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Emergenza abitativa e “Obra Social”. La campagna di occupazioni a Madrid

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Intervista a MIGUEL, ODILE e ALEX (ASAMBLEA DE VIVIENDA CENTRO – MADRID) - di CARLOS HERAS RODRIGUEZ

In Spagna la bolla immobiliare ha giocato un ruolo centrale nella crisi. Crollando, il modello di sviluppo economico basato su edilizia e turismo ha coinvolto larghe fette della popolazione, dalla classe media ai migranti, che avevano contratto ipoteche per l’acquisto di un’abitazione e che si sono ritrovati, stritolati nelle dinamiche finanziarie, incapaci di ripagare i debiti contratti. È in questa cornice che il movimento per la casa ha acquisito una importanza centrale nella agenda di movimento, soprattutto attraverso la Plataforma de Afectados por la Hipoteca (PAH).

Obra Social è una campagna nazionale di occupazioni abitative legata alla PAH che individua le banche e i poteri politici come responsabili della cosiddetta emergenza abitativa. Oltre a bloccare gli sfratti, spesso richiesti dalle stesse banche, la compagnia ha preso di mira il patrimonio immobiliare soprattutto degli enti finanziari e ha occupato diversi palazzi vuoti di proprietà delle banche.

Durante il meeting di Abitare nella crisi, che ha avuto luogo il 13, 14 e 15 giugno (Milano, C.S. Cantiere), abbiamo discusso con alcuni attivisti del movimento per la casa di Madrid che partecipano alla campagna Obra Social di emergenza abitativa, pratiche di occupazione e costruzione di comunità, di diritto alla città e delle mobilitazioni in vista delle vertice europeo sulla disoccupazione giovanile di Torino del prossimo 11 luglio.

Quali sono i punti principali che distinguono la campagna di Obra Social dalle più generali pratiche di occupazione a scopo abitativo?

- Miguel: Per prima cosa una grande apertura sul piano pubblico e verso i mezzi di comunicazione, e poi la tensione, sempre implicita nelle nostre pratiche di occupazione, rispetto alla possibilità di aprire una trattativa per ottenere un affitto sociale.

- Odile: E questo è legato alla composizione estremamente eterogenea di Obra Social. Le persone che occupano gli edifici, molte delle quali sono state sfrattate delle proprie case, sono figure sociali anche molto diverse tra loro, dai giovani che non hanno risorse né aiuti pubblici a chi ha problemi con i documenti. Data questa composizione eterogenea, e dato un terreno sempre pubblico di rivendicazione delle occupazioni, Obra Social riesce ad avere un appoggio sociale largo, riesce ad avere l’appoggio della gente. E questo è ciò che soprattutto la distingue da altre occupazioni abitative.

Qual è il rapporto tra la pratica dell’occupazione e gli sfratti che interessano in modo sempre crescente queste differenti figure sociali?

- Odile: L’obiettivo è sempre quello di fare in modo che le persone possano rimanere nella propria casa o che possano accedere a un affitto sociale, e per ottenere questo seguiamo tutte le possibili strategie a nostra disposizione. Utilizziamo tutte le nostre risorse per far sì che quella persona non finisca in strada. E questo spesso riesce perché chi è sotto sfratto nell’avvicinarsi a Obra Social inizia un processo di coesione sociale con il gruppo, si avvicina ed entra in relazione con una comunità che offre risorse si solidarietà e cooperazione.

Da quando il Parlamento spagnolo ha rigettato l’Iniziativa Legislativa Popolare[1] si è di fatto chiusa la via istituzionale di risoluzione delle questioni legate a sfratti e diritto all’abitare, possiamo dire che ciò ha reso più ricorrente la pratica dell’occupazione?

- Alex: Sicuramente le ha dato molta legittimità. Dopo aver provato a raggiungere una soluzione ricorrendo a tutti i possibili mezzi istituzionali e dopo che negli anni è diventato palese come quello degli sfratti sia un problema generalizzato in Spagna, l’opzione dell’occupazione era l’unica possibile. Poiché lo Stato nega l’esistenza del problema e non trova soluzioni, il movimento ha una forte legittimità a occupare e questa pratica ha trovato crescente sostegno. Tra gli occupanti ci sono persone che mai avrebbero immaginato di trovarsi nella situazione di occupare, persone non politicizzate. Oggi anche tra le famiglie medie in Spagna c’è chi vede quella dell’occupazione come un’opzione.

