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Descolarizzare il mondo – a cura di Libreria Autogestita EX-CUEM

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Incontro con GUSTAVO ESTEVA

Grazie dell'invito per una discussione che è sempre pericolosa. 

Circa cinquanta anni fa la mia prima figlia è giunta all'età di andare a scuola e visto che non ho trovato nessuna scuola pubblica o privata dove poter iscrivere la mia adorata figlia, ho inventato una scuola con un gruppo di amici; fu un buon cocktail, un po' di Montessori, Freinet, Steiner. Era una scuola molto democratica dove i bambini a partire da cinque anni prendevano decisioni insieme su cosa imparare a scuola. Non c'erano aule, e i maestri cercavano sempre di esplorare cosa volevano fare i bambini; aggiungevamo alla scuola un anno alla volta affinché mia figlia potesse concludere e quindici anni dopo, quando ha finito le superiori, l'hanno chiusa. Tanto mia figlia come i suoi genitori sapevano che il problema non era la qualità della scuola ma la scuola stessa.

La nostra era veramente una bella scuola, e non accetterebbe le critiche di Freire, ma c'era qualcosa di negativo nell'istituzione stessa.

Con questo voglio dire che sono quarant’anni che sto lottando contro la scuola, e ho imparato a zittirmi perché la scuola e l'educazione sono una “vacca sacra”, se qualcuno osa attaccare la scuola e soprattutto l'università pubblica viene considerato un eretico che merita di essere impiccato. Ho messo insieme molti argomenti per sostenere le mie critiche, a seconda del pubblico, per esempio le “tesi su Feuerbach” di Marx su chi educa gli educatori. Gli educatori ci hanno insegnato che l'educazione è vecchia come le montagne, invece l'educazione è moderna, è nata con il capitalismo, con lo stesso tipo di proposito. Il primo documento che parla di educazione in senso moderno è un documento in francese, ed è del 1498, in inglese è del 1512, in spagnolo nel 1632. Il grande Lope de Vega ha scritto un'opera molto comica che gioca con il nuovo senso che si dà alla parola educazione. Fino al secolo XVII in spagnolo educare significava allattare, qualcosa che ovviamente fanno le donne. Vega nell'opera teatrale scherza sull'idea degli uomini che allattano. C'è un nuovo senso della parola educazione che corrisponde ad una nuova condizione che è qualcosa di simile al peccato originale; secondo questa convinzione la gente nasce stupida e l'unica maniera per togliergli la stupidità è educarli. La persona che ha inventato il vero sistema scolastico, Giovanni Amos Comenio, un alchimista, ha portato il linguaggio dell'alchimia nella scuola; l'alchimista trasforma gli elementi in diversi gradi di sublimazione per convertire la materia in oro. Comenio disegnò un sistema per trasformare quella materia stupida che sono i bambini, attraverso sette gradi di sublimazioni successive (sette anni), producendo un nuovo essere umano che può circolare nella società moderna. Ci sono molti buoni argomenti contro l'educazione. Trenta anni fa ho organizzato una campagna pubblica che chiedeva una legislazione che prevedesse una carcerazione di dieci anni per chiunque esibisse un titolo, cinque anni per qualsiasi diploma, e dieci anni anche a chi richiedesse come requisito questo titolo. Non avevo ovviamente speranze che questa legislazione fosse approvata, ma l'intenzione era quella di sollevare un dibattito pubblico; mi dissero “se accettiamo la tua stupida legge il 99% degli studenti lasceranno la scuola” e questo era quello che io volevo sentire.

In Messico la gente sapeva che si andava a scuola per ottenere un titolo, e se si fosse detto “andando a scuola non si ottiene nessun titolo” nessuno ci sarebbe andato, perché la gente sa che nella scuola non si impara veramente qualcosa che ci interessa, per questo ci sono molti posti migliori della scuola. Inoltre la gente sa che nessun diploma certifica una competenza specifica; un diploma ottenuto ad Harvard non vuol dire automaticamente che si è un buon avvocato; quello che certifica ogni diploma è un quantitativo di “ore e culo”, quindi dimostra solo che questa persona è stata quindicimila ore ad ascoltare qualcuno.

