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“Che cosa vogliamo? Tutto” – Rileggere “Vogliamo tutto” oggi

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Intervista a NANNI BALESTRINI - di MARIANNA SICA

Sulle barricate c’erano delle bandiere rosse e su una c’era un cartello con su scritto: Che cosa vogliamo? Vogliamo tutto. Continuava a arrivare gente da tutte le parti. […]La gente continuava a attaccare era tutta la popolazione che combatteva.[…] Ma adesso la cosa che li faceva muovere più che la rabbia era la gioia. La gioia di essere finalmente forti. Di scoprire che ste esigenze che avevano sta lotta che facevano erano le esigenze di tutti era la lotta di tutti.

Considerato documento politico e resoconto epico della conflittualità operaia e sociale espressa durante l'autunno caldo, Vogliamo tutto viene oggi ripubblicato. Quale significato e valenza può avere nell'attuale situazione, caratterizzata da nuove e diverse problematiche socio-politiche, da una crisi economica che perdura ormai anni, la riedizione di un romanzo come Vogliamo tutto?

Vogliamo tutto penso che oggi abbia più che altro un valore storico, passati più di quarant'anni dalle vicende a cui il romanzo dà voce. Racconta di un'altra epoca, la migrazione dal Sud degli anni ’60, l'autunno caldo, le lotte alla Fiat: Il libro ne è anche una cronaca che forse può servire per conoscere quegli avvenimenti in un modo diverso da come li troviamo nei libri di storia, a conoscerne i personaggi. Attraverso il protagonista che è un personaggio collettivo, che rappresenta altri individui che vivono la stessa condizione, attraversano le stesse vicende, hanno le stesse idee, gli stessi comportamenti.

Che significato ha oggi tutto questo? Rispetto agli anni che Vogliamo tutto racconta è cambiato tutto, è cambiata la classe operaia, è cambiata la forma di produzione, non ci sono più quel tipo di fabbrica né quel tipo di capitalismo. Però penso che il significato ancora attuale di quella storia stia nella volontà, nel desiderio di opporsi, di non subire passivamente una vita di sfruttamento, una vita di lavoro che distrugge, che non dà nessuna soddisfazione. Oggi che la situazione è ancora peggiorata quello che potrebbe trasmettere Vogliamo tutto è non tanto un messaggio ma la convinzione che esiste sempre la possibilità di cambiare le cose, che non dobbiamo rassegnarci a subire, ad accettare. Penso sia un'indicazione che può essere utile oggi.

Il protagonista di Vogliamo tutto, come ricordavi, è un soggetto-collettivo, che ci trasmette non una memoria individuale ma la storia di una collettività, l'operaio-massa, protagonista delle lotte operaie e sociali dell'autunno caldo; oggi probabilmente uno dei maggiori ostacoli alla costruzione di una resistenza collettiva e di una conflittualità sociale diffusa è proprio la frammentazione della soggettività precaria, l'individualizzazione dei rapporti e delle esistenze. Quali possono essere i nodi centrali su cui far leva per rovesciare quest'individualità, quale direzione intraprendere per generalizzare una conflittualità che a volte rischia di restare isolata e circoscritta ad ambiti specifici?

L'esperienza dell'operaio-massa, dell'autunno caldo, non può essere una ricetta per rifare oggi le stesse cose, le stesse lotte. La situazione è diversa e vanno quindi inventate forme diverse. Che non possono che essere forme collettive, perché quello che impedisce le possibilità di lotta è la debolezza dell'individuo isolato contro il sistema. Oggi ci sono nuovi mezzi di comunicazione che vengono usati per produrre e veicolare messaggi, e si sta cercando di utilizzarli per produrre forme di aggregazione. Non è facile, ma c'è questo tentativo, c'è questo desiderio, basti guardare alle pratiche e alle iniziative dei vari indignados, del movimento Occupy, penso sia una direzione interessante. Forse non sono ancora pratiche del tutto efficaci ma i processi sono lunghi e difficili, la cosa importante è che dei tentavi ci siano, dimostrano che la rassegnazione non è completa.

