediatico selettivamente applicato al No. Gli unici oppositori che hanno avuto spazio sono stati i soliti Salvini, Meloni, Brunetta, D’Alema e quanto altro. Il Pd aveva scelto dei nemici all’altezza della loro vittoria di Pirro. Persino la ministra Madia dimostra qualche capacità di sostenere un agone politico se messa davanti ad alcuni dei volti peggiori della politica italiana. Del No sociale agito e sentito nel paese reale non se n’è parlato affatto. Poco male. Nessuna impalcatura mediatica ha salvato il governo dalla disfatta. Hanno messo le mani ovunque: televisione, stampa e social media. Dopo i nemici adatti hanno scelto gli amici: troika e finanza internazionale. Ma da Monti in poi è stata sdoganata la teleologia riformista e neoliberale del “ce lo chiede l’Europa...eh ma poi l’instabilità finanziaria”. Tutte parole che non significano più niente visto che austerità, precarietà e distruzione delle nostre vite sono il pane quotidiano del paese reale. Il No sociale ha vinto senza panzer mediatici a dimostrazione che se la propaganda è tutto, davanti all’odio sociale diventa niente.