Nessuno di questi argomenti serve contro l'educazione. Ivan Illich diventò famoso nel 1971 quando pubblicò “Descolarizzare la società”; Illich chiarì che quel titolo non era suo ma che l'aveva deciso l'editore, quello che stava proponendo era un'altra cosa ed in primo luogo dimostrò con la sua analisi che la scuola come tutte le altre istituzioni moderne produce tutto il contrario di quello che vorrebbe produrre e questa è la categoria di contro-produttività. Molte cose che erano uno scandalo quaranta anni fa ora sono a conoscenza di tutti; Illich pensava che in quegli anni potesse aver luogo una rivoluzione culturale, e pensava che sarebbe stato possibile che la gente prendesse il controllo delle loro vite e cambiasse tutto, la gente aveva l'impressione che lo si potesse fare . C'era un lemma in quegli anni, “la lotta nel mondo doveva essere un assalto al cielo”, andiamo a cambiarlo tutto, si criticava la famiglia, l'amore, il sesso, le istituzioni, tutto, e c'erano molte idee su come farlo, però abbiamo perso e ci hanno sconfitti.

Anni dopo Illich diceva “tutti quei grandi cambiamenti che mi aspettavo negli anni '70 non ci sono stati perché la gente ha iniziato a utilizzare queste istituzioni per i propri propositi e ha iniziato a smantellarli a poco a poco”.

Ora vi vorrei parlare un po' della mia relazione complicata con Ivan Illich: all'inizio degli anni '70 Illich aveva fondato questo centro dove arrivavano pensatori da tutto il mondo, però per noi della sinistra marxista era solo un reazionario e quindi non valeva nemmeno la pena leggere le sue opere. Noi marxisti dicevamo che era chiaro che lui stesse scrivendo della scuola, della sanità e del sistema brutale del capitalismo ma non pensavamo che le sue opere potessero essere importanti per la creazione della società socialista, e quindi non le ho lette. Nel 1983 quasi per caso mi hanno invitato ad un seminario e lui era lì e sono rimasto totalmente affascinato da quello che disse, quindi quella notte stessa ho iniziato a cercare e leggere tutto ciò che potevo trovare di lui. Dopo poco siamo diventati amici e quello che mi stava succedendo in quel momento fu questo: ero molto contento del lavoro nelle comunità rurali e nei quartieri ma non avevo capito niente di quello che succedeva: allora mi dicevo, devo studiare più economia, più antropologia, più scienze politiche, e più studiavo e meno capivo; un giorno ho deciso di togliermi gli occhiali che avevo e di cercare di vedere con i miei occhi quello che mi capitava e succedeva. Ero abbastanza confuso.

Quando ho letto Illich per la prima volta mi sono reso subito conto che le categorie principali che lui usava erano lo stesse che usava la gente che io sentivo nelle comunità e nei quartieri popolari, parole come convivialità e vernacolo erano parole che avevo sentito molto spesso. A partire da lì, quando iniziai a parlare con la gente del pensiero di Illich, le risposte che ottenevo erano “ah ah”,il chiaro effetto di chi conosce quelle cose ma che non è in grado di articolarle. Illich era un profeta, ciò non vuol dire che fosse capace di leggere il futuro in una sfera di cristallo,ma che era in grado di leggere nel profondo il presente e quindi riusciva ad anticipare le tendenze.

Per esempio descrive chiaramente qualcosa di simile ad internet dieci anni prima che fosse inventato, perché sapeva che era in quella direzione che si stava andando.

Illich ha visto la decadenza di tutte le istituzioni moderne prima di qualsiasi altra persona.

