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C’è ancora molto da fare e il tempo stringe

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di VALERIO GUIZZARDI

Val di Susa, Cremona, Torino, Milano, Bologna, e c’è da scommetterci, altre città nell’immediato futuro. Dove i movimenti si esprimono con maggiore forza e organizzazione, questi sono e saranno sottoposti a un tentativo di normalizzazione e disciplinamento che non disdegna nemmeno l’utilizzo sempre più frequente di alcuni dispositivi repressivi transitati indenni dal ventennio nero alla Repubblica: devastazione e saccheggio, foglio di via, divieto di dimora, arresto preventivo, denunce a grappolo ad ogni stormir di fronda. È quando in ballo c’è un evento vetrina come l’inaugurazione dell’Expo di Milano, che vedrà in occasione della giornata del Primo maggio una larga mobilitazione sociale di opposizione, il gioco si fa più duro e fioccano le misure “cautelari”.

Nulla è più tollerato, in qualsiasi forma si presenti, che metta in discussione l’imposizione della precarietà a vita, l’aziendalizzazione delle Università, la distruzione del welfare, l’estremo impoverimento di strati sociali sempre più vasti, l’asservimento della cooperazione sociale alle esigenze produttive, l’intero tempo di vita messo a valore per l’estrazione forzata di nuovi e lucrosi profitti.

Si avanza quindi un nuovo - ma nemmeno tanto - modello di governo che non cerca nemmeno più la pur anche minima legittimazione sociale buttando finalmente alle ortiche ogni stanca retorica rappresentativa: il Partito renzista della Nazione si candida come elemento unificatore di ogni istanza conservatrice e reazionaria sbarazzandosi contemporaneamente di ogni voce dissonante – pur di destra – al proprio interno: la governance ultraliberista ha le sue regole.

La questione che il Pd pone è il puro esercizio del potere in perfetta autonomia da qualsiasi dinamica sociale. E per raggiungere questo ambìto risultato non può fare null’altro che autonomizzare, a sua volta, la legge dalla giustizia: imporre quindi con ogni mezzo necessario la legalità. Ecco perché il governo, tra il tanto altro, nell’affrontare l’imposizione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo a introdurre il reato di tortura nel Codice penale, si è fatto dettare il testo di legge da quella sorta di Partito della Polizia che è il consorzio dei sindacati degli agenti. Una legge inutile in quanto inapplicabile nella sua quasi totalità, ben lontana dalla Convenzione ONU alla quale tutti i paesi occidentali si sono attenuti. È di tutta evidenza che le turbolenze sociali attuali legate al mordere dalla crisi vanno/andranno affrontate con l’unico mezzo che è rimasto loro: l’uso della violenza. Per questo non possono sottrarre alle forze della repressione statuale nessun mezzo utile, nemmeno il più estremo.

A questo poco rassicurante quadro concorre una Magistratura che, fornita dall’allora governo Pci-Dc di poteri speciali e devastanti deroghe al Diritto costituzionale per combattere il “terrorismo” nei Settanta, da Organo dello Stato si è costituita in Potere autonomo e indipendente dedito alla conservazione dei propri privilegi di casta minacciando seriamente qualsiasi governo si azzardi anche solo a tentare di avanzare una pur timida riforma che sia percepita dalle toghe come una indebita intrusione nei propri affari.

Ma perché i propri affari possano continuare indisturbati è loro indispensabile la pace sociale, quindi se da una parte si guardano dalla politica tanto più devono guardasi a che il potere costituente non prevalga sul potere costituito, a che ogni istanza di liberazione dal modo di produzione capitalistico neoliberista e dalla sua governance sia messa a tacere. E il cerchio si chiude.

Ai movimenti dunque, alla nuova composizione, alle classi subalterne s’impone prepotente la formulazione teorica e nello stesso tempo intraprendente di un nuovo “Che fare” che sia ricompositivo, unificante, sovversivo dello stato delle cose presenti. C’è ancora molto da fare e il tempo stringe.