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Su Zangheri, il Pci e l’agiografia revisionista

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di VALERIO GUIZZARDI

La morte di Renato Zangheri, con il seguito di agiografie santificatorie, persino su Il Manifesto che fino a prova contraria reca in testata “Quotidiano comunista”, pone un problema annoso e purtroppo mai superato: il revisionismo storico sul ruolo del Pci dal dopoguerra alla sua dissoluzione. Di più, se possibile, nella città di Bologna che il Partito elesse a sua “vetrina” e a terreno di sperimentazione della governance sociale, politica, accademica ed economica da applicare poi alle scelte strategiche sul nazionale.

Con i risultati oggettivi che rimangono scolpiti a fuoco nella storia del paese: la scelta Atlantica, l’alleanza con il Partito dei padroni, della mafia e delle stragi, le politiche antioperaie, la riduzione dell’eroica riscossa partigiana comunista a fatto storico irrilevante in nome della pacificazione nazionale, la messa all’indice come “reazionario”, “diciannovista”, “al servizio di forze oscure” di qualsiasi movimento proletario avesse la pretesa di muoversi autonomamente sui propri bisogni una volta presa coscienza del sé come classe subalterna e sfruttata.

Di più, ancora, nei Settanta quando su quei movimenti volti a un cambiamento radicale dei rapporti di forza nella dialettica lavoro vivo-capitale scatenò la repressione alla sua sinistra in complicità con le forze, quelle sì oscure, dello Stato e dei Servizi. E non ci andarono leggeri: servizi propri di spionaggio e dossieraggio illegale sulle avanguardie di fabbrica e sui territori, organizzazione della delazione di massa su qualsiasi comportamento individuale odorasse di “terrorismo”, fino a voltarsi dall’altra parte sulle torture ai prigionieri politici catturati che sapevano benissimo, soprattutto i vertici, essere in normale uso da parte delle forze dell’ordine.

E visto che le polemiche sono partite da Bologna è sempre bene ricordare agli accomodanti agiografi, revisionisti ben retribuiti e giustificazionisti di sinistra che in questa città solo nel Settantasette vi furono oltre 300 arresti, una valanga di denunce, centinaia di feriti dovuti alle aggressioni delle divise blu e nere, perquisizioni a tappeto, una radio libera chiusa e devastata, i carri armati dei Carabinieri per le strade tra gli applausi dei dirigenti del Partito, in tanti della base e del Sindaco. Ma prima, molto prima di tutto l’assassinio per mano sbirra di un comunista, un generoso compagno di nome Francesco Lorusso.

E dannatamente, ancora oggi, e a “sinistra” sentiamo voci equivoche (a pensar bene) che tentano una pur becera giustificazione: “Sì però in fondo Berlinguer era una persona onesta”, “Sì però l’amministrazione era migliore”, “Sì però c’era un welfare più sviluppato”, “Sì però c’erano gli asili e i trasporti gratis”, “Sì pero Zangheri diede il Cassero alla comunità omosessuale”, “Sì però c’era una Giunta illuminata che aveva una visione del futuro”, “Si però almeno con loro ci si poteva ancora parlare pur non essendo d’accordo”... Un po’ come quelli che dicono “Non sono razzista ma”. Troppo comodo, signore e signori, troppo comodo.

Così, tra un “Sì però” e l’altro siamo arrivati fin qui: disoccupazione di massa in crescita costante, precarizzazione di ogni forma di vita, privatizzazioni selvagge, sfratti di famiglie povere fuori controllo, aziendalizzazione della Scuola e dell’Università, consumo abnorme e devastazione del territorio per arricchire i palazzinari privati e i cementificatori delle Cooperative, distruzione del welfare cittadino, un sistema integrato tra Partito, Questura e Procura che in nome dei bei vecchi tempi di cui sopra usa arresti, divieti di dimora, fogli di via e decreti penali di condanna nei confronti di qualunque voce libera osi ribellarsi o anche solo sognare un futuro diverso.

Ma statene certi cari agiografi e revisionisti destri e sinistri: quella “vetrina” è stata spaccata per sempre e vi sarà impedito di riaggiustarla, poiché se avete spazzato via una generazione politica di sognatori, un’altra ha preso il suo posto e poi un’altra e un’altra ancora. E così sarà per sempre finché ci sarete voi.