Nella ultima parte della sua vita è entrato in un'angoscia crescente perché diceva che non siamo più nell'era degli strumenti. Il problema non è più se i nostri strumenti non compiano i nostri propositi ma il contrario, cioè siamo entrati nell'era dei sistemi, in cui i sistemi ci stanno convertendo in loro subsistemi, al servizio dei sistemi. Nel momento attuale stiamo vivendo il collasso di tutte le istituzioni includendo anche quelle del sapere, quindi vediamo chiaramente il collasso del capitalismo. Non siamo più in una società capitalista, ma quello che c'è al posto del capitalismo è molto peggio del capitalismo stesso. Si è creato un sistema di accumulazione per spossessamento e spoliazione, dove non regge più la legge del lavoro e del lavoro astratto, come diceva Marx, ma il sistema si regge sul saccheggio e l'abuso, e questo è solamente possibile attraverso l'uso della violenza. Per noi quindi è diventato sempre più urgente, per fermare l'orrore, la creazione di alternative, la creazione di possibilità differenti di altre società. Per la resistenza attuale non basta dire no, mentre diciamo no, dobbiamo allo stesso tempo affermare noi stessi in un nuovo sì, radicalmente nuovo. Dobbiamo capire bene che l'animo delle grandi masse dei lavoratori è conservatore. Ci stanno dando il messaggio molto ambiguo che c'è qualcosa di peggio che essere sfruttati ovvero non essere non sfruttati: ridatemi le mie catene, voglio il mio impiego, voglio le mie condizioni di lavoro. Non che siano reazionari, ma non possono sopravvivere se gli viene tolto ciò che gli garantisce la sopravvivenza: non avranno il loro impiego di nuovo e le loro condizioni. Quindi quello che è urgente è cercare di creare delle alternative e credo che la parte positiva, quella che milioni di persone del mondo si stanno già dedicando a costruire, è un nuovo tipo di rivoluzione, che si fa nella sfera della vita quotidiana, nelle forme dell' imparare, del mangiare, del curarsi, dell'abitare. Unitierra fa parte di questa insurrezione mondiale: nacque da un contesto prettamente indigeno, quando gli indigeni di Oaxaca avevano dichiarato pubblicamente che la scuola era stata uno degli strumenti principali dello Stato per distruggerli; questo significava recuperare una verità storica.

In Messico, come in tutti i paesi, la scuola si è creata per togliere agli indigeni l'essere indigeno. Molte comunità hanno abbandonato la scuola e hanno mandato via i professori,creando uno scandalo, perché i giornali scrivevano che questi barbari condannano i loro bambini all'ignoranza. Però in realtà succedeva il contrario. Un buon antropologo ha voluto quindi dimostrare ai genitori quale era il danno che gli insegnanti provocavano ai bambini: in questa esperienza si mettevano alla prova i bambini che andavano a scuola con quelli che non ci andavano, e con sorpresa dei genitori i bambini che non andavano a scuola erano molto meglio di quelli che ci andavano, nel leggere,nello scrivere,nell' aritmetica,nella geografia, con un'unica eccezione: quelli che andavano a scuola sapevano cantare l'inno nazionale.

