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Dentro e contro l’università-azienda: le lotte anti-austerity in Inghilterra

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Intervista a SEBASTIAN LYCHE - di IVAN BONNIN (@ivnbkn)

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Proponiamo quest’intervista a Sebastian Lyche, studente della Goldsmiths University, sulle lotte nel mondo della formazione britannico. Ci ritroviamo in sintonia con molti dei discorsi di Sebastian, in particolare con quello sull’emersione di una soggettività comune sempre più ibridata e che esprime la condizione di una precarietà diffusa trasversalmente tra diversi segmenti sociali, ma anche lo sviluppo di un esplicito antagonismo contro il potere dell’1% (il potere finanziario), di cui lo Stato e il suo apparato repressivo si fanno garanti.

Troviamo, invece, più problematico il discorso sul pubblico: la descrizione di un settore pubblico necessariamente “migliore” di quello privato non ci convince fino in fondo. Siamo sicuri che il governo sia effettivamente più accountable in quanto periodicamente votato? Per rispondere, crediamo non sia possibile prescindere da una riflessione sulla rappresentanza liberale in generale, sull’astensionismo di massa, sulla corruzione del ceto politico, etc. Siamo poi sicuri che il settore pubblico offra sempre migliori condizioni lavorative e salariali che il privato? Siamo sicuri che i servizi pubblici siano sempre più accessibili e qualitativamente migliori rispetto a servizi privatizzati? Tendenzialmente sì, ma non sempre. Un tema senz’altro da approfondire.

Ciononostante, i discorsi di Sebastian – che descrivono molto efficacemente il complesso rapporto tra lo Stato contemporaneo e il neoliberismo – ci invitano a riflettere sulla questione che anche Silvia Federici sollevava in un’intervista curata da Antonio Alia: “il discorso è come collegare le lotte per il comune alle lotte che i lavoratori e le lavoratrici nel settore pubblico – infermiere, insegnanti, ecc. – stanno portando avanti, in modo da congiungere le conoscenze e le risorse e costruire nuove strutture e nuovi rapporti alternativi allo Stato e al mercato”.

Cosa significa “austerità” in Inghilterra oggi e qual è la sua relazione con il mondo dell’istruzione? È una politica dispiegata tanto quanto lo è nel Sud dell’Europa o credi ci siano alcune differenze nella sua implementazione?

Il programma di austerità del governo inglese si costituisce di una serie di tagli alla spesa, di deregolamentazioni e privatizzazioni nel settore pubblico. Per quanto concerne l'istruzione universitaria, abbiamo sinora vissuto l'esternalizzazione verso agenti privati dei servizi presenti nel campus, una triplicazione delle tasse universitarie, e la chiusura di vari corsi di studio. L'istruzione è progressivamente mercificata; gli studenti sono sempre più trattati alla stregua di consumatori che richiedono career skills e il lavoro è sempre più soggetto a processi di repressione salariale e precarizzazione. Processi simili sono dispiegati su tutto il settore pubblico in Gran Bretagna. Tutti i beneficiari di welfare sono stati costretti a subire significativi tagli ai propri sussidi, l'imposizione della bedroom tax, e schemi di workfare disciplinare.

Secondo il punto di vista del governo, questa strategia serve a correggere il deficit di bilancio, crollato durante la crisi dell'eurozona e un'eccessiva spesa pubblica in passato. In realtà, quello che stiamo vivendo – da oltre quarant'anni – è l'impulso neoliberale alla privatizzazione e alla deregolamentazione selvagge dell'attività economica. L'austerità è la continuazione di un attacco ideologico contro il welfare state pubblico che era stato inaugurato da Thatcher, Reagan e il Washington Consensus. La repressione salariale che ne è scaturita, insieme alla deregolamentazione finanziaria, sono le vere responsabili del credit crunch. Persino l'FMI ha recentemente incoraggiato il ministro dell’economia ad allentare l'austerità per far ripartire la crescita e accelerare la ripresa. In tal proposito, non credo che questo sia un incoraggiamento che è stato esteso anche al sud Europa. Ciò mi porta a pensare che là l'austerità è ancora più diffusa che qua. L'influsso dei lavoratori migranti dal sud Europa potrebbe anche volerci dire che le condizioni di lavoro nei loro paesi d'origine sono ancor più precarie.

Tuttavia, l'austerità non è semplicemente inutile e irrazionale. Anche se inizia a esser accusata da più fronti di inibire la crescita economica e la ripresa, l’austerity sta in realtà favorendo una strategia molto razionale di accumulazione capitalistica: l'esproprio del pubblico. Il sostegno del governo al welfare per le aziende e ai tagli della tassazione è un'indicazione piuttosto chiara di questa dinamica. E volendo, si potrebbero menzionare anche l'aumento degli stipendi manageriali, il “matrimonio reale” nel 2011, i funerali di Stato della Thatcher, la costruzione del villaggio olimpico e la militarizzazione di Londra durante le Olimpiadi del 2012. Il progetto neoliberista sta progressivamente centralizzando la ricchezza e il potere nelle mani dei pochi espropriandolo dal pubblico. Il neoliberismo ha preservato il feticcio della crescita aggregata, ma con il fine di potenziare le elite aziendalistico-finanziare.