Il 19 Ottobre in Italia, ma non solo, abbiamo assistito a quella che è stata definita una sollevazione sociale contro l'austerity. Soggetti, bisogni e desideri diversi si sono composti nella piazza romana attorno a poche ma urgenti rivendicazioni: casa, reddito, diritto alla città. Cosa ha espresso per te la piazza del 19 Ottobre? Vedi in essa la potenzialità di superare il mero evento e farsi processo?

É stata una manifestazione straordinaria che non si è dispersa alla fine della giornata, ma che è riuscita, almeno finora, a dare una continuità alla protesta con nuove forme di lotta, e mi sembra un esempio notevole delle possibilità di agire in questo senso.

Con Vogliamo tutto hai utilizzato il mezzo letterario per narrarci il divenire della fabbrica da spazio di lavoro a campo di battaglia, la trasformazione dall'individuale rifiuto del lavoro a lotta di classe, la generalizzazione della conflittualità operaia alla società intera. Hai combinato contenuto politico a sperimentazioni formali e scelte stilistiche che hanno dato all'opera un valore antitetico nel sistema letterario nazionale dell'epoca. Da più di una decina d'anni in Italia la letteratura si sta misurando con la narrazione della condizione precaria, come consideri questi lavori? Queste narrazioni possono avere un qualche tipo di ruolo sociale?

É vero, ci sono molti racconti sulla condizione precaria, ma si tratta sempre necessariamente di storie individuali, che non possono raggiungere una dimensione e un significato collettivo. In situazioni sociali come il precariato o l'immigrazione abbiamo sempre storie personali, esistenze e destini diversi e frammentati. Un'unità si può ottenere soltanto nei momenti di lotta, in situazioni particolari in cui si decide di unirsi per agire insieme. Come è avvenuto e avviene, penso agli ultimi esempi di lotte di massa in Egitto e in Turchia. Eventi straordinari, ma che poi si spengono, non riescono a darsi una continuità, vengono riassorbiti e ognuno si ritrova isolato. Il problema da superare credo sia questo, come creare nuovi modi di organizzazione non effimeri.

Vogliamo tutto ci racconta anche della grande emigrazione dal Sud d'Italia contadino al Nord industrializzato, la necessità economica e le deprivazioni ma anche una forte spinta soggettiva, il desiderio di sperimentare altre forme di vita, spingevano l'abbandono delle campagne meridionali. Oggi in maniera sicuramente non sovrapponibile, forse stiamo assistendo ad un fenomeno simile, di migrazione interna ed Europea, verso un lavoro e condizioni esistenziali e sociali migliori. E' cosi? E come leggi questo fenomeno?

C’era stata la grande emigrazione dal Sud perché si vivevano situazioni di povertà, di mancanza di lavoro. E oggi, con la crisi, l’enorme disoccupazione, soprattutto giovanile, c’è la ricerca disperata di lavoro, di condizioni di vita migliori, Moltissimi giovani vanno all'estero, in altri paesi d'Europa dove si trovano condizioni economiche migliori, e spesso anche un lavoro più interessante, più soddisfacente. Anche oggi la necessità economica e il desiderio di crescita soggettiva si uniscono.

Se oggi dovessi riscrivere Vogliamo Tutto, calato nell'attuale situazione di precarietà, ma soprattutto di frammentazione sociale e individualizzazione, quali procedimenti letterari utilizzeresti? Come lo riscriveresti?

Non potrebbe certamente essere la stessa cosa. La storia di Vogliamo tutto e di altri miei libri come Gli invisibili, è nella voce di un personaggio, ma un personaggio che come dicevo rappresenta una voce collettiva, mentre oggi non ne esistono socialmente. Abbiamo invece un coro dissonante di vite diverse, frammentate, difficilmente ricomponibili. E interpretarlo o anche solo descriverlo credo presenti le stesse difficoltà che ha oggi la ricerca di nuovi modi di organizzazione politica antagonista.

 

* Ringraziamo Nanni Balestrini e Franco Berardi (Bifo) per la gentile concessione delle prefazioni all’opera che pubblichiamo.