Ma queste stesse comunità, che avevano abbandonato le scuole, avevano condiviso una stessa preoccupazione:i bambini e i ragazzi stanno imparando molte cose nella comunità, però cosa succede quando qualcuno vuole imparare qualcosa che non si può apprendere nella comunità? Se non hanno un pezzo di carta non possono continuare gli studi, così insieme a loro e per loro abbiamo inventato l'università della terra. Il nome dell'università è stato scelto con un dirigente zapoteco indigeno e lì abbiamo iniziato ad applicare un principio molto semplice dalle nostre esperienze precedenti, ovvero che la migliore maniera di apprendere e iniziare a fare quello che si vuole fare non è nelle aule con dei buoni libri di testo né con gli insegnanti, ma è fare ciò che ciascuno vuole fare. Se qualcuno ci chiede qual è il nostro modo pedagogico, noi rispondiamo che è un modello bebè, ognuno di noi da piccolo ha imparato cose così difficili come camminare, pensare, parlare, senza nessun professore; la mamma può accompagnare il bambino perché non cada ma non gli dice ora muovi un piede ora muovi un altro, si tratta di apprendere nell'azione, apprendere facendo; se una giovane indigena vuole essere avvocato agrario, il giorno seguente è già a fianco di un avvocato agrario, apprende ad essere avvocato facendo l'avvocato, quindi nella sua esperienza di diciotto mesi può già farlo, partecipare alle cause e vincerle. Ma questo schema che abbiamo iniziato a costruire l'hanno determinato gli studenti. Ormai non ci sono facoltà, aree di studio, perché gli studenti sanno che queste aree o facoltà sono percorsi per connetterti al sistema. Non si apprende nella università della terra ad essere schiavi, ma a fare la propria vita. C'è un insegnamento personalizzato, ci può esser la possibilità che arrivino dei giovani all'Unitierra che vogliono imparare qualcosa nello specifico:per esempio nel ramo della comunicazione popolare,e vogliono imparare a fare radio. Quindi la cosa bella è vedere come avviene questo processo di apprendimento, dove per esempio può succedere che un ragazzo di una comunità indigena che non è andato a scuola arriva e si affianca a qualcuno che ha esperienza. Da otto anni non manca gente che viene a fare un postgraduate dall'Italia e apprende altre cose. A parte l'apprendimento personalizzato c'è l'apprendimento di gruppo, qualunque persona può dire a me interessa studiare le questioni di genere, la crisi attuale o cosa succedeva nella spagna del XVII secolo, qualsiasi persona può dire si questo mi interessa e lo si studia insieme, però applichiamo chiaramente un lemma di Illich: “studiare deve essere un attività piacevole, di godimento di uomini e donne liberi”, non è per un diploma ma per il piacere di studiare qualcosa, non c'è nessun tipo di grado qui. Il tipo di apprendimento che ci piace di più è l'apprendimento in comunità, andiamo in comunità che ci invitano, e qui diciamo qualcosa di ovvio, cioè non ci possiamo aspettare che il governo, il partito, lo Stato, le istituzioni risolvano veramente i nostri problemi e discutiamo con loro quali sono i temi più urgenti da risolvere nella loro comunità. Il problema più grave è sempre la violenza, la mancanza di opportunità per i giovani, la rottura del tessuto sociale. Ma normalmente si inizia risolvendo le urgenze che possono risolvere poi i problemi più gravi, impariamo come risolvere i problemi di acqua, spazzatura, pensando alla autonomia della comunità e attraverso questo cammino si reintesse il tessuto sociale e si previene la violenza. Un altro livello di apprendimento della Unitierra è l'apprendimento collettivo, al livello dell'intero stato di Oaxaca, di tutto il paese, o a livello internazionale. Siamo completamente immersi nei movimenti sociali, e con i movimenti sociali partecipiamo in questo sforzo per apprendere, per parlare di alcuni temi che sono cruciali e importanti. Questo esige di fare uno sforzo sempre più forte nella partecipazione nei mezzi di comunicazione indipendenti.

Possiamo anche utilizzare qualche spazio nei mezzi di comunicazione commerciali come una colonna di un giornale, ma il nostro sforzo principale è concentrato nel costruire i nostri mezzi di comunicazione, come una radio Unitierra in internet o un sistema televisivo in internet.

