Stampa

Fannulloni e start-up: per un dibattito su gerarchie del lavoro cognitivo e dispositivi di soggettivazione

on .

di COMMONWARE

Prima e dopo la manifestazione del 19 ottobre abbiamo visto dispiegato da parte dei media un variegato repertorio di tattiche: per un lungo tempo il silenzio, la costruzione della paura alla vigilia del corteo, l’allarme durante, la criminalizzazione poi, con la divisione tra buoni e cattivi, ovvero “veri poveri” (la nuda vita dei bisognosi) e “finti poveri” (i black bloc). Ci interessa però soffermarci su un particolare ordine del discorso, perché interviene direttamente sulla composizione del lavoro vivo contemporaneo: la contrapposizione tra “sconfitti” e “intraprendenti”, con i primi che fanno le lotte e i secondi le start-up (intese, ben oltre la loro reale consistenza, come simbolo di un segmento “alto” del lavoro cognitivo, quello che di volta in volta ha preso il nome di knowledge worker, classe creativa, ecc.). Nessuna delle due figure è politicamente rappresentabile, però gli “intraprendenti” non vogliono la politica perché si sentono rappresentati dal mercato. Questo dispositivo ha un riferimento innanzitutto generazionale, come se l’assenza di futuro, il declassamento, la precarizzazione e l’impoverimento non costituissero una condizione generalizzata ma semplicemente una condanna per i nuovi oziosi. Non crediamo, tuttavia, che tale dispositivo possa essere liquidato come mera ideologia, come già si fece con la meritocrazia (di cui questo nuovo ordine discorsivo è tutto sommato la prosecuzione con altri mezzi): ci interessa invece coglierne gli aspetti materiali, dal punto di vista delle segmentazioni dentro la composizione di classe e i processi di produzione di soggettività. Pensiamo che sia su questo piano, infatti, che questa contrapposizione possa essere affrontata, combattuta e ribaltata. Quando si dice ricomposizione, si dice innanzitutto la capacità e la forza di far materialmente saltare questo tipo di dispositivi.

Come farlo? Dopo aver smontato la mistificazione e averne afferrato il nocciolo materiale, si tratta di entrarci dentro, per capire quanto i processi di stratificazione della composizione del lavoro vivo – che passano attraverso le tipologie contrattuali e le competenze formali, il labile confine tra occupazione e disoccupazione, l’interiorizzazione della forma-impresa e i suoi conseguenti meccanismi di successo o fallimento – diventino al contempo dispositivi di produzione della soggettività. Ecco le questioni che poniamo, al fine di rovesciare questi dispositivi di segmentazione, aprire un confronto collettivo e costruire un processo di elaborazione comune.