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Un ricordo di Gaspare De Caro

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di FERRUCCIO GAMBINO

A Ferruccio Gambino chiediamo di parlarci di Gaspare De Caro un compagno che è mancato la settimana scorsa.

Gaspare De Caro è mancato il 6 ottobre a Casalecchio sul Reno in provincia di Bologna.

Nato a Roma nel 1930, si laurea in Filosofia nell’Università di Roma. È poi borsista per un anno all’Istituto di Studi Storici a Napoli e lettore all’Università di Valladolid dove approfondisce lo studio del Cinquecento spagnolo, tema già studiato sotto la guida di Federico Chabod a Napoli. In seguito introduce e pubblica in italiano L’istituzione del principe cristiano. Avvertimenti e istruzioni di Carlo V al figlio Filippo, Zanichelli, Bologna 1969. Tornato in Italia comincia lavorare all’Istituto dell’Enciclopedia Italiana a Roma. Prima di entrare in questo Istituto introduce e cura l’edizione Einaudi del 1964 de “La Rivoluzione liberale” di Piero Gobetti. Già all’inizio degli anni ’60 collabora ai primi numeri dei Quaderni Rossi. Sue sono le tesi sulla storia d’Italia scritte insieme con Umberto Coldagelli , che aprono la prospezione di possibili ricerche sullo sviluppo della classe operaia e del capitale in Italia a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento.

Dal ’64 fa parte del gruppo che fonda la rivista Classe Operaia. Anche qui scrive alcuni articoli innovativi. Con l’attività presso l’ Istituto per Enciclopedia Italiana si dedica a problemi storici del ’900 che confluiscono nell’ampia e documentata biografia dedicata a Gaetano Salvemini (Salvemini, Utet, Torino 1970), pubblicata nella collana “La vita sociale della nuova Italia”. In quest’opera Gaspare De Caro studia criticamente l’eredita liberalsocialista italiana impersonata da Salvemini e dalla sua cerchia, seguendone gli esiti fino ai primi anni del secondo dopoguerra. È un libro controcorrente, apprezzato a sinistra e attaccato da qualche firma illustre tra i liberalsocialisti. Il Salvemini di Gaspare De Caro segna un momento importante nella storiografia italiana perché, tra l’altro, traccia una linea di demarcazione: da una parte il liberalsocialismo, dall’altra una prospettiva che metta fine alla storiografia delle classi subalterne, ovvero da una parte coloro, come Leo Valiani, che assumono una posizione ostile al libro e dall’altra sia alcuni esponenti di primo piano della sinistra (e anche del partito comunista) sia soprattutto di giovani che nei confronti di Salvemini cominciano a mostrare un atteggiamento critico e certamente diverso da quello incondizionatamente reverente che nella sinistra tutta era prevalso nei confronti del liberalsocialismo dopo il 1944. Sul piano della ricerca storiografica il Salvemini si è dimostrato inattaccabile, date le coscienziose ricerche condotte dall’autore sull’argomento.

Gaspare De Caro si è dedicato poi allo studio del pensiero economico della fine dell’800 con due saggi fondamentali e la scoperta di pagine inedite di Léon Walras: Sulla genesi del l’Economia pura. Questione sociale e rivoluzione scientifica in Léon Walras, in L. Walras, Introduzione alla Questione sociale, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 1980 e Léon Walras dalla teoria monetaria alla Teoria generale della produzione di merci, in L. Walras, L’economia monetaria, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 1985.