Tutto quello che facciamo può essere sintetizzato nell'espressione “riflessione nell'azione” e il principio è riflessione e azione, studio e azione, non sono due cose separate, è un processo in se stesso unico, e a partire da questa convinzione la cosa più importante nel mondo è la creazione di centri autonomi di produzione di conoscenza/sapere, dobbiamo sfidare la produzione istituzionale di verità. La verità non è ciò che è vero o falso, ma quegli enunciati con i quali governiamo noi stessi e gli altri, ci sono certi enunciati che teniamo nella testa, che governano noi stessi e che governano gli altri, per esempio che la democrazia è andare a votare, che il popolo non può governare se stesso e che quindi c'è qualcun altro che li deve governare, e che quindi dobbiamo avere dei buoni rappresentanti che governino la gente, o enunciati come “ho bisogno di una buona preparazione universitaria per aver un buon lavoro”. Questi sono enunciati che dobbiamo problematizzare sempre, e la crisi più grave che stiamo vivendo è quella dell'immaginazione,pensiamo all'interno di questa cassa della verità, della realtà dominante e invece bisogna saltarne fuori.

In piccoli spazi come una libreria occupata,si inizia a pensare da soli in libertà, e questo è quello che stiamo facendo all'Unitierra a Oaxaca, ma sappiamo anche che è quello che sta facendo un sacco di gente in molti posti e questo è quello che ci da speranza.

Sono tre giorni che ho molto freddo in Italia, e nonostante il freddo, in ogni posto dove sono stato, a Venezia, a Torino, in Val di Susa, in ogni luogo, ho potuto toccare, sentire, odorare che qui c'è qualcosa in ebollizione, che ha iniziato a crepare questa mentalità dominante, e che soprattutto ci sono giovani che dicono che questi occhiali che ci hanno dato non servono per vederci la realtà attraverso, ma soltanto per vedere gli occhiali stessi, quindi non vediamo e quindi iniziano a toglierci gli occhiali e cerchiamo di usare i nostri propri occhi inventando nuove parole ed è così che speriamo potranno fare quello che dicono gli zapatisti: cambiare il mondo è molto difficile, quasi impossibile, quello che è interamente fattibile è creare un nuovo mondo e questo sembra iniziare anche qui.

Ciò che stiamo già vivendo è che la gente rifiuta qualsiasi discorso, molta gente è stufa, non dimostra più desiderio per niente, però possiamo provare a pensare l'ipotesi che forse non succede perché non vedono delle opzioni, ciò che possiamo vedere è che molta gente è ottusa in quello che vedono, ma forse vedendo cose nuove iniziano a incuriosirsi e lo vogliono anche loro: non si tratta di convincere o di portare coscienza ma di mettersi a farlo e che la gente lo veda, non facendolo in una stanza chiusa, ma nella realtà, e la speranza è che la gente per contagio lo inizi a fare.

L'amicizia è la vera risposta, l'amicizia è la vera forma di ricostituzione della comunità. Dobbiamo cercare quali sono i veri amici , per fare qualcosa insieme a loro: ognuno può avere mille amici, ma quelli veri sono due,tre, otto al massimo.

Con due, tre, quattro amici si può tentare di fare qualsiasi cosa e un vantaggio di fare questo in una città come Milano è quello di avere più comunità nello stesso posto. Intrecciare queste comunità costruendo altre comunità nell'azione: questa non è una mia invenzione, e qui di nuovo Illich: “in questo mondo tecnologico c'è ancora qualche spazio per il politico e molto di questo sta nell'amicizia, in una vera amicizia che coltivata in modo disciplinato è già in se stessa un atto produttivo. Questo è ancora più importante della relazione amorosa, perché nell'amore c'è esigenza di reciprocità: io ti amo perché tu mi ami, invece nella relazione di amicizia non c'è necessariamente questa reciprocità perché io posso fare qualcosa per un amico anche senza avere necessariamente la stessa cosa in cambio, gli amici si possono aiutare continuamente anche senza la possibilità di ricambiare. Questo elemento di gratuità è ciò che ci permette di creare la comunità.

 

* L'incontro si è svolto alla Libreria Autogestita Ex-Cuem di Milano l'8 aprile 2013.