Quali sono le trasformazioni causate dall’aumento delle tasse universitarie e dal crescente debito studentesco? Possiamo parlare di una minore accessibilità all’università? La composizione sociale universitaria sta mutando?

Personalmente, non ho studiato qui sufficientemente a lungo per poter assistere in prima persona a trasformazioni visibili nella composizione dell'università. Eppure, mi sento di dire che la componente predominante, la classe media bianca, era già sovrarappresentata quando iniziai tre anni fa. Poiché vivo e studio nel sud-est londinese, l'esclusione del proletariato, in particolare quello nero, risulta piuttosto evidente. Ho parlato con molte persone del posto che non fanno parte dall'università, e si sono lamentate per non essersi potute permettersi l'iscrizione a causa del costo delle nuove rette.

Considerando la progressiva aziendalizzazione dell’università, pensi che abbia ancora senso la dicotomia tra pubblico e privato? Quello a cui ci si sta realmente opponendo è la privatizzazione o l’aziendalizzazione?

Le critiche neoliberiste allo stato “Stato balia” si basano di solito sulla distinzione binaria tra pubblico e privato; la logica imprenditoriale di efficienza e razionalità del mercato vs la logica inefficiente, irrazionale e burocratica del pubblico, ovvero dello Stato. Dunque, l'obiettivo principale del neoliberismo è l'espansione della razionalità di mercato nel regno del pubblico. Uno dei problemi principali con questa formazione discorsiva è l’omissione del come la privatizzazione riterritorializzi le relazioni di potere sui circuiti burocratici del controllo al di fuori ma sempre in connessione con lo Stato.

In primo luogo, le grandi imprese private sono di solito esse stesse organizzate secondo strutture burocratiche di management. La differenza principale è che il management dei privati è responsabile delle proprie azioni solo davanti agli azionisti, mentre il management del settore pubblico davanti ad un governo eletto. Non ci sono elezioni periodiche che rendono i padroni accountable. Vero è, però, che entrambe queste strutture gerarchiche producono alienazione. Sostanzialmente credo che dovremmo ripensare a una concezione dei commons che non sia mediata da uno Stato burocratico. Tuttavia, mi sento di sostenere che un governo eletto ha comunque un grado di accountability superiore rispetto a quello di una boardroom aziendale. I lavoratori nel settore pubblico beneficiano di maggior sicurezza sul lavoro e del diritto alla rappresentanza sindacale, stipendio in malattia, vacanze, pensioni etc. Anche i beni e i servizi pubblici sono più economici, più accessibili per tutti e meno mercificati. Ecco perché ha ancora un significato difendere il pubblico.

In secondo luogo, la distinzione pubblico-privato è stata prodotta all'interno del campo dell'economia (neo)classica, non viceversa. Come ho detto prima, il capitalismo neoliberista non si esaurisce nell'assenza di sostegno al pubblico, ma in una modificazione della propria forma. L'obiettivo principale della governamentalità neoliberale è promuovere lo sviluppo di un ambiente sociale favorevole alla produzione dell'homo oeconomicus: un particolare tipo di soggettività radicata nella modernità europea e nel discorso liberale classico. Nella congiuntura contemporanea, il neoliberismo sta dunque ulteriormente espandendo nel campo del sociale l'"uomo economico" prodotto dal liberalismo. Il soggetto neoliberista è costituito dall’auto-imprenditore; l'individuo flessibile, autodiretto e razionale, pienamente responsabile nel navigare in società pilotato dal proprio interesse, calcolabile in base ad accurate analisi costo-beneficio. La forma specifica dell'homo oeconomicus è stata adattata in modo tale da adeguarsi ai parametri della produzione economica in un'economia della conoscenza, dinamica e globalizzata. Di conseguenza, lo Stato neoliberista non interviene molto sul mercato, poiché lo fa sulle condizioni di possibilità del mercato; giocando un ruolo attivo nella produzione di leggi e istituzioni necessarie a questa operazione.

Ciò non implica necessariamente la privatizzazione completa degli asset pubblici. Molte istituzioni sociali sono infatti rimaste pubbliche, ma hanno fatto proprie strutture e pratiche che derivano dal campo del management aziendale. I principi del life-long training in quanto imperativo economico, per esempio, riflettono la mercatizzazione dell'università pubblica. I management universitari sorvegliano i dipartimenti con il fine di assicurare vendite, efficienza e profitti. I dipartimenti accademici, a loro volta, sono costretti a trasformarsi secondo i dettami della razionalità di mercato, altrimenti vanno l’estinzione. La London Metropolitan, per esempio, ha tagliato il 60% dei propri corsi in dipartimenti accademici quali filosofia, arti performative, storia e studi caraibici, corsi divenuti impopolari perché offrono scarse prospettive di impiego. Le università operano sempre più quali aziende che mercificano quei saperi che poi garantiscono  sul mercato del lavoro.