Quante occupazioni di Obra Social ci sono a Madrid?

- Miguel: Adesso a Madrid ci sono nove edifici che sono occupati da ottobre dell’anno scorso. Il nostro collettivo, l’Assemblea de Vivienda Centro di Madrid (che sta dentro la rete della PAH e fa un grosso lavoro nella campagna Obra social), ne ha occupati tre, l’ultimo l’11 maggio e il primo il 5 gennaio. In un po’ più di quattro messi abbiamo occupato tre edifici.

Qual è la composizione sociale che abita questi edifici e che forme di comunità e organizzazione politica produce la vita in occupazione?

- Odile: La gente che vive nelle occupazioni di Obra Social sono, come dicevamo, persone diverse: migranti, giovani, famiglie “normali”... tutto quel ceto, sempre più numeroso, che ha difficoltà nell’accesso alla casa. La nostra struttura organizzativa funziona su livelli differenti. Nel micro ci organizziamo quotidianamente in forma assembleare, socializziamo le informazioni, discutiamo delle mobilitazioni previste e ci organizziamo per quanto riguarda le pulizia, la gestione degli spazi e tutto ciò che attiene la vita in comune. A livello macro c’è l’Asamblea de Vivienda Centro, in cui si prendono tutte le decisioni che riguardano l’occupazione: chi entra se ci sono case vuote, cosa fare in casi di emergenza... Tutto ciò si decide nell’assemblea generale che è composta da attivisti e persone del quartiere. Siamo convinti che è necessario costruire qualche forma di comunicazione, relazione e magari anche qualche compromesso tra occupati e residenti del quartiere. È estremamente importante che gli occupanti abbiano a cuore e rispettino il quartiere e questo legame viene costruito proprio dentro l’assemblea di quartiere. In ogni caso, questa non è solo qualcosa che garantisce i buoni rapporti degli occupanti con il quartiere, siamo convinti che sia necessario fare questo per costruire il quartiere e la città che vogliamo vivere.

Come si lega la pratica dell'occupazione con il diritto alla città? Come tale pratica influisce nella configurazione della città?

- Odile: Precisamente nel modo in cui non soltanto occupi un palazzo, ma stabilisci un contatto con i tuoi vicini. In questo modo rendi maggiormente legittima l’occupazione, perché condividi l’esperienza con la gente del quartiere, e a me questo sembra un modo per influire sulla città, un modo per pensare a una Madrid diversa, per riflettere su cos’è Madrid per noi.

Cosa vi aspettate da questo meeting?

- Miguel: Per me questo è uno spazio di incontro e di scambio di idee e pratiche. Ci sono lotte da unificare, sia sul piano europeo che in Spagna, dove il panorama è frammentato. E incontri come questo possono essere un’occasione.

A luglio a Torino ci sarà un vertice europeo che discuterà di disoccupazione giovanile, cosa ne pensate?

- Miguel: La soluzione che offe il neoliberalismo alla disoccupazione è più lavoro di merda. Dinanzi alla precarietà l’offerta è sempre maggiore precarietà. Un vertice così non ispira niente di buono ma certamente apre uno spazio per fare delle cose. Ci sono numerosi fronti aperti sul piano politico, perché ci stanno attaccando da tutti i lati.

- Odile: É importante seguire la mobilitazione contro questo vertice rivendicando sopratutto come giovani una vita che meriti di essere vissuta. Praticare questa azione offensiva e difensiva credo sia assolutamente necessario per rendere chiaro il malcontento della gente in Europa.

-Álex: Credo che queste occasioni siano sempre una buona opportunità per dire che la soluzione alla precarietà non è maggiore precarietà. Sempre ci dicono che queste sono le uniche politiche praticabili, quando in realtà ci sono tutte le condizioni per delle politiche di incentivo del lavoro che invece non vengono perseguite. Ci stanno dicendo che in tutta Europa i tagli sono l’unica via per raggiungere la stabilità, quando è chiaro che sono una strategia per continuare a truffare la gente e tagliare diritti. E questo è anche dimostrato dal fatto che in diversi paesi europei si stiano facendo leggi che colpiscono il diritto al dissenso.



[1] Proposta di legge che raccoglieva le rivendicazione minime della PAH su debito ipotecario, sfratti e affitto sociale. La primavera scorsa fu rifiutata dal Parlamento dopo avere raccolto circa un milione e mezzo di firme di sostegno.