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Renzi, il cinghiale e il Mezzogiorno

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di FRANCESCO MARIA PEZZULLI

Il governo cade sul Mezzogiorno. È una frase tipica di qualche decennio fa che forse risentiremo anche per il governo Renzi, come lascia presagire il caso di Tonino Gentile, alias “il cinghiale”. Le vicende sono ampiamente note, la risonanza che la stampa nazionale ha riservato loro è stata considerevole. In breve: il figlio di Gentile è accusato dalla procura di abuso d’ufficio, falso ideologico e associazione a delinquere, nell’ambito di un’inchiesta sull’azienda sanitaria della provincia di Cosenza, feudo elettorale di famiglia. Affinché la notizia non fosse pubblicizzata è stato fatto di tutto, ma non è servito a nulla. Il direttore de L’ora della Calabria ne dà notizia sul giornale insieme alle prove riguardanti le pressioni ricevute per censurare i fatti. Immediatamente la storia del “cinghiale ferito” invade la scena politica nazionale, proprio mentre papà Tonino veniva incaricato come sottosegretario alle infrastrutture. Primo scivolone del governo? si chiedono gli opinion maker e i giornalisti, presto delusi dal fatto che, dopo qualche giorno di pressioni, Tonino Gentile è costretto a dimettersi: “torno ad occuparmi della Calabria” ha dichiarato; la politica nazionale – alle cronache della quale è ricordato come promotore della candidatura di Silvio Berlusconi a premio Nobel per la pace (non è uno scherzo) – ormai lo ha rifiutato.

Detto ciò, è evidente che Gentile sa fare il suo mestiere, sono quattro legislature che è senatore e le sue performance politiche sono note ai calabresi, ai cosentini in particolare, che gli riconoscono un ruolo di tutto rispetto. Socialisti nella prima repubblica, berlusconiani ed ora alfaniani nella seconda, i fratelli Gentile, non solo Tonino, sono senza dubbio un nodo centrale delle reti locali di potere. In Calabria un partito vale un altro, quello che conta sono le capacità di costruire ed orientare il consenso politico, le clientele elettorali, ed in questo i fratelli si sono dimostrati capaci, almeno pari agli omologhi del partito di Renzi. Quest’ultimo, in un primo momento, non ha avuto remore nell’imbarcare Gentile come sottosegretario alle infrastrutture, rinunciando di fatto al cambiamento nella regione più povera del paese. Jobless act. In corner, grazie alle dimissioni del politico calabrese, è riuscito ad evitare il peggio astenendosi dal commentare l’accaduto.

Il direttore de L’ora Locale, tra i fautori dello “scoop”, ha definito il novello premier un bluff a causa del suo comportamento intrattenuto nella vicenda. Ma quanto può durare il bluff? Può darsi che il direttore sia stato ingeneroso, ma se non si tratta di un bluff dobbiamo convenire sul fatto che le idee di Renzi sul Mezzogiorno, e sulla classe politica locale, sono abbastanza confuse: dietro lo slogan populista del “rottamiamo tutti” – già contraddetto nella proclamazione del 22 febbraio – potrebbe non esserci nulla di buono per il cambiamento meridionale. Come “cambiare verso” con chi sulla continuità (socioeconomica, culturale, istituzionale) ha riprodotto per decenni il suo potere locale? Come invertire la rotta con chi ha costruito le proprie fortune sull’arretratezza “programmata” per mano politica? Come “innovare” con chi ha eletto la tradizione familistica a modello di gestione neofeudale?

La confusione, allo stato attuale della crisi, non può essere giustificata perché siamo in un periodo in cui incentivare con sottosegretariati la vecchia classe politica meridionale non è certo una scelta di cambiamento. Non lo è soprattutto oggi che tali reti di potere non godono di buona salute e rispetto ai decenni della prima repubblica sono molto più deboli. In modo schematico, se fino agli anni ’80 sono riusciti “straordinariamente” bene a coniugare gli interessi locali e statali (coesione sociale, governabilità, stabilità elettorale) con l’instaurarsi della seconda repubblica e la nuova dimensione europea, le cose in parte cambiano. Nuovi attori, nuove regole, e soprattutto il fatto di non avere più una “cassa” alla quale attingere, hanno causato una serie di problemi sconosciuti a chi, abituato a muoversi disinvoltamente nella gestione dei trasferimenti nazionali, si è trovato imbrigliato nei vincoli per l’utilizzo dei fondi obiettivo 1. In altri termini, dal decennio ’90 le reti clientelari sono state costrette a diventare più selettive, a riorganizzarsi in molte funzioni e attività, a ricalibrare alcune azioni al fine di ridurre le complessità del nuovo corso. La loro capacità di stratificare, ordinare e controllare il territorio è diminuita, nonostante la loro forza venga celebrata spesso come assoluta e incontrastata. Per restare al caso dal quale siamo partiti, i successi elettorali di Gentile nella sua roccaforte sono indicativi di quanto stiamo dicendo: dalla tornata elettorale di maggio del 2001 è senatore di Forza Italia. In quell’anno, a Cosenza, il suo bacino d’influenza era di circa 18 mila voti. Alla tornata elettorale del 2013 poco più di 7 mila.

La rete è smagliata, la capacità di raccolta del consenso più che dimezzate. Da questo punto di vista il primo governo Renzi potrebbe assumere, nel mezzogiorno, le sembianze del governo restauratore, pronto ad offrire linfa e ossigeno alle reti clientelari che faticano a restare salde nei posti nevralgici della società meridionale.