Questi sviluppi vanno interpretati anche in relazione alla crescita di una sempre più precarizzata sotto-classe che risulta svantaggiata in termini di accessibilità ad un segmento sempre più specializzato del mercato del lavoro. I management universitari hanno esternalizzato la forza-lavoro dal salario più basso (pulizie, catering e sicurezza). Ecco come l'impresa privata opera all'interno o in partnership con lo Stato. Ho anche sentito studenti e personale docente speculare sul futuro e sulla privatizzazione totale dell'università pubblica. Tuttavia, al momento, quello a cui le recenti mobilitazioni studentesche stanno resistendo sono i processi di modulazione aziendalistica.

Quali sono le continuità/discontinuità del movimento studentesco di oggi rispetto a quello del 2011? Sei d’accordo con la prospettiva di una mescolanza/sovrapposizione sempre più consistente tra soggettività studentesche e lavoratrici?

Credo potrebbe ancora essere prematuro caratterizzare la recente ondata di mobilitazioni studentesche come "movimento". Nella mia università c'erano circa cento partecipanti nell'occupazione chiamata in solidarietà con il personale in sciopero nella prima settimana di dicembre. Eppure, nonostante in Gran Bretagna sia molto difficile mobilitare occupazioni a breve termine, ci sono ancora 11 occupazioni diffuse nel paese. Mentre le proteste studentesche del 2010 vertevano principalmente sulle tasse d'iscrizione universitarie, queste occupazioni si sono anche espresse in opposizione ai più ampi processi di mercatizzazione, repressione salariale, esuberi, esternalizzazione di servizi, debito studentesco, così come la chiusura del sindacato della University of London.

Prima di queste occupazioni molti studenti hanno anche partecipato alla campagna 3cosas, rivendicando salario in malattia, ferie pagate e pensioni per i lavoratori esternalizzati, parimente agli altri lavoratori. In seguito a una due giorni di sciopero a novembre, i lavoratori esternalizzati hanno raggiunto alcune parziali vittorie. Questa campagna è particolarmente emblematica per quanto riguarda l'emersione di una soggettività, centrata sulla comune esperienza della precarietà. Gli sforzi dello scorso anno nel creare un pop-sindacato che si sapesse opporre ai processi di esternalizzazione alla Sussex University anche andrebbero compresi entro questo stesso contesto. A causa dell'enorme indebitamento e della prospettiva di un accesso ad un mercato del lavoro estremamente precarizzato, gli studenti percepiscono sempre meno differenza tra sé e la forza-lavoro precarizzata. Ciò tende a produrre un sempre più consistente concatenamento di reti di solidarietà tra studenti, ricercatori personale docente, lavoratori e attivisti. Speriamo che questa sorta di solidarietà attiva si possa presto estendere anche oltre i campus universitari, con il fine di sostenere ed imparare da altre sezioni della moltitudine in lotta contro la precarizzazione.

Come leggi, in chiave politica, la repressione poliziesca contro gli studenti? Credi che il tema #copsoffcampus possa in qualche modo favorire l’incontro con la popolazione nera e il suo “no justice no peace” per Mark Duggan?

A questo emergente processo di resistenza politica è stato sistematicamente fatta corrispondere la solita, violenta repressione dell’apparato di Stato. La scorsa estate, la polizia arrestò un attivista reo di aver attacchinato un manifesto della campagna 3cosas su un edificio della University of London. Recentemente anche il Presidente della ULU (il sindacato degli studenti londinesi) è stato arrestato perché si oppose alla chiusura del suo sindacato. Pure la University of Sussex è stata protagonista di un altro grave caso di repressione: la sospensione draconiana di cinque suoi studenti attivisti. Il violento sgombero del Senate House e la concomitante ingiunzione restrittiva dell’Alta Corte contro “l’occupazione come forma di protesta”, hanno di conseguenza mobilitato migliaia di studenti in una serie di proteste che avevano come obiettivo la cacciata degli “sbirri” dai campus universitari. Nel corso della stessa settimana sono emersi nuovi dettagli dall’inchiesta sul caso Mark Duggan, la cui uccisione da parte della polizia nell’agosto 2011 innescò i famosi riots chesi diffusero in tutto il paese. Questi nuovi dettagli hanno rivelato che Mark Duggan aveva la mani alzate quando la polizia gli sparò. Così, mentre si intensificava la repressione sulla manifestazione “#copsoffcampus”, gli studenti intonavano: “Avete ucciso Mark Duggan!”. Questo è già qualcosa: è un’indicazione che gli studenti che si trovano a dover fronteggiare la brutalità poliziesca tendono a identificarsi sempre più con altri gruppi sociali marginalizzati ed espropriati, come per esempio i rioters del 2011. Una moltitudine di soggetti è sempre più cosciente del mastodontico intervento dello Stato per favorire repressione salariale, precarietà e debito.