Riprendendo i suoi interessi sull’inizio dell’età moderna, pubblica Euridice. Momenti dell’Umanesimo civile fiorentino, Ut Orpheus, Bologna 2006 e due volumi di racconti, L’ascensore al Pincio, Quodlibet, Macerata 2006, e, presso il medesimo editore nel 2008 Residuati bellici. Affronta temi cruciali e spesso rimossi a sinistra, in particolare la corresponsabilità della sinistra italiana nelle guerre della fine del ventesimo secolo e dell’inizio del ventunesimo con il volume, scritto con il figlio Roberto De Caro, La sinistra in guerra, Colibrì, Paderno Dugnano 2007. Sempre con Roberto De Caro ha affrontato lo scottante tema delle facili assoluzioni delle responsabilità italiane nel corso della seconda guerra mondiale e nell’immediato secondo dopoguerra con il volume Storia senza memoria Colibrì, Paderno Dugnano 2008, puntuale ricognizione delle imprese di storiografia e di cinema che negli anni del secondo dopoguerra hanno legittimato l’oblio delle vergogne del razzismo italiano. Il suo libro di esplorazione sociale dell’altra parte dell’Atlantico, Argentina. Viaggio al Fin del Mundo (forse), Quodlibet, Macerata 2010 è un saggio che risulta il frutto di un viaggio sull’incontro e lo scontro tra varie civiltà, non ultime quella italiana e spagnola nel Sudamerica. Il suo ultimo volume viene pubblicato un anno prima della sua scomparsa: Rifondare gli italiani. Il cinema del neorealismo, Jaca Book, Milano 2014, opera non tanto di critica cinematografica bensì breve trattato sui costumi degli italiani attraverso la cinematografia neorealista.

Tu hai partecipato all’esperienza di Classe Operaia. Puoi tratteggiarci in breve il ruolo che De Caro ha avuto nell’esperienza dell’operaismo di quegli anni.

Io sono arrivato a Classe Operaia quando il gruppo era ormai formato. Sicuramente sia in Quaderni Rossi sia in Classe Operaia Gaspare De Caro è dato il suo impulso per suscitare nuovi interessi e per favorire la serietà degli studi, la fondatezza delle ipotesi di lavoro e anche, devo dire, una certa severità nei confronti di coloro che, sia pure in ristrettezze e in difficili condizioni di lavoro, giungevano a conclusioni che apparivano non abbastanza fondate. In Gaspare De Caro il rigore dello storico non è mai venuto meno. Questa è una lezione che si è rivelata assolutamente indispensabile all’interno dei Quaderni rossi e di Classe operaia e anche ben oltre. Anche per questa lezione, a Gaspare va la nostra riconoscenza.

Tu hai frequentato De Caro anche nell’ultimo periodo. Puoi dirci qualcosa.

L’ho visto un’ultima volta nel mese di maggio del 2015, quando sono andato a trovarlo nella sua casa di Casalecchio sul Reno, alla periferia di Bologna. Mi aveva sempre impressionato la grande lucidità di giudizio, l’assenza di rassegnazione allo stato delle cose presenti e una moralità che non era moralismo bensì la capacità di vedere trasversalmente e nitidamente le situazioni politiche, la dinamica delle classi sociali e in generale i costumi e le pratiche del potere. Durante la mia ultima visita il suo sguardo era volto alla situazione internazionale che a suo giudizio andava deteriorando. Poco prima, a proposito di lavoro e classi sociali gli avevo spedito il libro di Pun Ngai, Jenny Chan, Mark Selden, Morire per un iPhone, curato da Devi Sacchetto e da me per l’edizione italiana. (Jaca Book, Milano 2015). Ricordo le sue due domande finali, poco prima che lo lasciassi, domande che mi hanno sorpreso e che, conoscendolo, non avrebbero dovuto sorprendermi. Da una parte, “Allora, la Cina si muove ?” e la conclusione con un sorriso “ Eppur si muove!”; dall’ altra parte però anche “Come andrà a finire in questo Medio Oriente così maltrattato da tutti?”. Mentre gli riferivo l’ipotesi di Chomsky secondo cui la Siria potrebbe essere divisa in tre parti pensavo pure che, con tutto quello che Gaspare aveva studiato a proposito del mediterraneo, questa ipotesi di Chomsky lo amareggiasse. Sono sicuro che se fosse ancora in vita avrebbe trovato le forze per scrivere sulla marcia dei rifugiati variamente respinti dall’Europa.

Per terminare, ancora un ricordo?

Il ricordo è ancora molto vivo, dell’irriverenza nei confronti dell’autorità sullo scranno, o meglio, nei confronti di un compagno di Classe Operaia con qualche responsabilità, di cui si era appena finito di leggere un articolo da pubblicare. La reazione di Gaspare fu, “Ma se capisco bene, il vero grande libro che hai letto è quello di Meister Eckhart!”.

 

* Pubblicato su InfoAut.