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Fannulloni e start-up: contributi al dibattito #3

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Intervento di Bruno Cava e Talita Tibola

 → Testo di presentazione del dibattito

Negli ultimi dieci anni é apparsa in Brasile una nuova composizione sociale, che riguarda almeno cento milioni di persone. La crescita economica, associata all’espansione e dinamizzazione del capitalismo ha anche comportato un corrispondente processo di socializzazione. Mentre il governo insiste nel sostenere che si tratta di un “nuovo ceto medio”, come se ci trovassimo dentro il processo di conversione di un paese debole, di miserabili, in un paese forte e appunto di ceto medio, resta il fatto che questa nuova composizione ha un accesso sempre precario ai diritti, si trova oberata dai debiti e stretta dentro nuove esigenze, compresa quella di raggiungere un successo economico e sul piano sociale che metta da parte il fallimento e descriva le coordinate e gli obiettivi della nuova società brasiliana. In questo senso inclusione sociale significa da una parte proletarizzazione, come formazione di una classe lavoratrice che nasce già in una condizione post-fordista (considerando che in un paese sottosviluppato come il Brasile non c’è mai stato un fordismo generalizzato); dall’altra parte, significa lo sviluppo endogeno di capacità cooperative, politiche e comunicative, quello che Giuseppe Cocco chiama “mobilitazione produttiva dei poveri”, che sta gradualmente conquistando autonomia rispetto alle reti di sfruttamento e valorizzazione del capitale.

É questa composizione, al cuore delle manifestazioni brasiliane, che può spiegare, dal punto di vista di classe, i molteplici tentativi di discredito dei soggetti in lotta. Questi sono accusati di appartenere al “ceto medio bianco”: un concetto sociologico debole, tradizionalmente utilizzato per connotare a destra l’agenda politica del movimento e per conferire una connotazione moralista e persino reazionaria alle proteste. Oppure individuati come masse depoliticizzate, come teppisti o criminali che provengono da condizioni di povertà, ovvero il “nero” come Altro della ragione occidentale illuminista. In ogni caso, quello che si perde di vista è l’ambivalenza di questa “classe senza nome” (Hugo Albuquerque), la sua posizione strategica, situata al di fuori dai concetti sociologici, collocata tra l’esiguo “vecchio ceto medio” e quello nuovo, più grosso. É un soggetto in transizione, una soggettività “intermedia”, attraversata dalle contraddizioni del rapporto di capitale. Se sono al centro del mercato del lavoro interno, alla base del progetto di sviluppo nazionale, è perché contengono in sé una dimensione produttiva e biopolitica, una potenza. Nel corso delle manifestazioni ciò si esprime come capacita di relazionarsi con molteplici soggetti, trasformandoli, per esempio nella relazione con la sinistra più tradizionale dei movimenti, con gli studenti e i professionisti sindacalizzati, ma anche con le lotte nelle favelas e per le azioni affermative sul terreno del genere e alla razza (si pensi ai movimenti neri, ai rituali indigeni e ai linguaggi delle periferie che sono confluiti nelle manifestazioni). É un nuovo soggetto della politica brasiliana la cui pienezza non si era espressa prima del 2013. Da quel momento tutto è cambiato, dentro il comune che si è creato.